Enzo Decaro
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Enzo Decaro: felice di aver realizzato un grande sogno di Luigi De Filippo

In scena con “Non è vero ma ci credo”, regia di un grande Peppino De Filippo, per l’occasione rivisto da Leo Muscato, incontriamo l’attore Enzo Decaro.

Decaro sarà nuovamente in scena dal 3 al 5 maggio al Teatro Manzoni di Milano, e si dice felice per aver realizzato un grande sogno dell’amico Luigi: aver riportato in scena uno dei successi di suo padre Peppino.

Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo, Enzo Decaro. “Non è vero ma ci credo” ti vede nuovamente protagonista in teatro. A tal proposito, cosa puoi dirci a riguardo?

Da dove comincio? (ride) È il quarto anno che siamo in scena con questo spettacolo e siamo ben oltre le nostre aspettative. Si tratta di un esperimento voluto da Luigi De Filippo, il risultato di uno splendido lavoro di artigianato che, anno dopo anno, si prolunga, riproduce da solo.. L’ambientazione che Leo Muscato ci presenta è quella di una Napoli degli anni ottanta, non dirò altro per non togliere curiosità a chi non ha ancora avuto modo di vederla..

Quanta emozione c’è nel portare in scena un lavoro che porta la firma dei De Filippo?

I De Filippo sono le colonne portanti di un certo teatro italiano, specie quando tutti e tre lavoravano insieme, con grande coraggio. Tre giovani che fecero ditta, fondando un teatro umoristico, voltando le spalle alla sicurezza del teatro ottocentesco, scarpettiano. È proprio in quegli anni che sono nati i loro lavori, i più importanti, proprio come questo, firmato da Peppino ma che trova origine da tutto ciò. Un altro esempio ne è “Natale in casa Cupiello”. Personaggi così diversi tra loro ma legati da un filo sottile..

Sei da sempre amatissimo ma cosa è cambiato da quelli che sono stati i tuoi inizi e quanto sei cambiato a livello personale, di conseguenza?

Il tempo della vita, così come il palcoscenico, porta sempre una possibilità di cambiamento, così come di apprendimento. Per altre cose, invece, posso dire di vivere ancora con piacere un certo dilettantismo, nel senso migliore del termine. Qualcosa che ti porta in scena non come il professionismo di routine, abitudinario e, in questo momento, la compagnia di Luigi De Filippo mi rende man forte in questo. Ho di certo tanta coscienza in più, al momento. È, non ultimo, un grande piacere aver esaudito un desidero di Luigi De Filippo, una persona a cui sono stato profondamente legato. Il desiderio era quello di poter riportare in scena i lavori di suo padre, affidandoli a me e alla sua compagnia, e devo dire che ha avuto ragione.

Quanta strada ancora c’è da fare, Enzo Decaro, in questo tuo percorso artistico?

Sento di essere un privilegiato, nonché fortunato, per aver avuto la possibilità di confrontarmi con delle personalità, grandi o piccole che fossero, così come con il mio amico, Massimo Troisi. Con lui ho vissuto anni meravigliosi e, ti dirò, in qualche modo ancora mi sento uno studente del teatro, di questa bellissima arte della comunicazione. Mi piace pensare che, dopo tutto ciò a cui è sopravvissuto, sia ancora un luogo in cui incontrarsi, scambiarsi pensieri, occasioni.

Quali consigli senti di dare ai giovani che pensano di poter intraprendere questa bellissima strada legata alla recitazione?

insegno da ben venticinque anni all’università, per me un luogo di confronto privilegiato. Consiglierei, in prima battuta, di smettere di ascoltare ciò che hanno da dire gli adulti. Ogni generazione deve imparare a camminare con la strada che ha a disposizione. Oggi non è meglio o peggio di prima, è semplicemente diverso.

Dove potremo rivederti, Enzo Decaro, televisivamente parlando, dopo averti ammirato per anni al fianco di Veronica Pivetti?

Televisivamente parlando è difficile saperlo perché il teatro e la televisione portano via tempo, una scelta da fare c’è. Dopo “È stata la mano di Dio”, con Sorrentino, ho avuto altre occasioni anche con registi giovani, delle opere prime. A breve, difatti, girerò un nuovo film, “La chiocciola”, che si occupa dei ragazzi che per mesi e mesi tendono a non uscire dalla loro stanza. Dinamiche interessanti. Il teatro mi ha portato via molto spazio ma sono stato felice di vivere dodici anni con una fuoriclasse come la Pivetti, con cui si è creata una forte complicità ed un sostegno forte, vero.

Poco prima hai citato un amico di sempre, un amico a noi caro, Massimo Troisi..

Ricorreranno a breve i trent’anni dalla sua scomparsa e posso dirti che la sua presenza è ancora viva, forte, nonostante le tante manifestazioni e quanto di simile. Massimo non ha bisogno di essere ricordato, siamo noi ad avere bisogno di ricordarlo per continuare a sentirlo più vicino, sia come persona che come artista. Manca tanto la sua poetica, appunto, il suo pensiero, sempre sorprendente, stimolante, diverso da come si poteva immaginare. In questo momento di grande appiattimento, lui di certo sarebbe stata una voce fuori dal coro.

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