Maximilian Nisi, a breve, sarà nuovamente in teatro con una serie di spettacoli e vi sarà anche il ritorno de “A spasso con Daisy”, che lo vedrà, ancora una volta, al fianco di Milena Vukotic.
Attore carismatico, più che preparato, da sempre innamorato del suo mestiere e attento al parere del pubblico, al loro supporto, Maximilian ci parla a cuore aperto di tutto ciò, senza filtri. Avrete modo di poterlo applaudire spesso, di incontrarlo, di scambiare le vostre emozioni con le sue, in queste nuove, future, tournée.
Ben ritrovato su La Gazzetta dello Spettacolo, Maximilian Nisi. Come procede il tuo vissuto?
Abbastanza bene, grazie. Cerco di prendermi cura di me stesso e delle persone che amo, di sollecitare fantasia e immaginazione e, con difficoltà, di rimanere ancorato a ciò che è bello, onesto e necessario.
Con difficoltà?
Come Alice, non ho timore di attraversare gli specchi ma, a volte, quello che trovi dall’altra parte non ti facilita il compito. L’importante è serbare sempre l’entusiasmo della ricerca. La bellezza e l’onestà, ad esempio, sono dipendenze positive e, come tali, le insegui anche quando incontri chi vorrebbe convincerti a non farlo.
Qualche bastone tra le ruote Maximilian Nisi?
Chi non ne ha trovati nella vita? Fanno parte del cammino e a volte fortificano. Fortunatamente in questo momento ho molti progetti e sono più le ruote che i bastoni. Dopo la pandemia e le chiusure il teatro si sta lentamente riprendendo il suo spazio.
Tanti i prossimi impegni a cui prenderai parte, a cominciare dallo spettacolo “Un sogno ad Istanbul”, regia di Alessio Pizzech, che prende la sua ispirazione dal romanzo di Paolo Rumiz, “La cotogna di Istanbul”..
Rumiz è un giornalista e scrittore triestino di immenso spessore. Molto ispirato. Un grande viaggiatore. Nel suo libro si percepisce la conoscenza di tanti mondi che si uniscono in quello della passione e dell’amore. Felice di tornare a lavorare con Pizzech, un regista giovane, bravo, consapevole e molto preparato.
A seguire, porterai in scena “Mathilde, cronaca di uno scandalo”, di Véronique Olmi, per la regia di Daniele Falleri..
Un altro bel testo, sì, molto attuale. Sono due pièce molto diverse tra loro per le dinamiche raccontate, i luoghi in cui sono ambientate e le atmosfere evocate. L’elemento comune in entrambe è l’uomo con tutte le sue contraddizioni, i suoi punti di forza e le sue fragilità. Inseguo da sempre i personaggi, spesso sono loro che mi dicono quando un progetto è giusto per me oppure no. Due storie importanti, quindi, per nulla semplici da mettere in scena, che parlano d’amore.
Per il terzo anno, inoltre, sarai nuovamente in scena al fianco di Milena Vukotic e Salvatore Marino in “A spasso con Daisy” per la regia di Guglielmo Ferro. Che esperienza rappresenta, ancora oggi, questo spettacolo, di cosa parla e quanta emozione vi è nel ritrovare colleghi come loro?
“A spasso con Daisy” è la commedia per tutti, è veramente difficile non ritrovarsi. I temi trattati sono universali: amicizia, discriminazione-integrazione, divario generazionale, vecchiaia. La vicenda si dipana in un ventennio.
Maximilian Nisi non è facile raccontare il passaggio del tempo a teatro..
