L'ombra lunga delle Torri Gemelle, il libro di Federica Serino

L’ombra lunga delle Torri Gemelle, di Federica Serino

L’attentato dell’11 settembre 2001 alle Torri Gemelle, ha cambiato per sempre la società occidentale. Questo evento tragico ha scatenato una serie di conseguenze psicologiche e sociali che ancora oggi influenzano il nostro modo di vivere e di relazionarci con gli altri.

Paura, rischio, pregiudizio sono le parole chiave che descrivono la nostra epoca, segnata dal terrorismo globale e dalla cultura dell’esclusione. Ne parliamo con Federica Serino per la nostra rubrica Libri e Scrittori, autrice del libro “L’ombra lunga delle Torri Gemelle” (Lekton Edizioni).

Il libro è disponibile di seguito:

Federica Serino, benvenuta su La Gazzetta dello Spettacolo. Perché hai deciso di affrontare questa tematica delle Torri Gemelle?

Questa tematica mi è sempre stata particolarmente cara, sin da quando nel 2001, all’età i 13 anni, ho assistito in diretta tv all’attentato. Già in adolescenza avevo curiosità verso le tematiche sociali e politiche, ero affascinata dall’America e dai suoi prodotti culturali, ma al contempo mi facevo molte domande sulla guerra tra gli Stati Uniti e l’Afghanistan.

La mia voglia di approfondire certe tematiche è maturata ancora di più quando, facendo volontariato, ho avuto modo di fare esperienza come insegnante di italiano per migranti. In quell’occasione ho conosciuto diversi musulmani che vivevano male lo stigma legato alla tragedia del 2001. Così da futura sociologa mi sono sentita in dovere di provare a fare chiarezza sulle questioni che portano a maturare alcuni pregiudizi nei riguardi di questa religione e in generale i pregiudizi verso l’altro.

A distanza di oltre un ventennio da quel giorno, è possibile delineare le polarizzazioni e i cambiamenti tipici della società del rischio?

Certamente, sono ancora tutti molto attuali, tangibili. Ancora oggi viviamo in un mondo nel quale si accosta l’Islam ai fondamentalismi islamici, questo vuol dire che manca la conoscenza di certe tematiche, la consapevolezza. D’altronde la polarizzazione di pensiero si sviluppa proprio quando non abbiamo abbastanza elementi per descrivere la realtà in cui viviamo e per decifrarla. La società che viviamo è una società del rischio, almeno da 40 anni, perché l’essere umano non riesce a controllare tutte le conseguenze dello sviluppo tecnologico (in particolare le negative). Ad acuire il tutto c’è la globalizzazione che rende i rischi transnazionali e mette tutti gli esseri umani sullo stesso piano, nel caso avvenga una catastrofe. Tutti abbiamo paura del “climate change” o del terrorismo (ovviamente ogni persona vive questi eventi con una propria soggettività) e per questo il rischio, paradossalmente, rende la società più democratica: a prescindere dallo status che ricopriamo tutti rischiamo allo stesso modo.

A quali studi e ricerche ti sei affidata per documentarti nella stesura del libro?

Ovviamente mi sono affidata a tutti gli studi effettuati durante il mio percorso di laurea, concentrandomi in particolare su sociologi contemporanei come Ulrich Beck e Zygmunt Bauman. Questi hanno affrontato molti temi cari alla nostra epoca, quali: rischio, società liquida, globalizzazione, eterofobia e altro. Ovviamente anche il mio Relatore mi ha ispirato tantissimo, il Professore Antonio Camorrino, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi e ricercatore presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II. Infine, ma non per importanza, mi sono ispirata alla saggistica di Umberto Eco e alla grande capacità divulgativa di questo intellettuale che ha fatto luce su molte questioni importanti dell’epoca contemporanea.

Oltre a questa data impossibile da dimenticare, credi che eventi dolorosi come la pandemia e il conflitto bellico tra Russia e Ucraina abbiano ulteriormente contribuito a modificare la nostra percezione dell’Altro e dell’avvenire?

Sicuramente, entrambi gli eventi gettano l’individuo in una condizione di rischio sociale costante poiché la persona non percepisce garanzie nemmeno dagli esperti che dovrebbero avere il ruolo di rassicurare le persone su questioni complesse come la gestione di una pandemia o un confitto di grande portata. La verità è che purtroppo l’essere umano, da sempre, vuole poter controllare la propria vita e in particolare ciò che si aspetta che ci sia dopo la morte, ma l’amara quanto oggettiva realtà dei fatti è che controllare tutto è impossibile. Questa consapevolezza ci rattrista, ma al contempo ci rende umani.

In chiusura, è possibile secondo te azzardare una previsione sui prossimi cambiamenti sociologici a cui l’Umanità sarà chiamata?

Difficile fare proiezioni realistiche, ma sicuramente l’umanità deve fare sempre più i conti con l’incertezza di vivere in un mondo variegato e ricco di stimoli. Questo non vuol dire che sarà impossibile, anzi credo che le nuove generazioni, nate già in un mondo di per sé complesso (si pensi a tutti coloro che sono nati dopo la crisi economica del 2008) sono più predisposte e pronte al cambiamento rispetto alle generazioni precedenti (compresa la mia, quella dei Millenial).

I ragazzi di oggi tendono a essere più elastici e amano parlare anche di argomenti che erano tabù quando io avevo la loro età (questioni di genere, disabilità e inclusione in generale) e questo mi fa ben sperare.

Su Francesca Ghezzani

Giornalista, addetto stampa, autrice e conduttrice di programmi televisivi e radiofonici. In passato ha collaborato con istituti in qualità di docente di comunicazione ed eventi.

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