Giorgio Lupano. Foto di Alessandro Rabboni
Giorgio Lupano. Foto di Alessandro Rabboni

Giorgio Lupano: ho ancora voglia di mettermi alla prova

Un attore di spessore, Giorgio Lupano, che negli anni abbiamo visto avvicendarsi in ruoli sempre diversi e, a loro modo, importanti. A breve potremo ritrovarlo a teatro in un ruolo singolare, “La vita al contrario”, per la regia di Ferdinando Ceriani.

Un lavoro che prende ispirazione da, “Il curioso caso di Benjamin Button”, realizzato da F.S.Fitzgerald. Una storia che, per stessa ammissione di Lupano, ci porterà a riflettere su quelli che sono i vari aspetti della vita e non solo, parlandoci anche della sua voglia di continuare a mettersi alla prova in ruoli sempre diversi.

Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo, Giorgio Lupano. Come stai?

Bene, davvero! Sono felice di poter portare in scena uno spettacolo così importante. Non vedo l’ora di poter essere sul palco, dinanzi al pubblico.

Il 24 luglio, i più fortunati, potranno applaudirti al Festival di Borgio Verezzi ne “La vita all’incontrario”, spettacolo tratto da “Il curioso caso di Benjamin Button”, di F.S.Fitzgerald. Cosa puoi dirci a riguardo?

La storia è quella di Benjamin Button, personaggio noto per il film interpretato da Brad Pitt. In questo caso, però, si tratta di un vero e proprio adattamento per il teatro, italianizzato, a livello logistico. Esiste, proprio in Italia, una storia simile e forse è proprio per questo motivo che ci si è indirizzati verso questa scelta. Un uomo, nel caso di Button, nato vecchio e morto giovane. Un padre, il suo, che lo avrebbe voluto adatto ai tempi, all’età che avrebbe dovuto avere, ma la realtà che lo caratterizza lo porta a vivere situazioni del tutto differenti. Una vita a fare i conti con l’apparenza, con ciò che la gente vede di lui, differentemente da ciò che lui realmente è. Tutti, bene o male, siamo portati a fare i conti con l’apparenza, con la nostra immagine, e questo condizionamento ci porta ad essere altro da ciò che vorremmo essere. Quest’uomo, che non è mai al posto giusto, trovo che sia tenero, in questa sua lotta contro l’impossibile e, al contempo, trovo sia anche molto attuale.

Cosa si prova a prestare volto e voce ad un personaggio del genere, così diverso dai precedenti?

Penso sia proprio questo il bello del mio lavoro! Mi sono innamorato subito di questo soggetto, non appena mi è stato proposto. Alla fine dei conti, se ci pensiamo, è la vita che viviamo ognuno di noi. Da bambino Benjamin è un vecchio che non vive una comune vita, bensì la osserva da lontano. Questo modo di vedere le cose ci rende aperti, ricettivi, curiosi, forse più del solito.

Quanto ti è mancato il teatro nel periodo legato alla situazione pandemica?

Molto! (ride) Lo spettacolo dal vivo, come cita lo stesso nome, si fa dal vivo. Abbiamo colmato come possibile quel vuoto, ma è comunque mancata quella sana, forte, sensazione che si prova dal vivo. Condividere è mancato, così come le persone, che si parli di danza, lirica o quanto altro. Con grande fatica, ora, stiamo tornando, ma non è facile.

Ne è passato di tempo dai tuoi studi al Teatro Stabile di Torino. Oggi Giorgio Lupano è un attore navigato che, nel tempo, ha saputo mettersi alla prova in ruoli sempre diversi. Che ricordo hai dei tuoi inizi e quanto c’è ancora in te di quel ragazzo che sognava di diventare un vero attore?

Ti ringrazio per il navigato ma, ancora oggi, credo di avere tanta strada da fare! (ride) Sono sicuramente partito con una grande idea romantica di teatro legata alle compagnie, ai grandi palchi da calcare e quanto altro. Ero affascinato dalle scenografie, dai testi, ma ho realizzato ben presto che si tratta di un lavoro. La favola, se ci pensiamo, risiede nell’immaginazione di chi ci guarda. È davvero tutto lì! In questo, ti dirò, mi sento ancora quel ventunenne che è entrato al Teatro Stabile di Torino e che, a suo modo, ha ancora da imparare. Ogni fiction, ogni spettacolo, ogni singolo personaggio è sempre una scoperta in più.

