Anna Safroncik
Anna Safroncik

Anna Safroncik: continuo a pregare affinché ci sia pace

In occasione del documentarioL’Arte della Guerra, proposto a breve su Rai 3 da Rai Documentari e ad opera di Tiziana Lupi e Marco Spagnoli, abbiamo avuto modo di incontrare l’attrice Anna Safroncik, da sempre al fianco della sua Kiev, del suo amato popolo, della sua arte.

Un incontro accorato e molto piacevole, quello vissuto con la Safroncik, che ci auguriamo possa portare ad una pace, alla fine di una insensata e ingiusta guerra.

Benvenuta su La Gazzetta dello Spettacolo, Anna Safroncik. Una messa in onda importante, questa sera, con “L’Arte della Guerra”, che verrà trasmesso su Rai3, alle 21.30. Un anno fa, purtroppo, tutto ebbe inizio e l’Ucraina, ancora oggi, ne paga le conseguenze. Quali sono, ad oggi, le tue sensazioni a riguardo?

Si parla tantissimo di armi, di strategie e sempre meno di pace, purtroppo, ad un anno da questa guerra. In un panorama così terribile, ci rendiamo ormai conto che questa guerra è diventata mondiale e, a definirla tale, è stato lo stesso Papa Francesco. Non ci sono più né buoni né cattivi, ma soltanto una guerra globale. A mio avviso tutto ciò è allucinante, a confronto anche di tutte le vittime stimate, 280.000 circa, e il fronte che ha subito di più, è proprio quello legato alla Russia. Una guerra, dunque, a mio parere insensata, fratricida. Detto ciò, sono davvero molto accorata sul tema perché è vero che mi ritengo italiana, perché vivo qui, ma sono anche Ucraina. Mio padre è nuovamente a Kiev, sul territorio, ed è tornato, dopo essere stato con me per qualche mese, perché sentiva il bisogno di sentirsi uomo e non un fuggitivo di guerra. In tanti, come lui, hanno deciso di lasciare i propri luoghi di salvezza per tornare nelle loro case, nella loro città, per sentirsi parte della resistenza. Noi, questa sera, presentiamo un documentario che parla della salvaguardia dei beni culturali. Parliamo di tutte quelle persone che amiamo definire eroi perché hanno perso la vita, o comunque rischiato, per salvare non solo vite umane ma anche l’arte, l’identità di un popolo. L’arte, la cultura, rappresentano l’anima, la vera essenza, ed anche il futuro. Ogni invasore, da sempre, ha purtroppo prediletto, con forza, di voler distruggere l’arte di un popolo, la sua ricchezza, proprio per cancellarne ogni traccia. Quello che vogliamo raccontare, all’interno del nostro documentario, è quanto l’arte debba essere difesa insieme a tutto il resto per poter salvare lo spirito di un determinato popolo. Tiziana Lupi e Marco Spagnoli hanno fatto un ottimo lavoro. Hanno raccontato del gemellaggio che l’Italia ha stretto con l’Ucraina per raccontare, appunto, la salvezza di alcune opere d’arte che sono state messe in salvo durante le prime settimane del conflitto.

Anna, quale messaggio vorresti poter lanciare ai tuoi cari, a tutti coloro che sono ancora lì, intrappolati in questa ingiusta, folle, guerra?

Non vi è, purtroppo, un messaggio vero è proprio. Sono dell’idea che non ci si debba assuefare alla semplice informazione, al sentir parlare di una guerra e basta. Personalmente vivo una preoccupazione quotidiana legata al non sapere come andrà a finire tutto questo, così come l’avere un padre tutti i giorni sotto continui attacchi legati a bombe che possano esplodere o meno nelle sue vicinanze. È difficile vivere tutto ciò, difficile per loro che sono lì e per noi che siamo qui e viviamo la paura di vedere la nostra terra soffrire, insieme ai nostri cari connazionali. Ho un lavoro che richiede allegria, presenza e ti dirò che questo è stato molto difficile da far conciliare con l’ansia e la paura. Stiamo affrontando un qualcosa di terrificante che riguarda tutti noi, fondamentalmente.

Anna Safroncik in L'arte della Guerra
Anna Safroncik in L’arte della Guerra

Un anno fa, difatti, sei stata tra le prime a farti portavoce di ciò che stava verificandosi, e per vissuto personale, e per amore della tua Kiev. Immagino, al contempo, che tu sia stata anche un supporto per tutti coloro che, come te, vivono tale dolore. Come hai gestito il tutto?

La mia lotta era primariamente personale, quella che vivevo con me stessa, con la paura che affrontavo nel quotidiano e che vivo ancora oggi. Un po’ come mio papà in Ucraina, ora, che si sveglia ogni mattina con il cuore pieno di speranza, di forza, ed è ciò che ogni giorno mi comunica. Al contempo, da qui, sento di voler comunicare la stessa forza che lui mi trasmette a tutti, ma non è sempre facile. Bisogna poter gestire tutto ciò che accade, nel bene e nel male, portando avanti la propria vita, con il sorriso, anche se si ha una preoccupazione continua.

Anna Safroncik durante le riprese di L'Arte della Guerra
Anna Safroncik durante le riprese di L’Arte della Guerra

Anna Safroncik posso chiederti come possiamo, noi tutti, contribuire ad agevolare umanamente coloro che sono ancora lì?

Ci sono tantissime associazioni che, ancora oggi e grazie a Dio, portano mezzi di sostentamento di ogni genere, medicine e aiuti alla popolazione che soffre, e quindi feriti, malati, dispersi. Io per prima ho creato, voluto, una associazione che si chiama “Uniti per Ucraina”. Si tratta di portare medicine e mezzi di sostentamento primari alle persone ma ho visto che ce ne sono tantissime altre. Un appoggio, ad ogni modo, è fondamentale per poter uscire fuori da una situazione di terribile devastazione.

Sul territorio Ucraino oggi manca tutto: cibo, acqua, riscaldamento, medicine, qualsiasi cosa. Dunque, chi non può porre supporto tramite il denaro di certo potrà agevolare con altri aiuti. Vi sono punti di raccolta in tutta Italia e basta semplicemente digitare su internet per poterli trovare. La solidarietà, l’aiuto che l’Italia ha già dato è stato importantissimo e per questo ringrazio sentitamente tutti. Ci siamo dimostrati sensibili, di cuore, e sono stata più che felice di riscontrare supporto totale dall’Italia. Un altro metodo, ti dirò, potrebbe essere quello di accogliere persone in casa o di fornire loro un lavoro concreto. Sai, all’inizio ci siamo tutti preoccupati di fornire un alloggio, una cosa più che meravigliosa, ma ci siamo poi resi conto che senza lavoro risultava difficile potersi sostentare. Il lavoro, quindi, può essere una grande cosa, sul territorio italiano e, infine, sono sempre dell’idea che pregare possa servire. È ciò che continuo a fare: prego per la pace!

Su Alessia Giallonardo

Nasco a Benevento, nel 1986. testarda a più non posso, perché Toro. Amo la fotografia sin da quando ero piccola e devo questa passione a mio padre. Stesso discorso per la scrittura, per ogni singola sfumatura di un racconto, di un vissuto, di uno storico incontro.

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