La scrittrice Manuela Chiarottino
La scrittrice Manuela Chiarottino. Foto fornita dall'intervistata

Manuela Chiarottino, la scrittrice poliedrica che ci insegna l’amore

La scrittrice piemontese Manuela Chiarottino, vincitrice del concorso Verbania for Women 2019 e del premio Fondazione Marazza per la narrativa per l’infanzia e autrice di numerose pubblicazioni.

La scrittrice Manuela Chiarottino
La scrittrice Manuela Chiarottino. Foto fornita dall’intervistata

Tra le su pubblicazioni La locanda sul porto (Triskell, 2019), La custode della seta (Buendia Books, 2019), Tutti i colori di Byron (Buendia Books, 2018, vincitore del concorso “Barbera da… leggere”), Bea la gatta investigatrice (Self, 2019), Il gioco dei desideri (Amarganta, 2018), Maga per caso (Le Mezzelane, 2018), La rosa del deserto (Triskell, 2018), Sex toys e mucho amor (Self, 2017), Un amore a cinque stelle (Triskell, 2016,vincitore del concorso “Fiori di acciaio”), Cuori al galoppo (Rizzoli 2016), Due passi avanti un passo indietro (Amarganta, 2016), Il mio perfetto vestito portafortuna (La Corte, 2016), Ancora prima di incontrarti (Rizzoli, 2015), è uscita sul mercato editoriale pochi giorni fa con il suo ultimo romanzo dal titolo “La bambina che annusava i libri”.

Una passione per la scrittura, Manuela, che è nata con te o che è arrivata con il tempo?

Fin da bambina adoravo leggere e a scuola la prova preferita erano i temi, da ragazza scrivevo dei piccoli racconti ma rimanevano sempre in fondo al cassetto. È stato a un certo punto della vita, in un momento di difficoltà, che ho ripreso la scrittura come mezzo di sfogo e conforto, fino a farlo diventare qualcosa di fondamentale cui non so rinunciare.

Il genere che prediligi come autrice e come lettrice?

Scrivo per lo più storie che parlano di sentimenti, d’amore. Passo da storie leggere, come le commedie romantiche o chick-lit, a storie che trattano argomenti come l’autolesionismo, il trapianto, l’omofobia, la violenza domestica. L’importante, per me, è che ci sia sempre un messaggio positivo, di rinascita e speranza.

Come lettrice amo in particolare Isabel Allende e Joanne Harris, naturalmente Sophie Kinsella per i suoi chick-lit. Leggo però di tutto, tranne forse l’horror. Ultimamente, ad esempio, sono presa dai thriller.

La critica ti è stata fin qui favorevole, tanto che una recensione di una lettrice ti definisce “un’autrice così poliedrica, con storie mai uguali”. Sei concorde nel dire che ciò che metti nero su bianco non è accomunato da un fil rouge?

Se c’è un fil rouge sono i sentimenti, il tentativo di toccare a volte argomenti difficili mantenendo una certa delicatezza, però sì, mi piace cambiare. Dal romance sono sfuggita spesso, passando da un noir erotico a una  storia per bambini. Credo che sia normale avere un genere preferito in cui ci si sente a proprio agio come scrittrice, ma anche abbandonare ogni tanto la confort zone e provare nuove cose è stimolante. In fondo io scrivo storie, è tutto lì, e le storie possono essere diverse tra loro: romantiche, struggenti, frizzanti, intense.

Quanto di autobiografico si trova nei tuoi romanzi?

Credo che inevitabilmente qualcosa ci sia, fosse anche solo un ricordo, un’emozione, un pensiero. Il mio primo romanzo con Rizzoli, ad esempio, “Ancora prima di incontrarti”, nasce da un mio ricordo d’infanzia, che occupa tutto il prologo. Poi la storia ha preso le ali e i personaggi hanno iniziato a vivere di vita propria.

Non sempre i protagonisti delle tue storie sono donne: come fai a entrare nella psicologia maschile?

La prima storia che ho scritto con protagonisti solo maschili mi è venuta di getto, ma quando l’ho presentata alla casa editrice e soprattutto al responsabile della collana, uomo, ero molto preoccupata, lo ammetto. Invece mi hanno fatto i complimenti per essermi bene immedesimata nella psicologia dei personaggi. Credo che in fondo i sentimenti, la crescita interiore, la ricerca della propria consapevolezza, sia uguale per entrambi. Aiuta poi osservare le persone, leggere altre storie simili, parlare con gli altri.

