Daniela Morozzi - Cover

Daniela Morozzi, la mia Suor Donata in “La Fuggitiva”

La Fuggitiva, fiction attualmente in onda su Rai 1, segna il ritorno di una brava e, da sempre, apprezzata attrice, Daniela Morozzi. Dagli esordi con Paolo Virzì, alle fiction che le hanno regalato enorme successo come, “Distretto di Polizia”, “Il Commissario Manara” e molte altre, Daniela veste ora i panni di Suor Donata, che darà supporto e conforto alla protagonista di questo nuovo lavoro, Vittoria Puccini.

Daniela Morozzi. Foto di Gianni Ugolini
Daniela Morozzi. Foto di Gianni Ugolini

Ciao Daniela Morozzi e benvenuta su La Gazzetta dello Spettacolo. Come stai?

In questo periodo siamo tutti un po’ ammaccati, affaticati. Mi ritengo fortunata perché ho un lavoro e quindi la possibilità di potermi muovere, ho una speranza e questo mi rende serena. Certo, tutto ciò che abbiamo intorno non scompare, resta faticoso. È impossibile pensare di poter dimenticare 500 morti al giorno, la fatica di amici e colleghi, di tutti i bambini che seguono la didattica a distanza. Sono convinta che, una volta vaccinati, potremo ricominciare a ripensare ad una vita, mi auguro, diversa da quella di prima. Spero, inoltre, che questo periodo sia servito per apportare maggiori modifiche al nostro paese ed anche al settore dello spettacolo che è stato miseramente abbandonato.

Nel corse degli anni hai interpretato personaggi forti, dolci che hanno saputo infondere sempre fiducia, coraggio. Quanto c’era di te in quei ruoli e com’è invece Daniela nel suo vissuto comune?

Quando interpreti a lungo un personaggio, inevitabilmente, gli regali qualcosa del tuo stesso carattere. Nella vita di tutti i giorni, però, sono più complessa. La dolcezza, il vivere relazioni genuine e belle con le persone, l’essere all’ascolto, sono tutte caratteristiche che ho in comune con i miei personaggi.

Ne “La Fuggitiva”, Suor Donata, il personaggio che interpreti, presta soccorso alla protagonista, Vittoria Puccini. Cosa dobbiamo aspettarci? Come si evolverà la storia?

Si è trattato di un bellissimo rientro, dopo alcuni anni in cui non apparivo in televisione. Un ruolo piccolo e distante dalla mia persona, su cui ho dovuto lavorare molto, dovendomi anche invecchiare. Mi ha gratificato interpretare Suor Donata, data anche l’incisività e il fatto che fosse un forte punto di riferimento per la protagonista, Vittoria Puccini.

“La Fuggitiva” è stato realizzato al tempi del Covid-19? Quali problematiche vi siete trovati ad affrontare sul set?

Le riprese hanno avuto inizio prima che la pandemia arrivasse in Italia, per poi subire uno stop durante il primo lockdown. Sono rientrata sul set a settembre, ed ho trovato una situazione molto curata dal punto di vista igienico-sanitario, con grande attenzione da parte di tutti. Mi piacerebbe che tutto questo potesse avvenire anche in teatro, provando così ad accogliere le persone vaccinate nella tutela più assoluta, eliminando questo silenzio colpevole che vige sul mondo della musica, sulla cultura in genere. Noi tutti avremmo potuto essere impiegati in una ricostruzione culturare del paese, dando vita ad un mondo ideale diverso, sano. Chi potrebbe leggere questo tempo meglio degli scrittori, degli intellettuali, dei poeti? Questo silenzio è ancora oggi gravissimo. Purtroppo, comunemente, si pensa che il teatro sia soltanto intrattenimento, un lenitivo al dolore, invece è tutto l’opposto. L’arte è la possibilità più grande che abbiamo per leggere la complessità del mondo in cui viviamo.

Daniela Morozzi. Foto di Gianni Ugolini
Daniela Morozzi. Foto di Gianni Ugolini

Quali sensazioni hai provato nel momento in cui la pandemia è arrivata quì in Italia?

