Incontriamo Silvia Salvatori nel cast di “C’è ancora domani”, film ad opera di Paola Cortellesi, e la serie “Circeo”, per la regia di Andrea Molaioli.
Una donna felice dei ruoli interpretati, certa di voler offrire il proprio supporto agli animali, sicura che per modificare le nostre azioni occorra rivederle e ritrovare un dialogo adeguato, un civile scambio.
Benvenuta su La Gazzetta dello Spettacolo, Silvia Salvatori. Abbiamo modo di vederti, attualmente, ne “C’è ancora domani”, film ad opera di Paola Cortellesi, legato ad una realtà, il dopoguerra, vissuta dai nostri cari e riportata in maniera egregia sul grande schermo. Cosa puoi dirci sul tuo ruolo, sul film in sé, sulla regia della Cortellesi?
Il titolo, “C’è ancora domani”, dice già tutto al solo leggerlo, e parla di una realtà, un tema, che è ancora molto forte, urgente. Ti dirò che rivedere poi il tutto, a fine lavorazione, è stato davvero incredibile. Conoscevo Paola maggiormente come attrice e sceneggiatrice ma, ciò che ha realizzato, è stato qualcosa di molto forte, di ben strutturato, con la ‘delicatezza’ che la contraddistingue. Così come l’immagine di un uomo che non diventa mai un eroe fascinoso ma bensì uno ‘stupido’ qualsiasi. Un messaggio importante quello che ha saputo lanciare, molto apprezzato anche nelle scuole, da ciò che mi diceva un’amica. Un nuovo modo di dialogare, di affrontare tali argomenti, per un film importante, intelligente. Sono felice di esserne parte, seppure il mio personaggio appaia ‘cattivo’, svilente. Le comari, a mio avviso, rappresentano un contatto reale con la protagonista, una partecipazione che ai tempi era ben definita, oggi quasi inesistente.
Una collaborazione, quella avuta con la Cortellesi, che saresti disposta a rinnovare, dunque..
Assolutamente! L’affetto che mi lega a Paola è ben evidente ed è vivo da molti anni, dagli inizi al Teatro Colosseo, addirittura. Nel 2015 ci siamo poi ritrovate, unite ancor più, per il film “Gli ultimi saranno ultimi”, dove interpretavo una sua carissima amica. Paola non ha mai perso di vista, nonostante il successo, l’essere una persona umile, normale, e conoscendola mi aspettavo tutto ciò. Ero anche consapevole di una regia così importante, differentemente dai tanti che mai si sarebbero aspettati tale tema che, a suo modo, comporta una grande responsabilità, per cui Paola si è informata tantissimo, e ritengo sia una garanzia nel suo settore.
Importante, fondamentale, poter essere emancipati in quegli anni. A tal proposito, come intendi ciò al giorno d’oggi?
Ho svolto un lavoro su Alba de Cèspedes, durante il lockdown, una donna che ha anticipato il femminismo, ed una grandissima intellettuale. Libera come poche, all’epoca, incoraggiò tutti a combattere per i propri diritti e, proprio come lei, credo che oggi ci sia molta confusione legata all’emancipazione. Dover incasellare tutto, rendere fluida la propria sessualità, credo sia una mossa più politica che autentica, oggi giorno. Non per forza bisogna identificare ogni cosa, ritengo ci sia una forte dispersione di energia. Manca il dialogo, insito nell’isolamento, nella mancanza di uno scambio civile.
A tal proposito, vorrei chiederti del ruolo interpretato nella serie “Circeo”, di come hai vissuto tale esperienza?
Ho vissuto un’altra esperienza incredibile, felice di poter affermare che quando le donne si muovono sanno muoversi bene. La serie è stata scritta da tre donne, per l’appunto, per un ruolo anche in quel caso forte, importante, che mi ha anche riportata alle estati vissute lì, anni addietro. Ricordo la paura delle nostre mamme all’epoca, la voglia di tenerci al loro fianco, inducendoci a non fidarci. Una sensazione che abbiamo ancora addosso, viva dentro di noi. Ho vestito i panni del mio personaggio in maniera onesta, frequentando la casa internazionale delle donne, chiedendo chi fosse la mia Maria. Ho scoperto che era quasi una maestra di vita, una donna rispettata, con delle basi ben solide ed ho impiegato ogni minima energia nel prestarmi a lei. Un 2022 bellissimo, particolare, che mi ha permesso di rappresentare alcune ‘persone’ che hanno cambiato la nostra storia in bene.
Tuo papà, Silvia, è stato un montatore negli anni ’60, cosi come le donne della tua famiglia, da sempre cineaste. Dunque, come ha avuto vita, esattamente, la tua passione per la recitazione?
Provengo da una famiglia di cineasti, a partire da mia nonna, da molte donne della mia famiglia. Addirittura la nonna prese parte al primo “Quo Vadis”, ai vari Caroselli, ai film di Totò, fino a mio padre, ai famosi anni ’60. Non hai idea del piacere che provo quando incontro delle persone che mi dicono “devo tutto a tua nonna”. Ho sempre respirato questa aria, nonostante nessuno di loro mi avesse aiutata ad entrare realmente in questo ambito. Ho frequentato l’Accademia, il Centro Sperimentale di Cinematografia, per poi cominciare subito a lavorare, prendendo parte al primo film con Francesco Maselli che mi riconobbe come figlia di Rolando Salvatori.
Chi è Silvia Salvatori nella vita di tutti i giorni?
La natura, gli animali, sono tra le mie più grandi passioni, specie da quando non vivo più a Trastevere. Vivere a contatto con la natura mi ha portato una maggiore tranquillità, anche dal punto di vista lavorativo. Adoro, inoltre, cucinare, un’altra arte per me fondamentale.
Siamo a conoscenza di “Adagio”, una nuova pellicola in cui potremo nuovamente apprezzarti. Cosa puoi dirci a riguardo Silvia Salvatori?
Non posso dirvi di più, purtroppo, ma di certo avremo modo di parlarne in futuro, così come di altri progetti.