locandina "La femme napulitana"
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La femme napulitane: i mille volti di Napoli

locandina "La femme napulitana"
locandina “La femme napulitana”

Divertente equivoco linguistico, quello di Alan De Luca che ha riproposto, nel Cortile di San Domenico Maggiore a Napoli il 17 e il 18 settembre questa pièce che indica, attraverso le figure femminili della città di Partenope, un viaggio musicale la cui stazione di partenza è il Cafè Chantant.

Riserva per sè pochi ma significativi spazi scenici quando introduce la figura di Matilde Serao, prima donna a fondare e dirigere un giornale, che recensì positivamente il Salone Margherita; esso rivive sulle tavole del cortile di San Domenico Maggiore grazie alla “Ninì Tirabusciò” di Elena Vittoria e al can can, con annessa spaccata finale, del corpo di ballo (Sandra Antricetti, Ines Danza, Michela Giunto,Tonia Acquisto, Caterina San Germano, Eleonora Foà, Alessia Caliendo, Lara Caliendo) e anche grazie al coinvolgimento sul palco di alcuni uomini presenti tra il pubblico, con un discreto imbarazzo da parte loro e un notevole divertimento presso i loro amici; ma non trascura, De Luca, di toccare alcuni classici del canzoniere partenopeo (Io te vurria vasà, Mmiez’ o grano) attraverso la figura di Elvira Donnarumma, affidata alla timbrica pulita e senza forzature nei falsetti di Laura Misticone.

Nè tantomeno si può trascurare la drammaturgia di Eduardo, riproposto dallo stesso De Luca accompagnato sulla scena da Vincenzo Cuomo e da una deliziosa Patrizia Zenga, e seguito da un numero canoro in cui è stata omaggiata -e non avviene abbastanza- la figura di Gilda Mignonette con due delle canzoni che forse maggiormente la rappresentano: “‘A cartulina ‘e Napule” e “Santa Lucia luntana”, eseguite da Mena Steffen: voce intensa, timbrica calda e una presenza scenica che ricorda, anche nella sua fisicità, l’ artista napoletana scomparsa nel 1953.

Altro classico del repertorio: la macchietta portata in scena da Lucia Cassini (E non sta bene), una “tammurriata nera” (1944) in parte cantata a “cappella” che coinvolge quasi tutti gli interpreti sulla scena; il dato da sottolineare è che il tutto si è svolto con molto brio, con una scenografia inesistente, ma soprattutto rendendo omaggio, attraverso questa femme napulitana, ad una lingua -quella partenopea- elegante e ricca di sinonimi al punto da poter parlare e ridere di sesso senza scadere in quella prosaicità che troppo spesso la televisione propone e promuove. E questo è un merito che va ascritto sicuramente in toto ad Alan De Luca.

 

 

 

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