Quando inizi con una nuova stesura conosci già l’evoluzione dei tuoi personaggi o lasci che si dipani da sé, senza forzature, pagina dopo pagina?

Non sono molto disciplinata, lo ammetto. Stilo una scaletta iniziale, con alcuni tratti dei personaggi, ma il più delle volte si evolvono in modo imprevedibile ed è bello così.

Ti definisci “una persona dalla duplice personalità”, perché?

Perché scrivo sia storie drammatiche, struggenti, che storie assolutamente divertenti. Sono stata “accusata” da alcune lettrici di averle fatte piangere e da altre di averle fatte ridere, per fortuna non con lo stesso romanzo.

Veniamo al tuo ultimo romanzo, “La bambina che annusava i libri” in cui racconti la storia di Stella, cresciuta in una famiglia di antichi stampatori e per la quale i libri sono come degli amici, tanto che li sa distinguere dall’odore e dalla grana delle pagine. La sua vita subisce un brusco cambiamento, che cosa le succede?

La vita tranquilla di Stella subisce un profondo cambiamento quando riceve in eredità dal nonno un libro antico e una strana lettera, dove si parla di una collezione di volumi preziosi, nascosti in un luogo segreto. L’enigma è racchiuso in un ex-libris e Stella dovrà risolverlo per ritrovarli e salvare così anche la sua libreria. La rivoluzione non sarà solo esteriore, ma anche e soprattutto interiore.

Perché hai deciso di ambientare il romanzo in Toscana?

Ambientarlo in Piemonte, nella Torino magica, luoghi a me vicini che conosco bene, sarebbe stato più facile, ma era una cosa che avevo già fatto in altre storie e, appunto, forse troppo facile. Volevo un’ambientazione nuova e la Toscana, Firenze, San Gimignano (presenti tra gli altri nella storia), sono luoghi che ho visitato nel passato e mi sono rimasti nel cuore. L’idea di questa piccola libreria nel cuore di Firenze, poi, mi sembrava l’ideale. Certo ho dovuto fare molte più ricerche, ma è un lato della scrittura che amo.

Stella è forse Manuela da piccola?

Per molte cose sì: l’amore per la lettura, i libri, un rapporto speciale con il nonno.

Che messaggio vorresti dare ai tuoi lettori con questo romanzo?

Volevo parlare dell’amore per i libri, di come sia bello a volte assaporare una storia con calma, annusando quasi le pagine, cogliendo sfumature, profumi. Lo so che ormai quasi tutti usiamo il kindle, ma in ogni caso l’importante è lasciarsi andare alle emozioni e non dimenticare che c’è una storia dietro ogni oggetto, anche un semplice libro di carta. Ho voluto incuriosire parlando di fore-edge painting, ex libris e ho scoperto che molti non ne avevano mai sentito parlare. La ricerca di Stella, poi, non è solo un modo per giocare con aneddoti storici e mantenere una certa suspence, ma rappresenta anche una ricerca interiore, anche attraverso i ricordi della propria infanzia, che sono sempre un bene prezioso.

So, infine, che hai già in cantiere una nuova opera, ci accenni qualcosa senza svelare troppo?

Si tratta di una storia del tutto diversa e impegnativa, che dovrebbe uscire a febbraio, cui tengo davvero molto. Qui cambio ancora, non solo perché si tratta di narrativa, ma per gli argomenti trattati. Si basa sull’amicizia tra due donne, un’anziana donna cinese e una giovane donna italiana, spinta dalla madre a fare la modella. All’apparenza non hanno niente in comune, nelle realtà entrambe hanno superato un profondo dolore. La prima è una delle ultime donne ad aver subito la fasciatura dei piedi e la seconda un’operazione al seno che le ha cambiato la vita. Volevo parlare di come la donna venga troppo spesso giudicata per il suo aspetto e, soprattutto, di come lei stessa finisca per sentirsi realizzata solo se risponde a uno stereotipo di bellezza femminile. Volevo parlare di come le donne siano in fondo accomunate dalla capacità di riemergere dal dolore e costruire una nuova vita.

Su Francesca Ghezzani

Giornalista, addetto stampa, autrice e conduttrice di programmi televisivi e radiofonici. In passato ha collaborato con istituti in qualità di docente di comunicazione ed eventi.

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