Non è facile, è vero, ma è molto intrigante. Esistono diversi modi per farlo. Edoardo De Filippo, ad esempio, ne “Gli esami non finiscono mai” doveva interpretare il ruolo del protagonista da giovane ad anziano. Prima dell’inizio dello spettacolo avvisava il pubblico che lo avrebbe fatto semplicemente appendendo ad un bottone della camicia una barba finta: nera per la gioventù, grigia per la mezza età e bianca per la vecchiaia. Oggi abbiamo più mezzi per raccontare il passaggio del tempo, la scenografia, il trucco, ma quello che resta difficile, e proprio per questo particolarmente seducente è l’interpretazione del tempo che passa. Calarsi in un personaggio che cambia; un personaggio sulle cui spalle si accumulano anni e anni in poco più di un’ora. Postura, voce, sguardi, pensieri. Lo spettacolo ha avuto un grande successo e credo che il merito sia anche del bellissimo rapporto che si è creato in scena e fuori scena tra noi attori. È stato e continua ad essere un viaggio sereno, divertente e molto costruttivo.
Come ti prepari, di volta in volta, ad entrare in ruoli sempre diversi, sempre distanti dal tuo modo di essere, consapevole di incontrare il parere di un pubblico pronto ad applaudirti, a sostenerti, ma anche a giudicarti?
Ogni volta è un salto nel vuoto. Può succedere che mi ritrovo a volare oppure a precipitare. Ho ancora molto rispetto per il lavoro che ho scelto, molta passione e per questo motivo, desidero avere tanto tempo da dedicare alle prove. I personaggi hanno bisogno di tempo per essere capiti. Le situazioni, le condizioni, le relazioni in cui agiscono, sempre differenti, anche. Spesso accade che si approfondisce troppo poco, e si studia quanto basta per andare in scena. Trovo che questo sia un peccato imperdonabile. Dipendesse da me farei soltanto le prove, perché la costruzione di uno spettacolo è sicuramente la fase che mi affascina di più in assoluto. Le opinioni diverse mi piacciono, le trovo stimolanti, necessarie, soprattutto quando vengono espresse da persone che si concedono ancora il privilegio di pensare. Il pubblico è importante, ma il rispetto per lui è a monte, non di certo solo in sala durante lo spettacolo.
Chi è Maximilian Nisi nel quotidiano, al di là del suo essere impegnato nella recitazione, nel suo amato mestiere?
Sempre più spesso faccio deserto dentro me stesso e nuoto in acque gelide. Lo faccio per ritrovarmi, per ripartire. Ho scoperto di essere una persona molto solitaria e malinconica. La pandemia ha acuito degli aspetti del mio carattere che non conoscevo, anche se probabilmente erano già tutti dentro di me. Mi piace molto quella dimensione di silenzio in cui nulla deve esser fatto per forza. Vedo accanto a me persone che corrono, che si affannano e che consumano in modo bulimico cibo, sesso, lavoro. Non ricordo chi ha detto che il “cogito ergo sum” nella società odierna è stato sostituito dal “faccio dunque non sono morto”. Ecco, è un pensiero questo perfettamente in linea con il mio. Ovviamente non vuol dire che sono contro il fare, il problema non è il fare ma come si fa, con quale stato d’animo e soprattutto con quali propositi. Sembrerà una valutazione da vecchi elogiare il tempo passato, ma credo fermamente che l’uomo si sia rifugiato in una affannata ricerca esterna di sé, smettendo di evolversi, perché ha smarrito i suoi valori più profondi e questo lo sta allontanando sempre di più da sé stesso e dalla sua natura più intrinseca.
Puoi anticiparci altro sul tuo futuro artistico, nei limiti del possibile?
Preparerò un reading musicato dedicato alla vita di Michelangelo Buonarroti. Non vedo l’ora di immergermi in tanta bellezza. La sua è stata una lunghissima vita piena di arte, ma anche di sentimenti e di dolore. Michelangelo ha attraversato il Rinascimento come nessun altro artista. È entrato in contatto, da pari a pari, con i più grandi signori dell’epoca, come i Medici, e con più di un papa, mantenendo sempre salda la sua personalità, i suoi desideri e la fiducia in sé stesso. È una figura che mi affascinerà molto approfondire. Affermava che le figure esistessero già nel marmo da cava e che fosse necessario solo togliere il marmo superfluo per tirarle fuori. Credo sia un perfetto paradigma per la vita. A volte le cose belle sono imprigionate nel marmo della quotidianità. Bisogna solo tirarle fuori e trasformarle in esperienze degne di essere vissute.