Marta Bifano
Marta Bifano

Marta Bifano: grata ai grandi per la mia vita straordinaria

Marta Bifano è un’attrice con la maiuscola, nonché actor coach, impegnata da sempre nel trasmettere il grande amore che nutre per tale mestiere ai suoi allievi.

Un colloquio, quello avuto con la Bifano, che ci riporta indietro nel tempo, ai grandi, quelli che hanno guidato il suo percorso e a cui dice di essere grata, al futuro, a ciò che si augura di poter concretizzare, senza dimenticare un consiglio, supporto, alle nuove leve.

Benvenuta su La Gazzetta dello Spettacolo, Marta Bifano. Come procede il tuo vissuto?

Procede molto bene! Attualmente sono alle prese con una serie di bandi, visto il momento cruciale in cui ci troviamo. Dovrei poi terminare tutto ciò che è stato bloccato a causa della pandemia. Parliamo di due film molto belli, di cui il primo è “Ultima meta”, scritto da Claudio Fava, colui che ha realizzato i “Cento passi”. Una squadra di rugby, nel 1978, viene sgominata completamente con un solo sopravvissuto a raccontarne la storia. La regia di questo film, invece, è di una esordiente, premiata dal ministero con un doveroso finanziamento. A novembre avremo modo di dare inizio alle riprese. La mia produzione si chiama Loups Garoux ed è in piedi grazie anche ad un’altra donna, Francesca Pedrazza Gorlero, che mi sopporta da vent’anni. Una produzione che ha avuto il suo debutto nel 2002 con la storia dell’enciclopedia femminile con Artemisia Gentileschi, Le grandi dame di casa d’Este e Isabella Morra. Ancora una volta un richiamo alle donne ed un supporto al sociale. Ultimamente collaboriamo anche con le carceri, spicca la casa circondariale di Secondigliano, diretta da una donna illuminata. Dal 2021 abbiamo, inoltre, messo in scena, grazie al nuovo IMAIE, uno spettacolo che si avvale della regia di Krizstoff Zanussi e si intitola, “L’odore”, scritto da Rocco Familiari, una storia a fosche tinte in tour anche nei teatri stabili. Un progetto che ci ha permesso di vincere il Premio Falcone e Borsellino 2002. Sono felice del fatto che questo spettacolo continui la sua storia e che, ben presto, diventerà un film in coproduzione con Polonia, Serbja e Campania Film Commission , Arti Magiche. In teatro, a breve, riprenderemo con “Romeo & Giulietta”, di cui ho curato la regia, lo scorso anno. Nel 2024 abbiamo, non ultimo, in programma, “Il segreto di Fulcanelli”, grande alchimista italiano vissuto a Parigi agli inizi del secolo caratterizzato da un mistero che tocca la sua esistenza.

Marta, che ricordo hai dei tuoi inizi, della Bottega di Firenze diretta da Vittorio Gassmann?

A soli diciotto anni vinsi un bando per poter essere parte de La bottega di Gassmann, a Firenze. Due anni bellissimi, intensi, per cui lasciai anche l’università. Incontrai, ai tempi, anche Eduardo De Filippo che mi scritturò, poi, per fare l’attrice giovane nella sua compagnia insieme a Luca De Filippo. Due commedie di repertorio, quelle interpretate con loro all’epoca, “Tre calzoni fortunati” e “Ditegli sempre di si”, insieme anche a Vincenzo Salemme e Gianfelice Imparato. Ho avuto la possibilità di lavorare ed incontrare i grandi come Albertazzi, Lavia e non solo, ai tempi. Era un periodo di grande fulgore e di vera affermazione culturale.

Marta Bifano in Paura d'amare
Marta Bifano in Paura d’amare

Marta, quanto hai avuto modo, ai tempi, di apprendere da questi grandi?

Ho sempre rubato loro qualcosa, osservando il più possibile, senza stancarmi mai. Ero la prima ad arrivare in teatro e l’ultima ad andare via. Ricordo le prove della Figlia di Iorio con M.Placido ed E.Aldini, il regista R.De Simone era un pozzo inesauribile di conoscenza.

Figlia d’arte, era nel tuo DNA, nel tuo destino, il dover intraprendere tale strada…

Ho mosso i primi passi in teatro a soli tredici anni, negli spettacoli realizzati da Galdieri, produttore de “La gatta cenerentola”, con Roberto De Simone. Conobbi, scenicamente, Pupella Maggio, Pietro de Vico, Anna Campori, Dolores Palumbo. Isa Danieli, Angela Pagano, Regina Bianchi.. Lavori meravigliosi che non hanno più motivo di essere, oggi, se non al Teatro dell’Opera. Eravamo tanti e vi erano molti finanziamenti all’epoca, con economie diverse, ben distribuite.

