Abbiamo incontrato, per una piacevole intervista, Miguel Gobbo Diaz il nuovo volto della TV, amato sin dalla prima puntata di Nero a metà, la nuova fiction di successo della rete ammiraglia Rai, che lo vede protagonista accanto a Claudio Amendola e Fortunato Cerlino.
Miguel Gobbo Diaz nella serie si è da subito distinto, non solo per la sua notevole presenza fisica, ma anche per la sua bravura artistica nel ricoprire il ruolo di Malik Soprani, un personaggio diverso dal suo vero essere, essendo Miguel un ragazzo con i piedi ben saldi a terra e con una grande umiltà, della quale può esserne più che fiero.
Benvenuto Miguel, iniziamo con la classica domanda di rito: come ti sei ritrovato catapultato nel mondo dello spettacolo?
Una passione nata da quando ero alle superiori , mi sono ritrovato a dover fare dei corsi pomeridiani a scuola e non avevo tanta voglia di fare i compiti … c’era un corso di recitazione ed ho iniziato per curiosità, e nonostante i miei compagni mi prendessero in giro, io ho continuato senza demordere. Qualcosa mi diceva che questo mestiere mi avrebbe aiutato a tirare fuori delle potenzialità e quindi non ho mai smesso di andare avanti, ritrovandomi a fare 5 anni di corso di recitazione, per poi trasferirmi a Roma tentando e sperando di trasformare la mia grande passione in un lavoro vero e proprio.
Miguel raccontaci il tuo personaggio di “Nero a metà”, ovvero Malik Soprani.
Malik essendo uscito da poco dall’accademia è un ragazzo che ha voglia di imporsi e di dimostrare tanto. E’ alquanto presuntuoso, talvolta arrogante e di conseguenza spesso provoca disturbi e gelosie verso altri colleghi. Si può dire che sia anche un po’ “farfallone”, gli piacciono le donne, gli piace corteggiare e ci riesce pure bene, insomma, è un vero e proprio latin lover, essendo anche molto sicuro di se. Con Malik a parte il fatto di essere cresciuti entrambe in Italia, Paese che amo molto e che è diventato parte di me assumendo cultura, usi e costumi, non abbiamo quasi nulla che ci avvicina … Ad esempio il fatto di essere “farfallone” come lui non è proprio nelle mie corde, non è nel mio dna.
Diciamo che Malik e Miguel hanno delle cose molto forti in comune ma anche delle cose molto, molto diverse.
Nella fiction alcune volte ci sono stati dei riferimenti chiari che sottolineano il colore della pelle: non ti hanno dato fastidio?
Io sono molto easy, se tu la prendi con ironia la cosa va a scemare … nel senso che, se non dai peso alle situazioni, poi le cose tendono a sfumare molto più facilmente. Alla fine ti accorgi quando l’offesa è più grave e seria del previsto, io ho sempre giocato sulla mia grande autoironia, sul fatto di farsi rispettare quando le circostanze non sono tanto leggere, però diciamo che l’ho sempre vissuta con semplicità ed è quella che poi fa ruotare intorno a te persone positive.
Ho viaggiato molto nel corso della mia vita, sono stato a Londra, vengo da Santo Domingo e riesco a relazionarmi con diverse persone e culture e ti dico con assoluta certezza che la cosa migliore, quella che mi ha sempre aiutato, è il fatto di essere solare e positivo e questo è ciò che porto sempre avanti rispetto alle altre cose… inoltre c’è da dire che difficilmente mi offendo. Nella serie vengono raccontate situazioni che possono accadere in qualsiasi posto del modo: America, Inghilterra, Francia… In una puntata, ad esempio, una bambina dice una frase forte: “E si è proprio un negro”… e Malik si fa una risata rispondendo, a chi gli chiedeva scusa, di non preoccuparsi perché tanto era abituato.
