Un viaggio nei ricordi e soprattutto nel presente, quello compiuto con Fabrizio Crociani. Un presente costruito con determinazione, per l’ex e storico componente della band, I Ragazzi Italiani.
Un uomo deciso, consapevole delle capacità che lo caratterizzano e del percorso scelto, pronto a parlarci di sé e del tempo che fu…
Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo, Fabrizio Crociani. Un tempo sei stato parte integrante di un gruppo musicale amatissimo, I Ragazzi Italiani, ancora oggi osannato. Che ricordo hai di quell’avventura e cosa ti è rimasto particolarmente nel cuore?
L’esperienza vissuta con i ragazzi, di base, al di là del glamour, di cose già viste da parte di tutti. Dal dentro vivi un’esperienza molto forte, davvero importante, in cui fondamentale era anche una semplice sosta all’autogrill, l’unione tra noi. La stessa identica filosofia del momento, per quanto mi riguarda.
Una forte unione, come dicevi, qualcosa che vi tiene legati ancora oggi?
Qualcosa di ritrovato, dopo aver digerito tutte le cose che si sono verificate. È accaduto una decina di anni fa ma è davvero raro che si stia insieme in cinque, anche per andare a mangiare una pizza.
Vi ha richiamati all’appello Fiorello, recentemente, un appello a cui però non avete ‘risposto’. Non televisivamente parlando, almeno…
Non avrebbe avuto senso, benché Fiorello sia il numero uno, presentarsi in tre, nonostante avessimo chiaro cosa fare, eventualmente. Pino non era disponibile in quel periodo, Alessandro non era raggiungibile, abbiamo preferito evitare e, lì dove possibile, pensare di fissare una futura data per tutti coloro che ci hanno amato, come è giusto che sia. Lo ringraziamo, intanto, e per il futuro, chissà…
Guardando sempre al passato, come hai vissuto il successo, la notorietà che ne è conseguita?
Ho pensato a fare il padre di famiglia e questo proprio mentre mi esibivo con la band ed ero ormai famoso. Lavoravo già in una struttura, pensavo al futuro. Nel 1998 mi fidanzavo, nel 1999 convivevo e l’anno dopo avevo già famiglia… ti dirò, siamo stati tutti molto coraggiosi ad abbandonare qualcosa che nessuno avrebbe mai lasciato.
Personalità forti, le vostre, con delle idee ben chiare da seguire, al di là dell’addio alle scene…
Un’ipocrisia nel non vedere ciò che oggi, invece, viene esaltato anche a causa dei social ma poi, al di là di tutto, conta l’atto pratico, cosa fai nella vita. Un discorso che vale, in particolar modo, per te stesso, non per gli altri.
Esploriamo il tuo attuale vissuto, ciò di cui ti occupi da sempre e con passione…
Provengo dal settore alberghiero, lo stesso che a diciotto anni mi ha permesso di affacciarmi ad alcune società di catering per cui organizzo, da tempo, sopralluoghi per eventi, ristorazione, intrattenimento, qualcosa che mi avvicina ancora al mondo della musica. Volevo stare in mezzo alla gente, questo il mio desiderio primario, pensando di poter viaggiare, cosa poi fatta attraverso la musica, senza mollare, però, questa reale passione. Dopo I Ragazzi Italiani mi sono trasferito al lago di Albano, dove precedentemente mi sono sposato, servendo aerei privati di ogni genere, per ben quindici anni. Motivo per cui ho ritrovato artisti di ogni genere. Ti basti dire che Gianni Morandi, conosciuto ancor più grazie anche all’amicizia con suo figlio Marco per via della Nazionale Cantanti, i primi tempi si chiedeva cosa ci facessi in quel ruolo. Anche per loro era assurdo ritrovare uno di noi, me in quel caso, in altre vesti. Cosa faccio, quindi? Sono un food and beverage e insegno anche nelle scuole di Don Bosco. Ho la mia partita iva e lavoro con tutti.
Fabrizio Crociani, come vivi, invece, il rapporto con i social, qualcosa che ai tempi della band non aveva motivo di essere?
Per come li utilizzo li ringrazio, perché mi servono per lavorare. Non ne faccio un grande uso personale. Dall’analogico al digitale c’è stata una trasmutazione umana e molte cose sono peggiorate. L’assetto sociale ci mette in ansia, ci aiuta poco. Siamo ancora in una fase di evoluzione, si, ma abbiamo perso il senso logico, un contatto reale, cosa di cui ci siamo accorti durante la pandemia in particolar modo.
Non hai mai lasciato la tua città, la tua Roma, i Castelli Romani?
Mia mamma ha origini mugellane, proviene dalla famiglia dei Medici. Ho lasciato Roma ma quando capita di andarci mi rende felice perché lo faccio per scelta.
Quali consigli provi a dare a tua figlia affinché viva la sua vita, il suo futuro, nel migliore dei modi?
Quando si parla dell’essere padre si toccano sempre corde importanti. L’unico consiglio, forse, può essere soltanto quello di scegliere le cose che la fanno stare bene, le persone che la fanno stare bene e i luoghi che la fanno stare bene.
Hai qualche rimpianto legato alla tua vita?
Nel privato no. L’unico rimpianto, forse, potrebbe essere legato al gioco del calcio, un divertimento, qualcosa che mi riusciva bene. Ciò che è diventato ora non mi piace, è ormai un imbuto in cui si riciclano soldi ma doveva restare un gioco. Potrei dirti lo stesso del mondo della musica… Sono le esperienze che fai che contano di più nel proprio percorso, al di là del risultato. Di bastonate ne ho prese tante ma a scalfirmi è stato sempre altro, qualcosa di invisibile, delle piccole cicatrici. Sono sempre stato così, ho imbruttito, ad esempio, Costanzo perché non condividevo le sue ospitate, il modo in cui ci trattava. Poi magari ci piangevo su perché ero ‘piccolo’ e avevo affrontato un colosso. Mi ha formato il carattere, mi ha arricchito, ad esempio, la tournée con Lucio Dalla, ho incontrato una luce, qualcosa che mi ha davvero reso tantissimo a livello umano, non a livello economico. Nasco ‘complottista’, una parola che ho sempre amato (ride). Ho sempre cercato la verità in ogni cosa che mi è stata raccontata, al di là di ciò che mi veniva detto. Cos’era? La curiosità, null’altro. Quindi no, non ho rimpianti.
I giovani di oggi non hanno la stessa positività o certezza nell’affrontare la vita…
No, perché c’è un cambio epocale, non genetico, ma consapevole. Viviamo un pianeta stanco, ma stanco di noi, dei nostri errori, con una partecipazione molto fittizia al voto, unica cosa ‘utile’ al cambiamento.
Il pezzo forte di Fabrizio Crociani?
L’empatia! Spesso mi ritrovo ad anticipare qualcosa per far star bene gli altri. Come fosse un dovere, una necessità. Chiacchiero con la gente, al di là di una semplice intervista o meno. Risponderei le stesse identiche cose, in ogni occasione.