Manuela Ventura. Foto di Rosaria Palermo
Manuela Ventura. Foto di Rosaria Palermo

Manuela Ventura: il mio credo nelle donne

Ritroviamo l’attrice Manuela Ventura in occasione dell’uscita al cinema de “Primadonna”. Il film, ad opera della regista Marta Savina, ci riporta indietro nel tempo, permettendoci di rivivere una realtà che ci appartiene.

Una forza, quella di cui la Ventura ci parla, insita nelle donne, per le donne, e che dovrebbe essere condivisa, da sempre, anche dagli uomini. Presto, inoltre, potremo rivedere Manuela a teatro ne “La scattiata”.

Ben ritrovata su La Gazzetta dello Spettacolo, Manuela Ventura. Parliamo subito di “Primadonna”, ad opera di Marta Savina che, da questo otto marzo, ti vede protagonista al cinema. Che esperienza è stata per te e come ti sei preparata ad affrontare tale ruolo?

Si è trattato di un’esperienza molto profonda, iniziata ancor prima di dare il via alle riprese. Vi è stato un incontro con la regista e la protagonista, Claudia Gusmano, insieme alla produttrice e a tutti i casting che hanno seguito la fase dei provini. Una di quella situazioni in cui percepisci che c’è un’interesse di dinamiche umane, oltre che di indagine dei personaggi. Già da lì è avvenuta una sorta di folgorazione, tra tutti, e vi ha contribuito la vicinanza a Claudia Gusmano, attrice che stimo moltissimo, e a Marta Savina, la bravissima regista del film che, insieme a noi, ha costruito un percorso fatto di ricerca e anche di improvvisazioni, per dare vita ai personaggi. Al tutto si è più aggiunto un grande dialogo che ci ha permesso di comprendere ancor più il rapporto tra una madre ed una figlia. Il set ha poi fatto tutto il resto.

Preponderante, in questo nuovo lavoro, l’amore per la famiglia, il rispetto, il non vivere alcuna prevaricazione dei ruoli. Che idea hai a riguardo e come gestisci tutto ciò nel quotidiano?

Tra i vari aspetti del film, vi è appunto l’amore per la famiglia, che in questa storia si mostra come uno degli aspetti determinanti. Il mio personaggio, Sara Crimi, mi porta a riflettere, su questo, sul nucleo che si crea all’interno, appunto, di una famiglia. La famiglia Crimi, ha la capacità di condurre una vita semplice, riservata, con questi genitori che operano le proprie scelte nel rispetto reciproco pur con delle diversità e a volte divergenze. Differentemente dall’altra famiglia presente nel film. Ritengo che seminare nei giovani fiducia, sia dare germogli per il futuro, e questo può essere di grande aiuto per tutti. Ognuno di noi ha la possibilità di operare piccoli cambiamenti che poi generano cambiamenti più grandi, importanti.

A fungere da scenario, ne “Primadonna”, la tua amata Sicilia. Quali ricordi sono legati ad essa, alle tue origini Manuela Ventura?

Il film è stato realizzato in luoghi a me poco conosciuti. Una Sicilia arcaica, selvaggia, che la rende in qualche modo evocativa. Un’arcaicità alla quale si contrappone la modernità del pensiero, la scintilla di questa giovane ragazza. Paesaggi fatti di natura, di mare, che per forza di cose ti pongono ad avere una vista più ampia. Una realtà raccontata non in maniera didascalica o vincolata ad uno stereotipo, seppure si percepisca il condizionamento del pregiudizio, l’influenza della Chiesa e le minacce che la famiglia Crimi subirà. Una comunità che verrà scossa fortemente, dove risuona potente il no della giovane Lia, un no talmente forte da mutare le sorti del processo opponendosi ad una legge dello stato italiano, quella del matrimonio riparatore.

Quale messaggio positivo senti di voler lanciare a tutte le donne?

Vorrei che tutte le donne guardassero a ciò che hanno di fronte con uno sguardo libero, senza paura alcuna di dire la propria verità, di dare voce al proprio sentire, coltivando la possibilità di autoaffermarsi. Questo non soltanto attraverso la lotta. Le donne devono avere la possibilità di osare, di determinarsi autonomamente, di sbagliare, di non essere catalogate nei ruoli, di essere libere di dire no senza sentirsi in difetto, coinvolgendo sempre più anche gli uomini, nel sostegno e nella condivisione di questi principi.

Manuela Ventura sei attivissima sia a livello teatrale che televisivo ed ora anche al cinema. Come vivi questo momento?

Si, è un momento intenso e mi piace l’idea di poter declinare in modo diverso questo lavoro, che si parli di set o di teatro. Penso che poter allargare e, al contempo, restringere il campo dell’osservazione, così come la misura delle emozioni, sia un esercizio emotivo bellissimo, auspicabile per tutti. Mi tengo caro, quindi, questo momento. A breve, inoltre, tornerò a teatro con “La scattiata”, per la regia di Salvo Piro.

Approfitto per dire che le lavoratrici e i lavoratori del settore, stanno ancora insistendo per ottenere e vedere affermati alcuni diritti, come ad esempio poter avere un rinnovo del contratto nazionale del settore cineaudiovisivo.

Su Alessia Giallonardo

Nasco a Benevento, nel 1986. testarda a più non posso, perché Toro. Amo la fotografia sin da quando ero piccola e devo questa passione a mio padre. Stesso discorso per la scrittura, per ogni singola sfumatura di un racconto, di un vissuto, di uno storico incontro.

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