Martina Troni
Martina Troni

Martina Troni: il cinema, una bellissima scoperta!

Martina Troni è da anni una nota modella internazionale. Il nostro quotidiano, oggi, ha il piacere di poterla intervistare, di raccogliere le sue confidenze ed esperienze legate ad un nuovo ruolo da attrice.

Ben presto, difatti, potremo vederla al cinema sul grande schermo nei panni di Bianca Beccalli, fidanzata storica di Marco Panella ne “Romanzo radicale”. Un personaggio a cui si avvicinata in punta di piedi, con garbo ed attenzione.

Benvenuta su La Gazzetta dello Spettacolo, Martina Troni. Come stai?

Bene, stanca ma felice. 

Affrontiamo un breve viaggio a ritroso che ci riporta al tuo essere una nota modella. Come ha avuto vita il tutto e quali sensazioni sono legate alla popolarità ottenuta in tale ambito?

Tutto è iniziato quando, prendendo parte ad una visita medica con mia madre, mi è stato chiesto se volevo lavorare come modella. Al tempo non sapevo nemmeno cosa volesse dire, pensavo a studiare, dal momento in cui sono nata e cresciuta in un piccolo paese. Oggi, invece, sono immensamente grata al mio lavoro. Mi ha dato un tipo di libertà che altrimenti non avrei mai avuto: essere finanziariamente indipendente e stabile sin dalla giovane età. Sono immensamente grata anche a tutte le belle persone che ho incontrato lungo il mio cammino. 

Successivamente hai avuto modo di prendere parte, come attrice, ad alcuni progetti. A cosa devi questo passaggio al cinema, alla recitazione? 

Si è trattato di un passaggio del tutto casuale. È successo mentre ero impegnata a fare altro. Non avevo mai pensato di poter diventare attrice, un giorno. Mi hanno chiesto di partecipare ad un film e ho deciso di accettare, senza pensarci troppo. Affrontavo un periodo, a livello personale, abbastanza triste in cui lavoravo tanto e mi ritrovavo ad essere spesso sola. Avevo la sensazione che l’industria della moda non fosse il mio porto sicuro, il reale luogo dove volevo essere. Così, da un momento all’altro, è arrivato il cinema ed ha rappresentato davvero una bella scoperta.

Martina Troni. Foto di Guido Stazzoni
Martina Troni. Foto di Guido Stazzoni

Recentemente hai preso parte al lavoro legato alla vita di Marco Panella, “Romanzo radicale”, nei panni della sua prima fidanzata, Bianca Beccalli. Che esperienza è stata?

Un’esperienza stupenda. Interpretare un personaggio come Bianca è stato un vero onore. È, di certo, tra le protagoniste più significative della tradizione della sociologia economica, del lavoro e dell’organizzazione italiana. Una delle sue madri fondatrici. Attenta, in particolar modo, al lavoro femminile, alle pari opportunità e alle differenze di genere. Appena ho letto il copione ho pensato che fosse una donna molto profonda, umana e fortemente vulnerabile. Alla fine siamo molto più simili di quello che mi sarei aspettata. La ricerca sul ruolo e la lettura hanno arricchito tantissimo la mia mente. Non pensavo che mi sarei divertita così tanto. Sul set mi sono sentita libera di esprimere la mia creatività, con un gruppo di persone che ama realmente ciò che fa. 

Hai avuto modo, tra l’altro, di poterti confrontare con la stessa Bianca per poter preparare al meglio questo ruolo. Di cosa avete parlato durante i vostri incontri?

Ho avuto la possibilità di incontrarla personalmente nella sua casa, a Milano, dove vive con il marito, Michele Salvati. Bianca è stata molto disponibile. Mi ha raccontato l’amore folgorante con Marco, gli anni a Parigi e poi l’addio. Di lui dice che era bello ma aveva gli occhi sempre tristi. Che muoveva il corpo come se fosse un vero e proprio attore. Bianca è una donna di una cultura immensa, dolce e ribelle allo stesso tempo. Abbiamo chiacchierato per ore, fumato e bevuto dell’ottima tequila. 

Sei nata in provincia di Parma e per lavoro hai girato molte città. Dove vivi attualmente e quali luoghi ti sono rimasti particolarmente nel cuore? 

Attualmente mi divido tra Milano e Roma ad eccezione di quando viaggio per lavoro. Vivo con la valigia sempre pronta, sempre alla mano. Si tratta di una condizione estenuante, lo dico con estrema sincerità.
La città che ho amato di più è stata Londra, quella dove ho pianto di più è stata New York. A Parigi, invece, ero sola e triste. Le mie preferite sono, senza alcun dubbio, Istanbul e Marracash.

Cosa sognava Martina Troni da bambina?

Sognavo di fare la fotoreporter. Sono appassionata di fotogiornalismo. Inoltre, avrei voluto studiare psicologia, e invece sono laureata in matematica finanziaria e faccio la modella. 

Come hai vissuto, da giramondo quale sei, il periodo legato alla pandemia, al lockdown? 

I primi giorni pensavo di impazzire, abituata a non fermarmi mai come ero. Poi, piano piano, ho incredibilmente imparato a stare bene in casa mia. Ho letto tantissimo e ho cercato di conoscermi nel profondo. Mi sono posta svariate domande. Credo sia stato un passaggio importante nella mia crescita personale.

Cosa non ripeteresti per quanto riguarda i tuoi trascorsi lavorativi?

Questo lavoro, talvolta, può essere davvero brutale, differentemente da ciò che si pensa. Ti regala una sicurezza economica, senza alcun dubbio, ma vi sono anche molti lati oscuri e tristi da affrontare. Il poco controllo che hai sulla tua stessa immagine per esempio o, semplicemente, la troppa solitudine. Vi sono, inoltre, orari estenuanti di lavoro e, talvolta, la mancanza di sicurezza. Ci sono anche persone in grado di trattarti come se fossi un semplice manichino dimenticandosi che si è persone, prima di tutto. Oggi, con la consapevolezza e l’esperienza che ho, di certo posso dire che, se potessi tornare indietro, direi sicuramente qualche vaffa in più. 

La nota di colore che ancora Martina Troni si aspetta di poter avere dalla vita? 

Non saprei dirlo, al momento. Non sono solita progettare, programmare, sinceramente. Proprio per questo vivo di poche aspettative. Non ho idea di dove mi porterà la vita. L’unico augurio che posso farmi è quello di continuare ad essere chi sono, portando avanti ciò che mi piace fare, che mi appassiona, e soltanto per ragioni pure, reali.

Su Alessia Giallonardo

Nasco a Benevento, nel 1986. testarda a più non posso, perché Toro. Amo la fotografia sin da quando ero piccola e devo questa passione a mio padre. Stesso discorso per la scrittura, per ogni singola sfumatura di un racconto, di un vissuto, di uno storico incontro.

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