A volte le persone anche a livello inconscio, dicono delle frasi senza neanche rendersene conto, magari non le pensano nemmeno veramente e si lasciano condizionare dalla società, dal momento. Non ha senso, secondo me, prendersela … ovviamente parlo in base alla mia esperienza personale.
Nero a metà è la tua prima fiction, però tu hai avuto anche esperienze di teatro e di cinema, tra cui un ruolo da protagonista nel film “La grande rabbia”…
Si, il film di Claudio Fragasso, con Maurizio Merli. Quella è stata la mia prima esperienza di cinema , soprattutto di cinema indipendente. Il cinema indipendente è difficile da fare ai giorni d’oggi, sarà perchè non ci sono abbastanza soldi, non è semplice da distribuire, le persone non sempre si prendono la responsabilità di “scommetterci” su… e di conseguenza c’è poco spazio… un film viene messo in poche sale cinematografiche dove non c’è la possibilità che sia visto da un pubblico più vasto.
“La grande rabbia” è un’esperienza che porto sempre nel cuore , mi ha insegnato tante cose, come me le ha insegnate la tv con le serie, i cui ritmi sono totalmente diversi, sono veloci, velocissimi … non hai il tempo di pensare che devi essere già sul pezzo … e lì ho imparato cose che veramente non avrei mai immaginato e di questo sono veramente molto contento.
L’essere diventato attore è stata più una scelta professionale o di vita?
Il donare qualcosa agli altri, la condivisione, è uno dei motivi principali del perché ho scelto di fare questo lavoro. Al teatro tocchi tangibilmente con mano questa comunicazione, tante persone presenti, che ti guardano, che apprezzano direttamente il tuo lavoro, il tuo operato e che condividono al momento queste emozioni, ed è proprio quello che ho sempre voluto dare fin da quando ho iniziato a recitare. All’inizio sei spaesato, spaventato, perché non sai bene quello che stai facendo e dove ti porterà tutto ciò, ma quando sei per la prima volta sul palco … poi diventa indimenticabile.
Non riesco a fare differenze tra cinema, tv e teatro … la modalità di lavoro, il sentimento, la passione e quello che ne segue lo impegni in tutte le situazioni, comunque sei alla ricerca di un personaggio e lo vivi, sono tante le cose che si accomunano sia nel cinema che nella tv o il teatro. Io cerco di dare sempre il meglio in qualsiasi prova.
Il teatro è sicuramente diverso perché è live, non hai la possibilità di sbagliare e ripetere, come accade sul set cinematografico o di una serie, se sbagli una battuta devi avere la capacità di improvvisare, di essere ancora più attento e non perdere mai il filo.
C’è una figura, un artista che ha influenzato le tue scelte professionali?
Ce ne sono tanti, veramente tanti ma io sono cresciuto con Denzel Washington, per me lui è un punto di riferimento da seguire, sia sul piano privato che su quello professionale. Lui è un professionista vero … magari lo potessi incontrare! C’è anche un altro personaggio, italiano, che mi piace da sempre ed è Gian Maria Volontè. Per me sono artisti che lavorano ed hanno lavorato con talmente tanta passione ed impegno… da dedicare tutto solo a quello! Cerco di prendere sempre dei punti di riferimento da questi grandi attori, anche se poi talvolta la vita ti può far capitare delle situazioni fortuite, situazioni che nascono per caso, tipo una chiacchierata, un incontro che possono sfociare, poi, in qualcosa di particolare che ti potrebbe servire o ispirare.
Miguel Gobbo Diaz io nel ringraziarti della disponibilità, del tempo che mi hai dedicato e della piacevolissima chiacchierata ti chiedo un ultima cosa, ovvero di condividere con i lettori i tuoi futuri progetti professionali.
Certo,con piacere… i miei progetti futuri mi vedranno accanto ad Edoardo Purgatori al Piccolo Eliseo di Roma con uno spettacolo dal titolo “Fuori gioco”, preso da un testo inglese. Saremo in scena dal 31 Gennaio fino al 17 Febbraio e vi aspettiamo in tanti!