La mia lobby, di Massimo Tucci
La mia lobby, di Massimo Tucci

La mia lobby, di Massimo Tucci

Professore universitario di diritto amministrativo, Massimo Tucci dopo un periodo di formazione in diverse università del nord Europa (tra Olanda, Francia e Lussemburgo), grazie a borse dì studio da queste attribuitegli ha insegnato in varie università italiane, da nord a sud.

Autore di numerose monografie e articoli scientifici, è stato coordinatore scientifico di un Consorzio tra Università e mondo imprenditoriale, e ha partecipato a importanti progetti di collaborazione tra Unione Europea e università estere, dalla Siberia allo Zimbabwe. Ha anche collaborato come visiting professor a programmi sponsorizzati dall’UNIDO (United Nation Industrial Development Organization) delle Nazioni Unite.

Con l’opera La mia lobby, edita dalla Albatros Edizioni, punta il faro contro la realtà accademica e le sue regole, cercando non solo di criticare ma anche di “costruire” una via d’uscita da percorrere nei prossimi anni, per continuare a dare speranza a chi rappresenterà il futuro del nostro paese.

Incontriamo l’autore per la nostra rubrica “Libri e Scrittori“.

Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo, Prof. Massimo Tucci. Come definirebbe questo libro usando pochi aggettivi?

Lo definirei un libro ironico, facile da leggere, ma che nasce dall’esperienza di oltre trent’anni di insegnamento universitario. Spero sia anche un libro rivelatore di un ambiente, quello universitario, per il quale ho nutrito un grande amore in parte corrisposto. Ma è anche il libro di un amante deluso dalla sua Beatrice che si è rivelata meno paradisiaca di quella Dantesca.

Per lei è stato in qualche modo catartico scriverlo e far emergere alla luce del sole alcuni riti e manovre che regolano l’università italiana?

Non sono un deluso della realtà universitaria, mi spiego meglio: mi ha dato tanto e ne ho condiviso riti e procedure. Ho anche però sviluppato la convinzione che tali procedure viziate siano la conseguenza di alcune distorsioni strutturali del sistema. Se non cambiamo questi fondamentali, ogni riforma è destinata a fallire.

Inviterebbe qualche altro Insider a scrivere del proprio settore di appartenenza nella speranza che le cose cambino in modo diffuso?

Certamente sì. Questo è il Paese delle lobbies: dai tassisti ai farmacisti, dagli avvocati ai titolari di concessioni balneari.

La cosa grave è che in molti accettano questo stato di cose come ineluttabile. Non è così, non deve essere così. Una cosa che ripeto spesso ai miei studenti è: non rinunciate ad indignarvi, è il presupposto necessario di ogni lotta per il cambiamento.

All’estero le cose vanno diversamente?

Le esperienze degli altri Paesi non vanno idealizzate. Tuttavia sotto molti aspetti l’ambiente universitario di alcune grandi democrazie occidentali è migliore del nostro. Penso alla Germania, all’Inghilterra, tanto per restare in Europa. Paesi con istituzioni diverse ma accomunate a mio avviso da un comune denominatore: un forte legame tra i docenti e l’istituzione universitaria. Un legame che manca in buona misura da noi, dove il rapporto è anzitutto tra l’allievo e il suo Maestro. Questo legame quasi freudiano è alla base delle distorsioni nei concorsi universitari e della chiusura ai docenti esteri che non godono di un Santo in paradiso.

In realtà, siamo davvero culturalmente pronti a delle riforme serie e risolutive o necessitiamo ancora di un cambio di paradigma?

Una risposta a una domanda complessa come questa richiederebbe conoscenze sociologiche che non posseggo in misura adeguata. Essere culturalmente pronti implica una maturità sociale dell’individuo che si costruisce in generazioni, parte dalla scuola primaria, dura tutto il periodo di formazione di una generazione. Anche così non basterebbe perché occorre comunque il contributo della famiglia, del gruppo sociale di riferimento del singolo individuo. Tutto questo c’è nell’Italia di oggi? Non credo, penso a certi studi, criticabili sotto alcuni aspetti, sul cosiddetto “familismo amorale” che caratterizzerebbe alcuni ambienti sociali del nostro Bel Paese. La soluzione passa forse attraverso una serie di norme draconiane in grado di rendere realmente difficile l’intervento delle lobbies cosi diffuse nel nostro Paese oppure nell’introduzione di una normativa che le regolamenti portandole alla luce del sole come è avvenuto, ad esempio, per i lobbisti in seno alle Istituzioni europee. 

In chiusura, secondo Massimo Tucci, ogni cambiamento che punto di partenza deve avere?

Lo dico nel libro: ogni cambiamento deve partire dalle coscienze, dalla consapevolezza che questo stato di cose danneggia noi tutti. Purtroppo molti miei colleghi la pensano ancora come il Principe di Salina nel Gattopardo: non si pongono il problema di migliorare perché pensano già di essere perfetti.

Su Francesca Ghezzani

Giornalista, addetto stampa, autrice e conduttrice di programmi televisivi e radiofonici. In passato ha collaborato con istituti in qualità di docente di comunicazione ed eventi.

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