Agostino Chiummariello, in “Mare Fuori“, è una presenza forte, allegra, per i ragazzi che sono lì a scontare la loro detenzione.
Lo incontriamo per parlare del suo percorso artistico, senza dimenticare il bello che ha saputo donargli la serie, e gli impegni che lo vedranno coinvolto in futuro.
Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo, Agostino Chiummariello. Come stai?
Molto bene, grazie!
Quanto teatro nel tuo vissuto, quanto amore per le tavole del palcoscenico?
Questo lavoro è basato su emozioni forti, tensioni giuste, per quanto resti un lavoro difficile. Sento di essere fortunato nell’essere, alla mia età, ancora a galla in questo settore. Il teatro è sacrificio, paga poco, ma dona tantissimo. Far ridere, far piangere, è una grande responsabilità. Bisogna esserne capaci, amare davvero questo mestiere, sapersi sacrificare.
“Gomorra” ha toccato il tuo curriculum, sino ad approdare poi alla fiction “Mare Fuori”. Che ricordo hai di quella prima esperienza tutta ‘napoletana’ e del conseguente approdo nella realtà dei ragazzi di “Mare Fuori”?
Ho potuto donare poco a “Gomorra”, purtroppo, per via del ruolo ‘minore’ che avevo. Ho avuto modo di girare con la Comencini, regista straordinaria, e ne sono stato felice. Si gode, però, quando si fa parte di un progetto dalla nascita. Ne conservo comunque un bel ricordo e per la maniera in cui era diretto e per le persone che lo hanno caratterizzato e che ho avuto modo di incontrare. “Mare Fuori”, dopo tanti anni di teatro, mi ha concesso di avere una visibilità mai avuta prima d’ora e, conseguentemente, mi ha portato anche al raggiungimento di altri lavori. Mi ha segnato, inoltre, dal punto di vista personale, permettendomi di crescere come persona, insieme alla serie. Avevo già avuto una breve esperienza, a livello di laboratori teatrali, all’interno del carcere di Nisida, anni addietro. Ho portato anche questo, in “Mare Fuori”, così come porto con me l’affetto dei colleghi, lo stare bene insieme, la meravigliosa ‘famiglia’ che siamo diventati.
Quanto c’è di te in Gennaro, nel buono della fiction tanto amata dai ragazzi e non solo?
C’è davvero tanto di me in Gennaro. Sono genitore, di ragazzi adulti e, come detto in precedenza, ho toccato con mano cosa voglia dire stare a stretto contatto con dei giovani che vivono una reclusione. Sono dell’idea che dietro ogni loro sbaglio ci sia anche il fallimento di un adulto, famiglie non sane alle loro spalle, facili guadagni pronti ad accattivarli o falsi miti.
Quanta gioia c’è nel poter vivere, a livello lavorativo, una realtà come Napoli?
Una gioia immensa! Le persone, quando mi fermano, mi chiamano proprio come il personaggio della serie, Gennaro, mi chiedono cose, mi fanno molti complimenti. Non amo prendere parte a serate dedicate alla serie perché, quando possibile, preferisco essere nelle scuole, con i ragazzi, a parlare di informazione, di ciò che vogliamo poter trasmettere.
Cosa puoi anticiparci sul tuo futuro artistico, Agostino Chiummariello?
Sono molto legato ai progetti che riguardano registi giovani, anche esordienti. Sono in attesa che qualcosa si muova, a tal proposito, e vi sarà poi anche un ritorno in teatro.