Beppe Vessicchio. Foto dal Web
Beppe Vessicchio. Foto dal Web

Beppe Vessicchio: il direttore che sa parlare al pubblico

Direttore d’orchestra e personaggio amato della TV, Beppe Vessicchio (o per molti Peppe) è sicuramente uno degli esponenti più noti e popolari della musica leggera italiana.

Noto ai più per essere stato direttore d’orchestra in svariate edizioni del Festival di Sanremo, lo incontriamo per parlare di musica, tradizioni e della sua Napoli durante l’evento organizzato dall’Associazione Gusto Territoriale per promuovere i sapori del territorio a cui Beppe Vessicchio è legato.

Benvenuto Beppe Vessicchio su La Gazzetta dello Spettacolo, il nostro incontro in un momento fondamentalmente dedicato al food, ma sono certo che non è lontano dai suoi schemi. Secondo lei come si incrociano arte culinaria e arte musicale?

Il Maestro Beppe Vessicchio con gli chef di Gusto Territoriale

Grazie a voi per l’ospitalità. Le due cose si combinano perfettamente e possiamo partire già dalla parola e dal linguaggio. Siamo in una terra speciale e quando si mangia (e a Napoli si mangia bene, è risaputo), il riscontro è facile perché quando “incontriamo” una cosa buona, quale aggettivo diamo? “E’ una sinfonia di sapori”, “Questo cibo è pura melodia”, e questo ci fa capire che musica e cibo vanno a braccetto da sempre. La musica è connaturata in noi e diventa un metro per gestire le cose belle che ci circondano.

Come dicevamo, siamo in Campania e la musica napoletana sta diventando sempre più estensione popolare della musica italiana, quasi a parità di contenuti diffusi sulla rete musicale in un solo binario continuativo.

Diciamo che la Campania ha sempre avuto dei primati, tranne nei momenti in cui il rap dilagava e si sentivano spesso dei rapper napoletani pronunciare “la nostra lingua” come i milanesi. Oggi abbiamo una linea di musica contemporanea che nasce made in Naples, ma diventa Made in Italy. L’abbiamo visto all’ultimo Festival di Sanremo che poi può piacere o meno, ma dimostra le sue capacità che possono piacere o non piacere. Personalmente ne sono orgoglioso.

Facciamo un salto nel passato: 1976-1979 esperienza televisiva da palco con “I Trettré“. Un ruolo diverso per lei?

La mia voglia di fare musica non si fermava davanti a nulla e quando mi proposero di suonare le parti vocali di un gruppo di cabaret, accettai perché per me era un’esperienza da fare. La cosa si è protratta, un membro si ammalò ed io dovetti sostituirlo perché ero l’unico che sapeva a memoria il copione e non era possibile in poche ore sostituirlo e mi ritrovai a fare l’attore. Da li scoprimmo che con una paga in meno si guadagnava di più (ndr ride) e decidemmo di continuare per un po’ in questo modo. Per me è stata una esperienza importante, ma poi ad un certo punto, come fanno gli assistenti familiari, ho dato “i famosi 30 giorni” perché già lavoravo nel mondo professionale della musica e preferivo non condividere il mio tempo con altro. Resta che il momento del cabaret in giro per l’Italia mi è servito perché quando dirigiamo siamo di spalle, in quella circostanza ero fronte pubblico e se oggi ho imparato a parlare con il pubblico pur dirigendo l’orchestra, lo devo a quella esperienza.

Beppe Vessicchio ha delle strade ancora attraversare?

Proprio oggi mi rendo conto che ho un cassetto pieno di sogni, che ogni qualvolta lo apro sento un bisogno biologico di proiettare la vita così avanti che come si dice “voglia di proiettare il cuore oltre l’ostacolo” e la realtà è questa: non mi sento stanco, ad oggi sono solo infastidito dalla burocrazia e delle difficoltà strutturali di sostegno alla Cultura nel nostro Paese, ma alla fine lo lascio alle spalle perché continuo a fare ciò che voglio fare… e sarà così fino alla fine!

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