Gianluca Pirozzi. Foto da Ufficio Stampa
Gianluca Pirozzi. Foto da Ufficio Stampa

L’esergo di Gianluca Pirozzi

Presso la sede della Fondazione Humaniter di piazza Vanvitelli,a Napoli, c’è stata la presentazione del romanzo “Nomi di donna” Edizioni L’Erudita, terzo libro di Gianluca Pirozzi, dopo “Storie liquide” e “Nell’altro”.

I suoi racconti sono stati più volte premiati nell’ambito di rassegne letterarie nazionali e pubblicati in antologie e raccolte narrative. Siedono al tavolo della presentazione, in una sala piena, Franco Lista intellettuale, Maria Rosaria Riccio psicoterapeuta, Sergio Zazzera già magistrato e giornalista – scrittore, Clementina Gily docente di Estetica – Università Federico II; a moderare, il critico d’arte Maurizio Vitiello. Vi racconto un po’ Gianluca Pirozzi con questa intervista  fuori opera.

Gianluca Pirozzi. Foto da Ufficio Stampa
Gianluca Pirozzi. Foto da Ufficio Stampa

Gianluca Pirozzi che bambino sei stato?

Ho un ricordo di me come di un bambino molto felice… almeno fino all’età di 10 anni; dopo, forse è sopraggiunto un periodo un po’ più buio, segnato da una maggiore introspezione: non è un caso che faccia coincidere l’inizio di tale fase con la scomparsa di mia nonna con cui fino ai dieci anni ho vissuto.

Quanto di quel bambino è ancora con te?

Non saprei dirlo e non credo tocchi a me dirlo, certo è che riguardando le foto di quegli anni dopo chissà quanto tempo da quando ho sfogliato l’ultima volta gli album familiari, mi accorgo che molto poco è cambiato in quel bambino: banalmente c’era già tutto di questo che c’è oggi!

Sei nato e cresciuto in una famiglia di artisti, quali condizionamenti nelle tue scelte di vita?

Dico sempre c’è stata troppa arte nella mia infanzia perché io potessi fare l’artista: per lungo tempo, al di là della creatività e della libertà di espressione che anch’io ho praticato, ho finito però con l’associare all’arte anche una certa dose di sofferenza e d’incertezza ed è per questo, forse, che ad una vita “fatta d’aria” – come ritenevo potesse esser anche per me quella d’artista – ho preferito praticare una certa lontananza e ricercare un lavoro che fosse più “concreto”… però, a conti fatti, credo di non essermene mai staccato – dall’arte intendo – e dai suoi continui insegnamenti e stimoli. Eppoi, per me l’idea di fuga è sempre stata legata a quella delle origini. Penso che devi conoscere ciò da cui stai scappando per poter raccogliere la forza necessaria ad allontanarti.

Non è un caso che ci siano un sacco di partenze in quello che scrivo: io per molti anni non ho fatto altro che partire ma nella vita – e non solo nell’arte, nella scrittura – si resta spesso fedeli a un senso di perdita e manchevolezza. Lasciare un posto, infatti, significa tanto superarlo quanto perderlo. Perciò, non considero problematica la coesistenza tra memoria e l’impulso di andarsene: il difficile sta nel tenere duro e guardare avanti una volta che si è partiti. Credo di avere una memoria molto lunga e di esser interessato a ciò che mi è stato intorno… spesso, mi ritrovo a passare il tempo guardandomi indietro, non semplicemente con un senso di perdita e nostalgia, ma con la determinazione di capire in questo modo il mio presente e il mio futuro. Passando tutto questo tempo a metà strada tra la memoria e l’osservazione di ciò che mi accade, spero non di liberarmi dal passato ma di riconoscerne la necessaria armonia con il mio presente.

Quali i tuoi studi Gianluca Pirozzi?

Mi sono laureato in Scienze Politiche, ho poi conseguito tre specializzazioni in relazioni internazionali e management pubblico.

Hai vissuto in luoghi diversi per usi e costumi, oggi dove vorresti vivere?