Ho dormito per due giorni di fila, dopo aver appurato che tutto ciò che era presente nella mia agenda era ormai nullo. Ho vissuto il tutto sulla mia pelle, giorno dopo giorno, aggrappandomi agli affetti a me più cari, a mio figlio, alla mia famiglia. Mi è venuto poi naturale pensare a come poter essere utile tramite il mio lavoro. Ho quindi realizzato, nella prima fase del lockdown e a titolo completamente gratuito, dieci puntate di un programma radiofonico dal titolo: “Casa Morozzi”. Insieme a me, un collettivo di artisti ed un bravissimo giornalista, in onda su Controradio, una radio Fiorentina. Abbiamo raccolto lettere, sorrisi, realizzato sketch, un qualcosa di davvero potente che ha fatto in modo che potessimo sentirci meno soli. Un tentativo di mettere insieme i pezzi, di unione.

Tuo figlio come ha vissuto tutto questo?

I ragazzi tendono ad adattarsi facilmente, il problema è che poi si adattano troppo. Ho avvertito in lui un grande senso di smarrimento, come se tutto quello che stava costruendo si stesse sgretolando. Il virus non è affatto democratico. I ragazzi, a mio parere, avrebbero potuto essere sfruttati meglio, fornendo aiuti nella didattica a distanza, nell’uso dei computer, essendo una generazione di nativi digitali.

Che ricordi hai dei tuoi inizi e cosa ti hanno regalato i lavori a cui hai preso parte?

Quando arrivò il primo ruolo con Virzì, in “Ovosodo”, mi occupavo di improvvisazione teatrale, insegnavo. Successivamente, presi parte a “Baci e abbracci” e, subito dopo, arrivò “Distretto di Polizia”, con Pietro Valsecchi e la Taodue. Paolo Virzì, ancora oggi, è per me uno dei registi italiani più bravi. Iniziare con lui ha rappresentato qualcosa di potente, che mi ha permesso di apprendere molto. Anche “Distretto di Polizia” ha rappresentato una grande palestra, caratterizzato da storie scritte bene, da registi sempre diversi e di spessore, con colleghi che venivano anche dal teatro e con cui ho creato dei rapporti bellissimi. Posso dire lo stesso de “Il Commissario Manara”. Ho sempre avuto la fortuna di legare con i colleghi di set, anche per via dei tanti mesi trascorsi a lavoro. Terminata quell’esperienza, ho ripreso la mia attività in teatro, seppure sia stato difficile riappropriarmi del mio nome, dopo essere stata per così tanti anni “Vittoria Guerra”. Sono felice del mio lavoro e, nonostante sia faticoso, le soddisfazioni che accumuli sono immense.

Daniela Morozzi. Foto di Gianni Ugolini
Daniela Morozzi. Foto di Gianni Ugolini

C’è un ruolo che non hai ancora avuto modo di interpretare?

Mi piacerebbe fare tante altre cose, interpretare molti altri ruoli. Avendo affrontato spesso personaggi buoni, mi auguro di avere modo di realizzarne alcuni da cattiva, uscendo così dallo stereotipo in cui si rischia di tanto in tanto di cadere. Oggi vivo un’età più adulta, dove vi è più flessibilità nei ruoli e questo mi piace.

Progetti futuri?

Il vaccino prima di tutto, sia per me che per le persone a cui voglio bene. Spero, inoltre, di riuscire ad essere di aiuto, che sia con un film o comunque attraverso il mio mestiere, per ricostruire ciò che ha subito una battuta d’arresto, dando così nuova linfa ad una politica culturale.

Su Alessia Giallonardo

Nasco a Benevento, nel 1986. testarda a più non posso, perché Toro. Amo la fotografia sin da quando ero piccola e devo questa passione a mio padre. Stesso discorso per la scrittura, per ogni singola sfumatura di un racconto, di un vissuto, di uno storico incontro.

Lascia un commento