Uno spettacolo che non hai ancora avuto modo di portare in scena e, se vogliamo, una regia da concretizzare?

Di regie, negli anni, ne ho messe in piedi poche. Ho molta fiducia verso i registi che hanno guidato il mio percorso. Rappresentano un’autorità, una figura per cui non può esserci improvvisazione alcuna. Non credo ne farò di regie, in futuro. Sono diffidente verso coloro che pensano di poter fare tutto. Per quanto riguarda i ruoli, invece, vi sono i classici e, un giorno, mi piacerebbe cimentarmi proprio in quelli.

Tra i ruoli interpretati ce n’è uno, in particolar modo, che ricordi con più piacere e a cui, se potessi, daresti nuovamente vita?

“Figli di un Dio minore”! Uno spettacolo portato in scena anni fa che tratta del rapporto tra sordi e udenti, recitato in lingua parlata e lingua dei segni. In platea, con noi, persone non udenti, così come sul palco, tra noi attori. Uno spettacolo, quindi, accessibile per tutti, bellissimo da fare, visibile nei loro occhi. Una tournée durata due anni che, se dipendesse da me, sarebbe in giro ancora oggi. Una bellissima finestra sul mondo dei non udenti e, al contempo, un varco aperto per tutti coloro che, in tal modo, hanno potuto godere di quelle platee.

L’addio del tuo Luciano Cattaneo, ne “Il paradiso delle signore”, non ha lasciato indifferenti i fan della serie. Quale messaggio vorresti lanciare a tutti loro, oggi, e quali sensazioni sono legate a quel periodo vissuto sul set?

Le sensazioni sono quelle della fatica, del quotidiano impegno e, al contempo, di soddisfazione dal momento in cui eravamo tutti i giorni in onda. Un’esperienza interessante e, allo stesso tempo, faticosa al solo ricordo. Un lavoro, ancora oggi, in onda per cui faccio un grande, continuo, in bocca al lupo ai miei colleghi di set. La storia del mio personaggio ha avuto, per fortuna, la sua conclusione e credo sia giusto così. Non avrebbe avuto senso portare avanti un qualcosa, bensì sono dell’idea che vi sia bisogno di rinnovarsi, di portare sempre nuove storie ad un racconto. Sono felice, però, che venga ricordato ancora oggi, il mio Luciano.

Giorgio Lupano. Foto di Alessandro Rabboni
Giorgio Lupano. Foto di Alessandro Rabboni

Chi è Giorgio Lupano nella vita di tutti i giorni?

Sono un semplice attore che, quando non è sul set, vive comunque di questa sua passione. Vado a teatro e, nel mio piccolo, porto un applauso ai miei colleghi. Niente di più bello e normale.

Quanto pensi sia cambiato, oggi, il mestiere dell’attore?

Ottima domanda! (ride) Mi verrebbe da dire che è cambiato tantissimo, e invece ti dico che è cambiata molto la fruizione, specie per quanto riguarda l’audiovisivo. La gente va difficilmente al cinema sapendo che vedrà lo stesso film dopo poco, comodamente seduti a casa. A non cambiare, però, sarà il fatto di non essere, per nostra fortuna, facilmente sostituibili. Davanti alla camera da presa, volente o nolente, ci saremo sempre noi. Il mestiere dell’attore consiste nell’imparare un testo a memoria per riportarlo, a nostro modo, a casa, trasmettendo emozione al nostro pubblico. Questo, per fortuna, non cambia!

Un sogno nel cassetto di Giorgio Lupano?

Troppi vorrei poterne realizzare! (ride) Prima della pandemia mi era facile visitare luoghi ed affrontare ruoli importanti, così come il poter conoscere attori importanti. Mi auguro di poter tornare a fare questo, tornando ad incontrare nuove culture e modi di fare.

Come ti vedi tra dieci anni?

Ci sono attori, in scena, capaci di dimenticare ogni minimo acciacco dovuto all’età, ogni piccola imperfezione. Desidero poter affrontare il tutto allo stesso modo, in futuro. Tra dieci anni non sarò di certo “vecchio”, ma spero comunque di poter godere di quella stessa magia, un domani.

Su Alessia Giallonardo

Nasco a Benevento, nel 1986. testarda a più non posso, perché Toro. Amo la fotografia sin da quando ero piccola e devo questa passione a mio padre. Stesso discorso per la scrittura, per ogni singola sfumatura di un racconto, di un vissuto, di uno storico incontro.

Lascia un commento