In scena al Teatro Troisi di Napoli, lo spettacolo dal titolo Salone Margherita, scritto e diretto da Angelo Rojo Mirisciotti.
Da Totò a Raffaele Viviani passando per il bomber Attila Sallustro, per raccontare la Napoli del Ventennio fascista attraverso il varietà. Venerdì 20 maggio alle 20,30 debutta al teatro Troisi (Via Leopardi 192, Napoli) lo spettacolo “Salone Margherita”, scritto e diretto da Angelo Rojo Mirisciotti. Repliche anche sabato 21 (ore 20,30) e domenica 22 maggio (ore 18,30).
La pièce è ambientata nel 1929, periodo di declino del Salone Margherita, inaugurato nel 1890 dai fratelli Marino, ma che restava un luogo dove si cantava, si ballava, e si rideva. Fuori l’attualità è tutt’altro che felice, a partire dall’eruzione del Vesuvio che dal 3 giugno 1929 e per oltre due settimane devastò alcuni Comuni della cintura vesuviana.
Poi, lontana ma ben risentita, la Grande Crisi di Wall Street che vide il crollo della economia americana e con essa il Proibizionismo con i suoi corollari di violenza, il gangsterimo e la criminalità politica e spicciola. E infine, la seconda ondata di emigrazione massiccia di tanti italiani diretti verso Australia, Stati Uniti, Canada e America del Sud.
In scena un nutrito cast di artisti come Ermete Ercolano, Roberta Nasti, Peppe Boccia, Umberto De Prete, Elena Luciano, Noemi Giangrande, Marco Ferrante, Anna Damasco, Francesco Pezzella e la partecipazione straordinaria di Alessia Moio, Luciano Salvetti e Rosario Sannino. Gli attori vestiranno tra gli altri i panni anche di Pupella Maggio, di Armando Gill, di Lucy D’Albert, di Liliana Castagnola per elencarne solo alcuni.
Sul palco si alternerà con essi anche il corpo di ballo con sette elementi della Adrien Agency, coreografate da Federica Spina e una band dal vivo capitanata dal pianoforte di Luca Mennella. Scene di Massimo Malavolta, di Susy Garofalo i costumi.
Le dichiarazioni
“Questa stesura teatrale è dedicata ai giovani che, per colpa di una Scuola a volte ignava e di contemporanei media spesso disattenti, nulla o quasi sanno della nostra tradizione artistica di quel periodo oramai lontano e che potrebbero, eventualmente incuriositi da quest’opera, andare alla ricerca del tempo e delle radici perdute”, ha spiegato Angelo Rojo Mirisciotti .