Anna Safroncik
Anna Safroncik

Anna Safroncik: una commedia romantica, un ruolo che ho amato molto

Il film Il cacio con le pere, vedrà l’attrice Anna Safroncik, da sempre amatissima dal pubblico, alle prese con una nuova avventura cinematografica, per la regia di Luca Calvani.

Un film allegro ed un ruolo che Anna ha apprezzato molto, caratterizzato da un cast che ha contribuito a rendere il tutto ancora più caratteristico, insieme alla sua amata Toscana. Una donna molto forte, Anna Safroncik, che sa bene cosa vuole e spera che la guerra oggi in atto, che purtroppo tocca la sua terra, possa presto cessare.

Ben ritrovata su La Gazzetta dello Spettacolo, Anna Safroncik. “Il cacio con le pere”, ad opera di Luca Calvani, ti vedrà presto protagonista al cinema nel ruolo di Sofia. Ti andrebbe di raccontarci qualcosa in più sul tuo personaggio?

Si tratta di un personaggio davvero brillante. Una scrittrice di viaggi, una ragazza che ha girato il mondo in lungo e in largo, e che fa poi rientro nel paesino in cui è cresciuta e ritrova, così, i due fratelli. Con uno dei due, a suo tempo, ebbe una storia e, durante questo rientro, scopre che a scriverle, negli anni a seguire, non era il fratello che pensava, bensì l’altro. Una piccola storia alla Cyrano De Bergerac, molto carina. Un qualcosa che prenderà poi una piega differente e che regalerà tanti sorrisi, forti emozioni, in una location bellissima come solo la Toscana sa essere.

Il set, si sa, spesso per voi attori diventa “famiglia”, per quel lasso di tempo in cui si ha modo di poter collaborare. Come hai vissuto, dunque, questo periodo insieme a Luca Calvani, Francesco Ciampi, la Di Cioccio e tutti gli altri partecipanti al film?

Si è trattato di una famiglia fantastica in cui non vi era competizione alcuna, specie tra noi donne. Abbiamo vissuto quel periodo in completa allegria, con unione, complicità, simpatia. Ci siamo divertiti a girare, a creare le scene, a ritrovarci, come sta capitando adesso, in questo periodo di promozione. È davvero un piacere poter stare insieme.

Anna Safroncik con Elena Di Cioccio in una scena di Il cacio con le pere
Anna Safroncik con Elena Di Cioccio in una scena di Il cacio con le pere

Quanta gioia c’è, specie dopo una pandemia così inaspettata, nell’avere la possibilità di poter ritornare al cinema e ritrovare il pubblico, l’applauso delle persone in sala?

Sono felice di poter mostrare al pubblico un personaggio leggero, in una commedia romantica. Mi sono stati spesso affidati ruoli drammatici, che comunque amo interpretare, ma avere la possibilità di vestire dei panni leggeri, spensierati, mi regala comunque gioia. Sono, difatti, in preparazione altri ruoli del genere, proprio perché amo mostrarmi così. Mi sono trovata benissimo. Ti dirò, inoltre, che avere il pubblico presente, lì pronto a guardare il risultato di un lavoro, è qualcosa di bellissimo, che ci era davvero mancato.

“Il cacio con le pere” è ambientato nella tua amata Toscana, la terra che ti ha accolta anni fa e in cui è presente anche la Chapkis Dance Italy. Quali sensazioni sono legate, dunque, alla Toscana, alla scuola istituita dalla tua famiglia?

I ricordi sono tantissimi, ovviamente, e sempre attuali, ad ogni modo. Torno spesso ad Arezzo dalla mia famiglia. Mia mamma non insegna soltanto a ballare, bensì insegna anche a potersi muovere sul palco, diventandone parte integrante. Devo a lei tutto ciò che è di mia competenza. Arezzo è la mia terra, un cardine indissolubile. Il film, come dicevamo, è stato realizzato in Toscana, quindi non poteva che essere divertentissimo.

Se di famiglia si parla, concedimi di chiederti del tuo papà, del conflitto in Ucraina, delle tue emozioni a riguardo?

La situazione è, come sappiamo, molto difficile. La guerra dura da un anno, ormai, e non vi è cambiamento alcuno, anzi, continua ad esserci una continua richiesta di armi. Non si vede alcuna fine legata a questo conflitto e ciò mi rende triste. Mio padre è tornato in Ucraina perché non voleva vivere più da profugo. Ha preferito tornare nella sua città, nella sua casa, piuttosto che godere della mia ospitalità, anche perché non parlando la lingua faticava a sentirsi parte integrante dell’Italia. Preferisce vivere la sua vita prendendosi la responsabilità di ciò che ne sarà, felice di poter essere con la sua gente, al loro fianco. Puoi dunque capire che le mie giornate sono caratterizzate da una forte preoccupazione, ma bisogna continuare a vivere, a lavorare.

