Ivan Gergolet
Il regista Ivan Gergolet

Ivan Gergolet: ho voglia di raccontare realtà che ho vissuto

Il regista Ivan Gergolet ci ha regalato una importante visione de “L’uomo senza colpa”, il film realizzato pensando a ciò che è accaduto nel luogo in cui è cresciuto.

Appassionato di regia, Ivan ci mostra una realtà triste, egregiamente interpretata da Valentina Carnelutti, vedova ferita in cerca di giustizia, e Branko Zavrsan, vittima dell’amianto.

Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo, Ivan Gergolet. “L’uomo senza colpa” ci riporta ad una realtà non facile da accettare, ad una perdita improvvisa, legata a cause non volute, non ricercate dall’uomo. Da cosa ha preso spunto per tale lavoro?

Sono nato in un luogo dove l’ambiente ha subito non poche problematiche. Parliamo dei cantieri navali di Monfalcone un posto dove molti si sono ammalati e, ancora oggi, si fatica ad accettare tale realtà. Una condizione di cui non è facile parlare, un approccio intimo da me ricercato. L’Angela del film, per parlare dei personaggi de “L’uomo senza colpa”, è una donna forte, per forza di cose, che a suo modo deve andare avanti. Questo stato la rende ruvida, in continuo conflitto con la situazione che vive, costretta ad accettare il ruolo da badante presso un suo nemico. Dinanzi alle fragilità di quell’uomo, poi, riscopre anche le sue, inevitabilmente. Il film indaga quelle che sono le difficoltà della vita, lo stato d’animo delle persone, cosa realizzabile soprattutto al cinema.

Cosa ti spinge a scegliere determinati attori per i tuoi lavori?

Conosco da anni i protagonisti di questa mia pellicola, Valentina e Branko. Anni addietro ebbi modo di lavorare con il papà, tra l’altro, di Valentina, Francesco Carnelutti. Una pellicola a cui tengo molto. Ebbi modo di vederla in alcuni suoi lavori, in personaggi sempre diversi, e così ho deciso, senza effettuare alcun casting, di sceglierla, ritenendola più che adatta a tale ruolo. Due attori, Valentina e Branko, più che preparati sul personaggio, sullo studio di ogni singolo dettaglio legato alla malattia, al contrasto tra fragilità e forza. Mi hanno permesso di lavorare su variazioni importanti, da me richieste, permettendomi, se lo avessi voluto, di lavorare su un Angela diversa, subdola, calcolatrice o, volendo, passiva.

Ivan Gergolet, quando hai concretizzato che la regia era la reale strada da perseguire?

Ho concretizzato di voler fare tale mestiere da ragazzo, durante gli studi al Dams. Pensavo, addirittura, di diventare direttore della fotografia, invece ho poi scelto la strada della regia, anche per via del poco istinto verso la luce. Ho avuto modo di realizzare un primo corto, a mio modo, ed ho scoperto di avere tale abilità verso la regia, di esserci realmente portato.

Ivan, la regia che non hai ancora realizzato?

Potrei di certo realizzare altro, in futuro, avendo le idee giuste a disposizione e l’adeguata abilità nel capire quale strada scegliere, quale progetto realizzare. Sono nato in un territorio che ha tanto da raccontare, un mare pieno di pesci di cui poter “vivere”, cinematograficamente parlando.

Su Alessia Giallonardo

Nasco a Benevento, nel 1986. testarda a più non posso, perché Toro. Amo la fotografia sin da quando ero piccola e devo questa passione a mio padre. Stesso discorso per la scrittura, per ogni singola sfumatura di un racconto, di un vissuto, di uno storico incontro.

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