Mi piacerebbe trascorrere ancora un periodo della mia vita in India – amo molto il Kerala, nell’India del Sud, così come mi affascina l’idea di poter un giorno andare ad abitare per un po’ in Canada (ho l’idea che Vancouver sia una città meravigliosa), ma adesso vivere in Italia è fondamentale per le mie necessità familiari.

Come nasce il tuo desiderio di scrivere e perché?

Ci sono stati momenti alterni. Io non credo a chi dice che nella vita passi un solo treno, le vite sono un po’ tutte a spirale, ci si avvicina e ci si allontana dalle cose. Poi, a volte, la vita ti porta a percorrere altre strade… in realtà, ho cominciato a scrivere che ero molto giovane, ho poi trovato il coraggio di farlo più sistematicamente solo molto più tardi.

Nel tuo terzo romanzo ” Nomi di donna ” sembra che tu sviluppi sensazioni via, via annotate. E’ così?

Credo sia inevitabile il legame tra la vita dell’autore e quella dei personaggi di cui scrive. Tuttavia, oltre all’inevitabile processo di attingere al proprio vissuto, vorrei anche dire che credo che i personaggi d’un libro prendano inevitabilmente le proprie sembianze. Emergono, cioè, spontaneamente come fiori di campo quando si è in grado di guardarsi allo specchio, di analizzare parti di sè rimosse o a lungo appesantite dal giudizio, quando si è capaci di ripensare ad esperienze che sono in qualche modo sopravvissute al semplice ricordo. Quel che accade è che i personaggi di fantasia che covano in noi si rivelano più tardi, quando si è comprende a fondo la loro natura reale, il vissuto (proprio) che è rifluito in loro. Da quel momento, non ti sfugge (quasi) più nulla, non hai più di che accusarli o di che vergognarti. Li accetti, ti accetti e sei, infine, pronto alla scrittura. Ecco, Giovanna, Stella, Monica, Edda, Clara, Fabiana e tutte le altre donne raccontate in Nomi di donna sono nate così.

A proposito di tempo, cosa è il tempo per Gianluca Pirozzi?

Credo di aver risposto adesso anche a questa domanda bella e difficile. Ripeto quel che accade a me è che i personaggi di fantasia che covano in noi si rivelano più tardi, quando si è comprende a fondo la loro natura reale, il vissuto (proprio) che è rifluito in loro: questo è il tempo.

Nomi di donna lo hai dedicato a tua sorella Francesca, cosa rappresenta per te?

Una legame essenziale di costante e mutuo sostegno.

Vivi lontano dalla città in cui sei nato. Cosa hai portato di Napoli con te?

Non lo so e credo non tocchi a me dirlo, poi in realtà sono solo al cinquanta per cento napoletano, l’altra metà che sento a volte albergare altrettanto indistintamente in me è, per parte di madre, torinese… spero che di Napoli sia rimasto un certo modo di guardare le cose (e l’ironia che spesso è necessaria), di dare luce alle cose, anche a quelle più intime, unite alla consapevolezza di avere radici profondissime.

Tre concetti: entusiasmo- passione- trasgressione

Non saprei rispondere ma mi piace ciò che ha scritto al riguardo lo scrittore e filosofo Robert Pirsig, morto circa un anno fa e che reca in sé anche il concetto di passione e, in qualche misura, quello di trasgressione: “L’entusiasmo è il carburante mentale che manda avanti tutto”, scrive Robert Pirsing in un passaggio del suo libro Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta, che è soprattutto “la manutenzione” dell’intera esistenza umana. Dice in proposito lo scrittore – e vale senz’altro anche per me: “Se non ce l’avete, non c’è assolutamente modo di aggiustare quella motocicletta. Se invece ce l’avete e sapete come mantenerlo, non c’è assolutamente niente al mondo che vi impedirà di aggiustarla”. Aggiungo che per aggiustarla – la motocicletta/esistenza – a volte è necessario trasgredire, andare contro i freni della morale comune o del giudizio altrui.

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