Loris Fabiani. Foto di Oscar Bernardi
Loris Fabiani. Foto di Oscar Bernardi

Loris Fabiani, il segreto è continuare a sognare

Un incontro con l’artista Loris Fabiani (Lunanzio), che ha acceso la curiosità del mio press scouting per l’estro creativo che porta in scena grazie al cabaret.

Ed è così che l’attore di prosa diplomato all’Accademia Nazionale D’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” di Roma nel 2008, continua a far crescere il suo progetto ed ha messo su la sua “Accademia Dei Lunanzi”, ma procediamo per gradi e facciamoci raccontare dal diretto interessato il suo mondo d’arte.

Benvenuto sul quotidiano La Gazzetta dello Spettacolo a Loris Fabiani. Partiamo a bruciapelo: ha scelto di essere artista oppure è l’arte che ha scelto lei?

Ho scelto di essere artista, assolutamente scelto. Ho avuto un imprinting molto sereno col teatro, al liceo, grazie a un professore che organizzava grandi spettacoli coinvolgendo moltissimi studenti, preoccupandosi di dare un’immagine molto concreta del mestiere dell’attore.

Parte dal diploma alla Silvio D’Amico di Roma e poi fa tantissima strada: dalla sua città fino a giungere ai palcoscenici nazionali. In breve quali sono le tappe fondamentali che hanno trasformato Loris nell’artista in cui è oggi…

Ho avuto la fortuna di incontrare diversi maestri ed esperienze particolarmente preziose per me. La mia teatralità è la sintesi che ho fatto di tutto questo, prendendo quello che per me è stato il meglio di ognuno: Anna Marchesini, Luca Ronconi, Carlo Cecchi, il Teatro Dell’Elfo e il Teatro Franco Parenti di Milano, Zelig (al momento, incrociando le dita, solo il locale di Viale Monza a Milano), Michele Placido (2 rapidissime incursioni nel cinema).

Teatralità in scena, l’ho vista in scena al Festival di Cabaret di Marina di Camerota e sicuramente il suo modo di “strappare una risata” va oltre la comicità di parola e di situazione. Come si prepara al palco per sorprendere il pubblico?

Ho un modo molto personale per predisporre i miei interventi comici: sono fortemente attorali, ma devono giocoforza accettare le regole del cabaret, della comicità immediata, distaccandosi da alcuni precetti fondamentali della prosa. Scrivo in versi i miei pezzi, a rallenti, parola per parola. Il corpo si attiva in base alle parole che scelgo di usare, per me funziona così. L’effetto che si vede sul palcoscenico non sembra nascere da un approccio così tranquillo, ma tant’è; per risultare improvviso, furioso, barocco e fisico devo avvicinarmi al mio personaggio “Lunanzio” con estrema cautela, precisione e pazienza.

Quest’anno si è portato a casa il premio “Facce da Bronzi” dedicato a Gigi Proietti, ed ora sbarca al Premio Charlot. La sua originalità e creatività quanto pensa che abbiano inciso per “fare la differenza” in questi contesti che vedono un pubblico abituato ormai alla risata da social in 30 secondi?

Non credo che sia una questione di originalità e creatività, perché queste due qualità le devono avere tutti quelli che riescono, ognuno nel proprio stile, a far ridere il pubblico. Ciò che ha inciso credo sia la fortuna di avere tra le mani un personaggio, un costume, un linguaggio che rimandano a forme di cabaret un po’ passate, lontane dalla comicità veloce, immediata, “spontanea” di questi tempi. Sono pochi i personaggi in questo periodo, ma se funzionano, arrivano dritti al cuore del pubblico perché tutti, nessuno escluso, conoscono il “gioco del travestirsi e recitare”, tutti ne hanno la chiave d’accesso e tutti lo possono capire. In più Lunanzio è pura fantasia, non ha niente di concreto; in un mondo di comicità basata sulla concretezza, se funziona, di certo non passa inosservato.

Il ricordo più importante che ha della sua carriera e se c’è qualche personaggio che l’ha ispirata.

Non saprei scegliere un ricordo particolare, ho la fortuna di averne tanti. Il personaggio che mi ispira è un essere formato da tantissimi personaggi, che tutti insieme formano il mio personaggio ispiratore; di certo in questo “essere” si può distinguere Alessandro Bergonzoni.

Cosa c’è nel futuro di Loris Fabiani?

Spero tanto buon cabaret fatto come si deve. Sempre imbevuto della mia teatralità Bisogna tenere duro, continuare a sognare e pensare in grande. Sto riuscendo ad assaggiare e annusare qualcosa, ma ancora non so e non posso dire niente di preciso. In sostanza spero che nel mio futuro ci siano tanti progetti che diffondano il più possibile la mia teatralità.

Su Francesco Russo

Francesco Russo, giornalista e direttore del quotidiano "La Gazzetta dello Spettacolo", comunicatore digitale ed ufficio stampa di eventi e VIP.

Lascia un commento