Parliamo dell’album Addio Michelle, del cantautore Mimmo Parisi. La divulgazione del brano uscito il 24 novembre è un’occasione per un confronto con l’autore.
La tua ultima uscita discografica si intitola Addio Michelle, sarebbe interessante capire un po’ della sua genesi e le intenzioni che ti hanno portato alla sua pubblicazione.
Rispondo alla domanda citando un bellissimo verso di Roberto Roversi, “Dopo le ferie d’agosto non mi ricordo più il mare”, che faceva parte della canzone Chiedi chi erano i Beatles portata al successo dagli Stadio di Gaetano Curreri. Be’, siamo in novembre e anch’io faccio fatica a ricordarmi del mare; ma qualcosa legata all’estate mi è rimasta impigliata nei pensieri.
…magari una canzone.
Infatti. Una canzone che chiedeva di essere composta. L’idea di Addio Michelle è pertanto nata durante questa estate, all’ombra degli ombrelloni gonfi di gente allegra con la pelle bagnata dal mare pugliese…
La Puglia negli ultimi anni è diventata una meta di vacanza molto ambita.
Be’, io sono pugliese di nascita e, almeno d’estate, ritorno verso la terra che mi ha dato i natali. Comunque dicevo dell’ambiente estivo; in quell’occasione ho incrociato una ragazza e il suo fidanzato. Solo qualche chiacchiera da ombrellone, niente di più, ma è bastata a mettere in moto la creatività.
Già, ma più precisamente come è scattata la molla che ti ha portato a scrivere?
Mah, lei aveva un’espressione infinitamente malinconica. Disse di chiamarsi Michelle.
Quindi, ti hanno spiegato qualcosa della loro esistenza visto che ci hai fatto una canzone.
Quando li ho incontrati di nuovo al bar della spiaggia, erano ambedue impegnati con un caffè e un sacco di cose da chiarire a sé stessi. Ho fatto loro un gesto di saluto con la mano. Hanno alzato lo sguardo; avrei voluto che fossero più allegri. Era la seconda e ultima volta che ci vedevamo. Abbiamo scambiato ancora tre parole, una era ‘aeroporto’, l’altra ‘Francia’ e l’ultima ‘addio’.
Insomma, sono i tre termini che hai usato come rampa di lancio per il testo di Addio Michelle…
Esatto, il mio nuovo progetto discografico è iniziato proprio da quei tre vocaboli. Così mi sono ritrovato a maneggiare un testo imperniato su un addio; gli addii non sono mai semplici. Alla fine mi sono reso conto che dentro quei versi vi avevo messo due vite alla deriva che avevano bisogno di qualcuno che le citasse…
Una storia perfetta per un cantautore.
Precisamente, devo dire che ho iniziato a scrivere – come succede a tanti cantanti – per esternare il mio punto di vista; ma nelle cose che racconto, comunque, non mi fermo solo al mio personale spazio: a volte scrivo della gente che incontro perché leggo nei loro occhi quello che io stesso ho già vissuto in prima persona. Insomma, nel mio mondo interiore trovano posto gli echi di quanto accade intorno: si trasformano in testi per le mie canzoni o trame per i miei romanzi.
Nei versi di Addio Michelle, nella parte più tellurica, pare che vi sia un sentimento di sconfitta che va oltre il dolore della perdita di un amore. Oltre che triste, pensi al distacco sentimentale come a una situazione ingiusta?
Non intendo dire che un addio sia ingiusto. Certo c’è sicuramente il sentimento della perdita ma ‘ingiusto’ o ‘equo’ appartengono a quelle categorie concettuali che istituzioni, società, famiglia e religione immettono fra gli umani per cercare di contenere comportamenti deleteri. Bene o male, è un sistema che funziona da secoli ma non penso siano applicabili ai sentimenti. Quindi, quello che ho voluto comunicare nella parte testuale del brano, è di rendersi conto che se la fine di una relazione importante conduce verso un buio ineluttabile, bisogna rendere quello stato costruttivo. Insomma, il buio affettivo non è ingiusto, fa certamente male come un taglio sulla pelle, ma tutto quello di cui ha bisogno, è una cura.
Una cura. Quale?
La soluzione è rifugiarsi nell’autenticità. Basta sorrisi finti. È il momento della riflessione. Spero per quei due ragazzi che tutto sia stato risolto. Se così non fosse, vorrei dire loro che dopo l’addio a un rapporto vero, qualcosa rimane; niente va perso, nella memoria di ognuno rimane quel tempo trascorso insieme e un volto, non una maschera, da ricordare. Non è poco. Dovrebbe aiutare a superare il ponte che porta verso la novità, verso un nuovo domani.