Francesco Maccarinelli ha il sacro fuoco dell’arte. Lo si comprende quando gli chiedi del suo personaggio nella fiction di Rai 1 “Il paradiso delle signore“.
Ti parla di Luca non come un amico, non come un fratello, ma come una parte necessaria e ormai vitale della sua vita. Luca e Francesco sono, senza dubbio, un’unica cosa. Troppo spesso viviamo e non esistiamo, ma Francesco Maccarinelli vive ed esiste con consapevolezza perché è la sua vita stessa ad essere legata all’arte.
Questo giovane attore, dal fascino elegante, ha colto l’arte sin da bambino, l’ha resa parte della sua vita in modo naturale e mai scontato. Un giorno, scrisse in un tema: Farò l’attore. Non so dove, non so quando ma lo farò.
Non si è imposto al volere di qualcuno, non si è ostinato o impaurito di fronte a quel sogno troppo grande, non ha provato timore o incertezza. Ha saputo e compreso che il sacro fuoco della recitazione era già dentro il suo corpo, nello sguardo attento, nel modo di parlare consapevole, nell’anima ferma e leggera. Francesco Maccarinelli è un attore.
Benvenuto, Francesco Maccarinelli. Sei uno dei protagonisti della nuova stagione de Il Paradiso delle signore. Che esperienza rappresenta per te questa e come ti trovi con il resto del cast?
Questa esperienza mi sta dando tanta carica. Con il resto del cast siamo una bellissima squadra e siamo riusciti a creare una grande unione. Siamo tutti giovani e abbiamo tanta voglia di fare le cose fatte bene. C’è voglia di essere una famiglia vera e credo che questa sia la forza che ci sta spingendo a portare avanti questo progetto. Il pubblico si sta affezionando a noi e non era facile subentrare in una serie così forte che ha dato tante soddisfazioni in passato. La nostra unione, il grande rispetto che c’è ci ha rafforzato. Ci sono momenti di stanchezza, i ritmi sul set sono serrati ma sai che c’è sempre un amico su cui puoi contare. Abbiamo la fortuna di contare l’uno sull’altro. Ci viene naturale star bene insieme e condividere le cose.
Come descriveresti il tuo personaggio?
Nutro un amore folle nei confronti di Luca. Sono dalla sua parte anche se penso che la sua vendetta sia il modo più sbagliato di vivere. Si sa, la vendetta nuoce più a chi la fa che a chi la riceve. Luca è un personaggio che sembra duro ma che ha dentro una fragilità enorme. Quando interpreto Luca noto e tocco con mano la fragilità in cui annega. E’ un uomo che ha perso ogni cosa. Una sera, mentre era solo un ragazzino a cena con la sua famiglia, si ritrova i soldati che gli portano via la sua famiglia senza un perché.
Nei campi di concentramento, Luca ha perso la cosa più grande che un uomo può perdere: la dignità. I soldati nazisti avevano lo scopo di far perdere alle persone la propria dignità e questo ragazzo ha perso realmente questo valore. E’ un ragazzo che è diventato uomo troppo presto, a cui manca la spensieratezza della gioventù. Luca ha perso tutto senza aver fatto nulla. Da una vita normale e da una famiglia benestante ma umile umanamente, Luca si ritrova completamente solo. Quando ritorna, ha bisogno di vendicare tutto ciò che gli è stato portato via, anche se si rende conto di avere una sensibilità. La vendetta è ciò che lo spinge ad andare avanti per se stesso, per sua madre chiusa in una clinica, per il padre che non c’è più, per tutto ciò che gli è stato strappato via e che non ha più avuto.
Cosa pensi di aver dato a Luca di te e della tua vita?
Quando interpreto un personaggio cerco sempre di dargli empatia. Penso di avergli dato la sensibilità. E’ un personaggio che si rende conto di non avere del male dentro e della cattiveria. Non si riesce a capire quando è sincero e quando no. Vorrebbe essere davvero sincero, soprattutto con Marta. Ma Luca non può fermarsi perché ha capito che ogni pedina che si presenta tra lui e il suo obiettivo, può rompere il gioco e lui deve arrivare al traguardo. Ha delle motivazioni troppo grandi che lo spingono a non arrendersi. Non può perdere tempo.
Quando hai letto le sceneggiature, hai pensato al messaggio che potevi dare ai telespettatori con il tuo personaggio?
Penso che noi attori abbiamo una responsabilità. Mi sono avvicinato al mio personaggio, studiando e documentandomi. Il mio personaggio affronta il tema dei campi di concentramento, dello sterminio. Ho cercato di trovare il maggior numero di testimonianze possibili, ho voluto immergermi nella storia senza avere muri o pareti davanti. Ho riconosciuto il male, e ci sono passato all’interno. Ho tentato in tutti i modi di buttarmi all’interno di questa storia, di sentire i sapori, di cercare di captare il risentimento, la paura del silenzio.
Hai dichiarato che da bambino hai scritto un tema in cui affermavi di voler fare l’attore. Quando poi hai capito che questo sarebbe stato il tuo mestiere?
Mio nonno mi recitava, nel suo modo anche goffo e affettuoso, ogni volta un pezzo de I promessi sposi. Leggeva sempre un passo di quell’opera e da bambino ho sempre detto che avrei voluto fare l’attore. Poi mi sono diplomato e quando mi chiesero cosa avrei fatto dopo il liceo, risposi: l’attore. Tutti mi prendevano un po’ in giro. Mentre io ero realmente tranquillo, sapevo dall’inizio che avrei fatto questo mestiere. Mi sono detto: io farò l’attore. Non so come, non so quando e non so dove ma lo farò. Fare l’attore era nel mio destino. So di essere in grado di fare tanto altro, ma non ho voglia di fare altro. Voglio recitare.
Dopo l’esperienza de Il paradiso delle signore, hai pensato ad un ruolo che ti piacerebbe ottenere in futuro?
Ci sono tanti ruoli che mi piacerebbe fare. Magari può essere una risposta banale, ma ho la voglia di buttarmi dentro ad ogni ruolo. Amo lavorare sulle sensibilità dei personaggi. Per me, un attore è una chitarra a cui puoi pizzicare le corde senza mai tagliarle via. Noi attori ci plasmiamo dentro un altro corpo. I personaggi hanno mille ragioni per essere in un determinato modo e io voglio attraversarli tutti. Mi piacerebbe anche affrontare il genere comico. Voglio sempre trovare nei personaggi mille sfaccettature.