Danny Quinn
Danny Quinn

Danny Quinn: sosteniamo la nostra forza interiore

Una passeggiata tra le capre, nella natura che tanto ama, per Danny Quinn, solare e più che disponibile, pronto a parlarci del nuovo film a cui ha preso parte, “Iron Fighter”, ad opera di Claudio Del Falco, così come dei successi e del suo amato papà.

Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo, Danny Quinn. Parliamo subito di “Iron Fighter”, il film che ti vede tra i suoi protagonisti. Cosa puoi anticiparci a riguardo e come ti sei preparato ad affrontare questo ruolo?

Partiamo da alcuni anni fa, dal fatto che mio padre fosse un pugile dilettante, qualcosa che ho sempre avuto nel sangue, si potrebbe dire. Da giovane ne ho guardati tanti di incontri di boxe, di filmati di Muhammad Alì, e quando vivevo a Los Angeles mi sono dedicato anch’io a questo sport. Dopo un incontro con un peso medio professionista, ed un mal di testa durato ben tre giorni, ho preferito abbandonare l’idea di diventare un pugile professionista. Questo film è giunto a me grazie alla conoscenza con il protagonista, Claudio, dal momento in cui, anni addietro, vivevamo vicini, ai Castelli Romani.

Quale messaggio è racchiuso in questo film in cui si parla d’amore e anche di una vecchia ferita ormai riaperta?

È difficile poter rispondere a questa domanda. Forse dovrebbe essere rivolta, per lo più, al protagonista, Claudio Del Falco. Dal mio canto potrei parlarti per ore dell’amore, uno studio di vita, una scatola da cui viene fuori di tutto..

Danny, come sono stati i rapporti sul set con i tuoi compagni di avventura?

Abbiamo vissuto un clima sereno, professionale, interessante, anche se eravamo completamente diversi. Un tempo, se capitava un conflitto, lo affrontavo di petto. Oggi no. Sul set capita che qualcosa non funzioni a dovere e ciò è spesso controproducente perché ci sono di mezzo soldi, tempi da rispettare.

Una carriera variegata alle spalle ma, a tal proposito, che ricordo hai di quegli inizi?

Ci pensavo proprio ieri! Il primo film era prodotto da Michael Mann, produttore di “Miami Vice”, una serie che amavo particolarmente. Un cast variegato di star dove ho conosciuto anche la mia prima moglie e Mike Tyson. Il film gli piacque molto tanto da invitarci a vedere un suo incontro di boxe.

Un ruolo che ti è particolarmente rimasto nel cuore, Danny Quinn?

Forse cambierei qualcosa de “I Promessi Sposi”. Avrei apprezzato di più il lavoro, se avessi avuto le consapevolezze di oggi, ma sono stato comunque felice di lavorare con Alberto Sordi e Walter Chiari, un cast davvero stellare. Ricordo con molto piacere il tempo trascorso nella roulotte con Sordi, le chiacchierate con Chiari. A trasformarmi, invece, il ruolo di Gesù (“Gli amici di Gesù”), un capitolo particolare, qualcosa forse di trascendentale. La produzione aveva un’idea di sacrificio, pianto, terrore, mentre dentro me sentivo molta gioia, la presenza di Cristo, la voglia di portare spensieratezza, nonostante la tragicità da interpretare. Dopo quel progetto ho studiato “un corso in miracoli”, dettato nel 1975 circa, a due professori della Columbia University, tra questi, Helen Schucman, segno del cambiamento profondo che ha rappresentato su di me.

Poco fa parlavi de “I Promessi Sposi”, interpretati in Italia nel 1989, e lo stesso anno vi fu Sanremo, una conduzione inaspettata..

Ti dirò la verità, la notizia del Festival di Sanremo arrivò davvero inaspettata. Ero a New York, il tempo per prepararmi era davvero poco, soltanto un mese, avrei preferito una tempistica migliore. Con Gianmarco ancora ne ridiamo, oggi.. È stato bello partecipare, mi ha comunque arricchito vivere un’esperienza del genere.

Danny Quinn
Danny Quinn

Ti ricordiamo anche come regista e sceneggiatore in “David e Lola” ma quale regia manca ancora?

Mi piace molto scrivere ed ho sei, sette copioni pronti. Anche nel caso di “David e Lola”, ne feci la regia, e lo chiamai “Memorie e lezioni”, qualcosa che tutti viviamo. Il titolo fu poi cambiato in corsa.. Sto realizzando anche un lavoro sulla mia famiglia, per riunire tutti e sanare vecchie ferite. Non ho idea di chi possa fare la regia ma so che scrivere mi aiuta molto, è qualcosa di catartico.

Danny, posso chiederti un personale ricordo di tuo padre, Anthony Quinn?

Ne ho tanti di ricordi che mi legano a lui! Ora che sono in Italia sto leggendo parte del suo libro, “One Man Tango”. Parla molto delle origini, del vissuto ai Castelli Romani, in cui eravamo ‘fissi’. Amava camminare in bici o a piedi e, tutte le volte che cammino, ricordo che me ne lamentavo, invece lui mi invogliava a farlo. Ora che amo passeggiare, sull’Appia Antica, ne sorrido.

Che papà è, invece, Danny Quinn e quali valori cerchi di trasmettere a tua figlia?

Ho avuto una figlia in un periodo in cui ero in là con gli anni ed ho, quindi, avuto modo di trasformare la mia consapevolezza. La vedo come un essere spirituale che ha scelto me e mia moglie come genitori e non posso che essere come una guida per lei. La incoraggio ad essere gentile, generosa, amorevole, lasciandole tutta la libertà possibile, sostenendola in ciò che ama fare.

Danny Quinn, cosa manca ancora a questo tuo percorso?

Mi prenderai per pazzo ma credo che ognuno di noi debba vivere fino a cento anni per poter capire come andrà il mondo. Mike Tyson a breve tornerà sul ring, ritengo quindi che sia necessario sostenere la propria forza interiore, più che quella fisica, per portare avanti la propria vitalità.

In ultima battuta, cosa puoi anticiparci sul tuo futuro?

La storia che riguarderà la mia famiglia richiederà un po’ di tempo, circa un anno. Voglio riunire tutti loro, non solo i miei due fratelli di sangue, sanare le ferite, dimostrare che deriviamo tutti da un’unica fonte. Spero di poterlo realizzare, a breve.

Su Alessia Giallonardo

Nasco a Benevento, nel 1986. testarda a più non posso, perché Toro. Amo la fotografia sin da quando ero piccola e devo questa passione a mio padre. Stesso discorso per la scrittura, per ogni singola sfumatura di un racconto, di un vissuto, di uno storico incontro.

Lascia un commento