Oggi vi vogliamo raccontare di quello che nel periodo più difficile di questo anno sembra essere un momento di evasione e ci spostiamo su due argomenti chiave: il cinema e la letteratura.
L’ultimo film di Enrico Vanzina, “Lockdown all’italiana”, che lo vede esordiente nei panni di regista, è stato accolto in maniera composita. La critica e gli spettatori, come spesso accade, hanno pareri discordanti su questa pellicola uscita nei cinema il 15 ottobre di quest’anno horribilis. Più onestamente, forse si dovrebbe apprezzare l’immediata risposta del mondo del cinema pronto a indicare e registrare le immagini che, seppur acconciate per una sceneggiatura filmica, sono comunque destinate a funzionare come documento storico.
Lockdown all’italiana
Comunque, la trama tratta del periodo che comprende marzo, aprile e maggio 2020. Insomma, la quarantena che, con un guizzo linguistico di internazionalità, è divenuto lockdown. La storia si basa su una domanda che, più o meno scherzosamente, qualcuno si è posto durante il blocco nella propria casa, ovvero: ma quelli che hanno relazioni clandestine, come risolvono la faccenda, visto che il permesso per andare in giro è legato strettamente a problemi eccezionali o a una sortita al supermercato?
Bene, la risposta la si può trovare nel film interpretato da Ezio Greggio nei panni di un avvocato cialtrone e godereccio, Paola Minaccioni che interpreta la figura di una ricca ereditiera; e poi vi è la coppia, calata in ambiti più modesti, interpretata da Martina Stella e Ricky Memphis.
Nemmeno il tempo di un abbraccio
Legato strettamente al tema lockdown, vi è anche la risposta del mondo della letteratura, in questo caso rappresentato dal romanzo, Nemmeno il tempo di un abbraccio (PlanetEdizioni, pag. 235). L’autore è il bolognese Mimmo Parisi. Vale la pena ricordare che, come per il film di Vanzina, anche qui, nel mondo delle parole, è importante che vi siano proposte e tentativi di risposta a quello che indubbiamente è stato vissuto da tutti come un trauma. E i libri possono fare qualcosa.
Heine in un’occasione disse che “dove si bruciano i libri, si finisce per bruciare anche gli uomini”, un parere che la dice lunga sul valore taumaturgico o semplicemente lenitivo di un pensiero fissato su un foglio che, un attimo prima, era desolatamente deserto come le piazze delle città di quei tre tremendi mesi che hanno caratterizzato in maniera triste la primavera targata 2020.