Nel tuo percorso artistico vi sono tanti ruoli di spicco che hanno contribuito a regalarti popolarità. Tra tutti spunta l’Aurora interpretata ne “Le tre rose di Eva”. Quanto c’era di te in lei e quali emozioni, consensi, raccogli ancora oggi da parte del pubblico per quel ruolo così ben riuscito?

Ancora oggi mi viene chiesto di dare un seguito all’ultima stagione de “Le Tre Rose di Eva”, proprio perché è stata una serie molto amata. A tutti noi è dispiaciuta questa chiusura, la decisione di non proseguire. Aurora ha lasciato un bellissimo ricordo e, ti dirò, stiamo riscrivendo un personaggio simile che possa nuovamente rapire i cuori degli italiani, e non solo, dal momento in cui esistono le piattaforme. Quel personaggio mi ha reso possibile poter conoscere il calore del pubblico, tutto il loro affetto, cosa che sento ancora adesso. Dunque, ben presto, potremo proporvi una quasi Aurora, o comunque un ruolo molto simile che piacerà di certo alle persone.

Che ricordo hai, invece, di Anna Baldi, interpretata per anni in “CentoVetrine”, e tra i primi personaggi ad averti reso popolare?

Ho il ricordo di una me ragazzina, di una Anna ventenne. Si, si tratta del primo personaggio che mi ha regalato popolarità. Sono passata dall’essere completamente sconosciuta all’essere invece vista da sei milioni di persone, tutti i giorni. È stato come diventare un’amica per i telespettatori perché, ancora oggi, mi fermano per un saluto, proprio perché ricordano che sono stata nelle loro case quotidianamente. È bello, appagante, quando il pubblico ti riconosce e ti permette, di conseguenza, di sentirti parte integrante di un paese. Mi sento italiana quanto ucraina. Sogno in italiano, dunque sono parte di voi, da sempre.

Anna Safroncik. Foto di Serena Gallorini
Anna Safroncik. Foto di Serena Gallorini

Cosa sognava Anna Safroncik da ragazza e quanto è riuscita a concretizzare nel suo percorso artistico?

Purtroppo ho sempre avuto poco tempo, poca scelta nel sognare. Sono cresciuta velocemente e già lavoravo con la mia famiglia, in teatro, a soli undici anni, quando arrivammo in Italia. Ho dovuto, dunque, provvedere al mio mantenimento da sola, ed ancora oggi aiuto la mia famiglia in Ucraina. Sono fortunata perché la mia professione corrisponde alla mia passione e per questo devo grazie ai miei genitori. Sono stati loro a darmi un mestiere, un’idea di ciò che era il palcoscenico, la recitazione. Ho avuto tanto da fare e non conosco altro modo di vivere che questo. Oggi, senza alcun dubbio, sento di essere felice di poter essere tornata a pieno ritmo. Mi è mancato tanto il lavoro e sapere di poterlo ancora fare, attraverso nuovi personaggi, nuove storie, è davvero importante.

Ecco, per l’appunto, quali consapevolezze ti ha regalato la pandemia, il lockdown “recentemente” vissuto?

Ci ha reso ancora più consapevoli di quanto sia importante lavorare, avere una propria individualità. Il tutto è accaduto in un periodo di stanchezza, in cui sentivo la necessità di riposare, cosa che non accadeva da tempo. Al contempo, fermarsi, mi ha reso ancor più consapevole di quanto sia importante, per me, essere in continuo movimento, impegnata nella mia professione.

C’è qualcosa che non sei ancora riuscita a realizzare, a portare a termine Anna Safroncik?

La commedia appena interpretata, “Il cacio con le pere”, mi ha reso ancora più consapevole del fatto che vorrei continuare a dedicarmi anche alla commedia, all’aspetto romantico, senza accantonare tutti gli altri ruoli. Era una parte di vita che mi mancava e, finalmente, l’occasione è arrivata proprio con “Il cacio con le pere”.

Anna Safroncik, c’è un messaggio che vorresti lanciare vista la guerra ancora oggi in atto?

Più che un messaggio vorrei poter lanciare una preghiera. La preghiera che questa guerra possa finire al più presto. Purtroppo, gli interessi economici dei pochi fanno morire i tanti. Pablo Neruda, anni addietro, ha detto che la guerra è fatta da persone che non si conoscono e si uccidono, per persone che si conoscono ma non si uccidono. Ecco, credo sia questo il resoconto di questa guerra. Il massacro di una guerra fratricida tra due popoli che erano davvero fraterni. Spero termini al più presto perché continuano a soffrire persone appartenenti sia ad un paese che all’altro.

Su Alessia Giallonardo

Nasco a Benevento, nel 1986. testarda a più non posso, perché Toro. Amo la fotografia sin da quando ero piccola e devo questa passione a mio padre. Stesso discorso per la scrittura, per ogni singola sfumatura di un racconto, di un vissuto, di uno storico incontro.

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