A tal proposito, Marta, quali differenze noti, oggi, a livello teatrale?

Anni addietro vi era modo di poter riconoscere chi aveva talento, senza limitazione alcuna. Ai tempi di oggi, invece, la politica ha limitato tanto e si fa fatica ad avere i giusti riconoscimenti. Questo vale soprattutto per i giovani che sono disorientati allo sbaraglio, affidate a scuole, scuolette spuntate come funghi.

Quali sensazioni riscontri nell’avere la possibilità di calcare le tavole del palcoscenico?

Mi ritengo una persona libera che, a suo modo, è riuscita a realizzare i suoi sogni senza doverli tenere, per forza di cose, chiusi nel cassetto. Il fatto di poter restituire tali doni al pubblico è per me un privilegio enorme. Oltretutto, a rendermi ancora più libera, vi è l’avere avuto modo di apprendere cosa voglia dire realizzare una regia ed essere anche produttrice. Una filiera per me importante che mi permette di portare avanti giovani e giovanissimi per un qualcosa in cui credo.

Sei, oggi, anche un’abilissima coach, con una scuola dedita a tale attività, “Acting Coach”. Cosa puoi dirci a riguardo?

Non voglio togliere nulla agli attori di oggi ma, purtroppo, viviamo una grave perdita umana, culturale, legata alla scomparsa di mostri sacri, di cui l’ultimo è stato Proietti. Ritmi, quelli in cui loro sono vissuti, legati alla lettura, cosa che accade sempre meno ai nostri tempi.

Vi è un lavoro a cui oggi vorresti poter dare maggiore vita, tra quelli già vissuti?

Propongo, di anno in anno, “Artemisia Gentileschi”, in teatro, un mio cavallo di battaglia, riproposto con Vittorio Sgarbi e prima ancora con Ennio Fantastichini e Mariano Rigillo per la regia dello scomparso Daniele Valmaggi. Nel riviverlo, con le musiche straordinarie di Giuseppe Zambon, autore delle musiche di “Meraviglie”, riscontro sempre una forte emozione. Racconto una donna, che ha saputo portarmi un trasporto interiore molto forte e di volta in volta è sempre così. Vorrei fare una fiction su di lei.

L’essere dalla parte delle donne risulta essere un aspetto molto importante nel tuo vissuto, nel tuo lavoro..

Credo che i modelli di oggi siano errati, per i nostri adolescenti, in particolar modo le ragazze. Non vi è alcun nutrimento interiore, purtroppo, culturalmente degrado.Sono imposti  modelli assurdi che portano  disagi anche in ambito alimentare, psicologico. Perche’non rendere virali donne come Margherita Hack, Rita Levi Montalcini, la Gentileschi, tante pittrici, donne davvero valide, degne di nota. Uno sfilacciamento culturale senza rimedio, anche nell’utilizzo delle nuove tecnologie, bisogna andare cauti, una delle cause della decadenza anche della nostra lingua italiana. Un momento, quello che affrontiamo, caratterizzato da modelli contrari a tutto ciò che per me è essere femminile.

Il tuo vissuto artistico ha toccato vari ambiti e, per un breve periodo, ti portò ad essere anche parte di una nota soap opera di Rai3, “Un Posto al Sole”. Cosa rappresentò all’epoca tale esperienza?

Quell’esperienza mi portò a ritrovare dei cari amici d’infanzia, come Patrizio Rispo e Marzio Honorato. Mi sembrò di essere a casa! A spaventarmi, in senso buono, furono i ritmi serrati di lavorazione, a cui ebbi modo di abituarmi poco dopo. Amo lavorare, poter affrontare sempre nuove esperienze, senza fatica alcuna.

Marta Bifano, cosa manca alla tua carriera, se manca qualcosa effettivamente?

È mancata, se vogliamo, la spinta alla popolarità, dovuta anche a scelte familiari che hanno segnato la mia carriera,ma le vite sono scritte nei nostri nei nostri cuori. Ho scelto mio figlio, senza alcun pentimento, con la mancanza, però, di un riconoscimento da parte di tanti, se non da alcuni.

Quale consiglio sente di voler trasmettere Marta Bifano a tutti coloro, specie ai giovani, che pensano di voler intraprendere tale mestiere?

Consiglio loro di non avere fretta, di studiare e leggere tanto, di lavorare sul coordinamento tra corpo e parola e impegnarsi a ritrovare la Vera voce del Canto interiore.

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