Bianca Nappi, che tutti ricorderete in molte fiction di successo come, “Vivi e lascia vivere” e “Le indagini di Lolita Lobosco”. Bianca ha mosso i suoi passi nell’ambito dello spettacolo sin dalla tenera età.
Benvenuta su La Gazzetta dello Spettacolo a Bianca Nappi. Come stai?
Sto bene! Vivo la realtà che vivono tutti, con la speranza che i vaccini possano aiutarci, in questo periodo ancora legato a così tante complicanze, ad essere un po’ più tranquilli. Ieri, dopo un anno e più, sono riuscita a tornare in scena, a Roma. Ho vissuto una forte emozione, qualcosa di cui sentivo davvero la mancanza.
Attrice, sin dalla giovane età. Quando hai capito di essere sulla strada giusta?
Continuo a chiedermelo ancora, tutti i giorni (ride). Questo mestiere consiste nell’essere sempre pieno di ostacoli, costituito da esperienze sempre diverse e nuove tra loro. Posso dirti che, se essere sulla strada giusta significa trasformare la propria passione in un vero e proprio mestiere, forse con “Mine Vaganti”, nel 2010, ho realizzato ciò. Prima di allora, avevo avuto molte esperienze teatrali e televisive, anche all’estero, ma con quel film ho davvero realizzato di aver raggiunto questa professione.
Tra i tanti registi con cui hai avuto modo di collaborare, vi è uno in particolare a cui devi molto?
Sono sincera, citarne uno solo non sarebbe giusto. Ho appreso tanto da tutte le persone con cui ho avuto modo di collaborare. Ho avuto la fortuna di incontrare registi noti ed altri che lo erano meno. Tutti loro mi hanno portato qualcosa ed hanno quindi reso tanto alla mia persona ed alla mia professione. L’incontro tra attore e regista è, per prima battuta, un incontro umano, ancor prima che professionale. Potrei dirti che si tratta di uno scegliersi a vicenda, ed ho sempre avuto riscontri positivi, pieni di energia, per mia fortuna.
Quanto c’è di Bianca in ogni ruolo interpretato?
Di certo, in ogni ruolo, vige un mio punto di vista sul personaggio. Ne “Le indagini di Lolita Lobosco”, ad esempio, ho dato spazio alla mia ironia, un qualcosa che fa davvero parte della mia persona. Ho portato sul set personaggi distanti anni luce da me, che di mio avevano soltanto la voce, il corpo. Adoro poter spaziare, anche se questo comporta uno stravolgimento della persona, osando in direzioni sempre diverse. Credo sia questa la parte più bella del poter fare l’attore.
Come descriveresti il tuo percorso artistico?
Bella domanda! (sorride) Lo descriverei come un percorso non molto lineare. Ho cominciato a fare l’attrice da ragazza, nella mia Puglia, ma è anche vero che ho dato un reale inizio a questa carriera, in un’età tarda, rispetto ai canoni attuali. Il mio percorso artistico quindi è stato fatto di studio, di tanti insegnanti diversi, di confronto con registi e colleghi, con cui ho avuto il piacere di lavorare, permettendomi di scoprire caratteristiche che non pensavo di avere.
In questo periodo di ripresa, di quasi ritrovata normalità, cosa rappresenta per te questo ritorno in teatro?
Rappresenta di certo una gioia enorme! Si, i teatri sono finalmente aperti, ma la sofferenza vissuta è ancora viva. Di certo ci vorranno degli anni, prima di poter recuperare le perdite realizzate in questi ultimi tempi. Mi ha fatto particolarmente piacere tornare in scena con questo testo perché è pregno di gioia, seppure risulti “cattivo”, in alcuni frangenti. Volevo che il pubblico tornasse ad assaporare un qualcosa di sferzante, che restituisse loro forti emozioni, caratteristiche racchiuse, appunto, in “Care amiche”.
Un colore che possa descrivere il periodo che stai vivendo?
Sicuramente il verde! Un colore che, in questo momento, rappresenta speranza, ottimismo e, al contempo, calma.
Guardiamo al futuro, cosa ti auguri di poter realizzare nei prossimi dieci anni?
Mi auguro di avere la possibilità, la fortuna e la forza di poter andare avanti con maggiore entusiasmo nel lavoro. Spero, inoltre, di poter vivere una vita serena. Un augurio, quest’ultimo, che estendo anche alla mia famiglia e al mondo intero.
Vi è un ruolo che non hai ancora avuto modo di interpretare?
Amo particolarmente il genere noir, che purtroppo in Italia non ha particolare rilevanza. Sin da piccola, ho sempre adorato Hitchcock.
Cosa prevede il tuo futuro artistico?
Questo ambito richiede un lavoro di squadra, per cui, al momento, diviene impossibile dire cosa possa prevedere il mio futuro artistico. Sicuramente, posso dirti che prediligo la qualità alla quantità e spero quindi di poter incontrare presto dei registi di qualità, come è accaduto sino ad oggi, con cui poter approfondire il mio percorso artistico.