Amatissimo, grazie al suo Beppe, ne “Mare Fuori“, ritroviamo l’attore Vincenzo Ferrera. Sempre disponibile, sempre pronto a rispondere alle nostre domande, Vincenzo ci parla ancora una volta del successo della serie e dei progetti futuri.
Ben ritrovato su La Gazzetta dello Spettacolo, Vincenzo Ferrera. Parliamo subito di “Mare Fuori”, della possibilità di ritrovare il cast, del successo che sta regalandoti sin dal suo inizio?
Diventa una scommessa, adesso, realizzare una quinta stagione. Diventa una scommessa perché con l’uscita di alcuni personaggi a cui il pubblico era affezionato si potrebbe pensare, inevitabilmente, ad una leggera flessione, al fatto che in molti potrebbero pensare di non guardarla più. I pensieri sono tanti ma la scommessa consiste anche nel voler rinnovare questo progetto, anche se non sarà semplice per il nuovo regista, per tutti noi.. Sarà di certo una grande sfida!
Al momento la quarta stagione è ancora in programmazione. Il tuo personaggio, Beppe, è sempre più presente, positivo, e vive una nuova situazione anche a livello sentimentale.. Cosa ti regala ancora oggi tutto ciò?
Mi ha regalato la possibilità di poter essere sempre più apprezzato da tutti, proprio perché positivo, ed è il personaggio più bello che abbia interpretato nella mia carriera. Mi ha regalato, di certo, anche la possibilità di essere richiesto un po’ ovunque, così come di poter essere stimato nell’ambiente. Ora la gente non mi chiama più Beppe ma sa bene anche il mio nome. Benefit che arrivano e questo mi rallegra perché vuol dire che ho fatto bene il mio lavoro.
Come ha preso forma Beppe, con tutte le sue sfumature, nonostante tu non abbia mai frequentato penitenziari o altro di simile?
Ognuno di noi porta qualcosa di sé, e così io porto la mia esperienza di papà, di un ragazzino piccolo. È stato un processo empatico naturalissimo, che ci ha portati a volerci bene subito. È stato proprio l’affetto a fare tutto il resto, tanto che quando ci incontriamo non abbiamo alcun atteggiamento da ‘colleghi’. Siamo, in ogni frangente, padre e figlio.. Quando porti tutto ciò anche sul set, oltre che nella vita, si nota, inevitabilmente. Solo successivamente ho visitato le carceri, vivendo ancor più, approfondendolo, il ruolo di educatore, trovando la giusta chiave per impersonarli, rendendoli anche fieri, se vogliamo. Si tratta, a mio parere, della figura più importante in un carcere minorile ma se ne parla sempre poco, o quasi mai.
Tramite il vostro lavoro avete l’occasione di lanciare messaggi sempre positivi. Dunque, cosa senti di dire oggi ai giovani attraverso La Gazzetta dello Spettacolo?
I giovani sanno benissimo come guardare questa serie e che messaggio recepire. I ragazzi sono intelligenti e lo ripetiamo spesso, specie durante le polemiche legate alla serie. Il messaggio che lancio, personalmente, è bello e ne ricevo, a mia volta, altri in cui mi dicono che hanno ripreso gli studi, hanno ripreso a fare gli educatori e quando accade mi rendo conto che questo lavoro non è un gioco..
Il teatro è da sempre parte del tuo vissuto artistico e, a tal proposito, cosa puoi dirci da questo punto di vista?
Per fortuna o sfortuna posso dirti che non ho il tempo di fare teatro perché mi stanno arrivando molte richieste televisive o cinematografiche. Dicevo per sfortuna perché mi manca tanto il teatro ma, per fortuna, penso anche che un domani potrò tornare in teatro con la certezza che qualcuno possa venire a vedere Vincenzo Ferrera.
Sensazioni, quelle legate al teatro, al palcoscenico, che non si dimenticano facilmente..
Parliamo di un mestiere completamente diverso. Sensazioni che non si potranno mai provare su un set..
Quale ruolo manca a questo tuo percorso artistico, ancora oggi?
Manca Amleto. Sono riuscito a fare Laerte ma Amleto non riuscirò a farlo. Sono fuori età ormai!
Vincenzo Ferrera, doveva andare proprio così?
L’ho sempre pensato! Sai quando pensi che prima o poi qualcosa dovrà accadere? Ci sono talenti straordinari, in Italia, che sono nell’ombra, e alcune volte sono molto più bravi degli attori soliti che vediamocin televisione. Un mestiere infame da questo punta di vista ma, coltivando il proprio talento, prima o poi, qualcosa accade. Abbiamo la fortuna di fare questo mestiere fino a che non moriremo. Bisogna avere tanta tenacia, tanta forza. Del resto i ragazzi sono diventati famosi a vent’anni ed io a cinquanta..
Un’ultima domanda, cosa puoi anticiparci sul tuo futuro artistico, nei limiti del possibile?
Sto girando una serie per Rai1, “Belcanto”, con Vittoria Puccini per protagonista, per la regia di Carmine Elia. Interpreto un professore di musica molto severo, amico di Giuseppe Verdi. Sto anche per iniziare un film di Paolo Licata, per il cinema, sulla vita di Rosa Balistreri, una cantante popolare siciliana, molto famosa, a cui noi siamo molto legati.