Michele Rosiello su La Gazzetta dello Spettacolo
Michele Rosiello su La Gazzetta dello Spettacolo di Novembre.

Michele Rosiello, un attore con i “numeri”

Su La Gazzetta dello Spettacolo di Novembre, il bello per le donne: Michele Rosiello

Incontriamo un giovane protagonista della fiction italiana, interprete di Mario Cantapane (autista di Scianel in Gomorra) o ancora vicequestore Alessandro Ferras de “L’isola di Pietro” con Gianni Morandi, ma prima di tutto: Michele Rosiello, ingegnere napoletano classe 1989, talentuoso attore molto apprezzato.

Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo a Michele Rosiello, ingegnere prima di essere attore o viceversa? Da dove nascono le due passioni?

Scelsi di studiare Ingegneria perché è una facoltà che garantisce ottime possibilità di lavoro ed io, ai tempi del liceo, ero bravo con i numeri. Ma trascorrevo gran parte del tempo con la mia handycam, girando dei video con gli amici che, pian piano, divennero dei veri e propri cortometraggi.. finché un giorno capii che quello, il cinema, non era semplicemente una passione ma ciò che volevo fare nella vita.

Ero al terzo anno di università quando m’iscrissi alla Scuola di Cinema di Napoli Pigrecoemme, che frequentai per un anno. Nel 2011 partecipai al bando per il corso di recitazione della neonata “Scuola d’Arte Cinematografica Gian Maria Volonté” di Roma, le cui selezioni erano curate da Elio Germano, Valerio Mastandrea e Laura Muccino. Eravamo circa 800 per 12 posti e, dopo più fasi di selezione, fui scelto. Dopo due splendidi anni di scuola, durante i quali presi parte a diversi cortometraggi, mi diplomai nel 2013. L’anno successivo ultimai anche gli studi universitari conseguendo la Laurea Magistrale in Ingegneria Gestionale.

Hai interpretato Alessandro Ferras ne L’Isola di Pietro, cosa ti ha lasciato questo personaggio?

Alessandro Ferras è un bel tipo.. vive in barca, è divertente e non si prende mai troppo sul serio. Ci somigliamo per tante cose ed è stato abbastanza naturale entrare nella sua testa. È il vice questore di Carloforte e rappresenta un punto di riferimento per l’intera comunità. Inoltre, ha salvato il fratello da un passato di droga. Perciò mi ha lasciato, innanzitutto, un forte senso di responsabilità.. e poi una gran voglia di vivere in una realtà isolana, fatta di cose semplici, dove per essere felici basta davvero poco.

Al lavoro con un vulcano come Gianni Morandi. Che tipo è? Come si è comportato sul set?

Grazie a mio padre, sono cresciuto ascoltando e amando le canzoni di Gianni.. Mi accompagnava a scuola intonando “In ginocchio da te” e “Non son degno di te”! Ho provato una grande emozione quando l’ho conosciuto e lavorare insieme è stato divertentissimo. Con piacere ascoltavo aneddoti della sua vita e, spesso, sul set ci ritrovavamo a cantare, benché io sia, come dice lui, “l’unico napoletano stonato”! Gianni è così come appare.. un vulcano, una fonte inesauribile di energia che trasmette a tutti quelli che gli sono intorno. Capitava, dopo dieci ore di lavorazione, di tornare tutti insieme a casa in pulmino.. tutti stanchissimi, mentre lui era ancora lì a cantare! Inoltre, devo dire che è un serio professionista anche come attore.. arrivava sul set sempre preparatissimo ed era disponibile con tutti.

Mario Cantapane in Gomorra La serie, cosa ci racconti di questa esperienza?

In Gomorra mi sono davvero reso conto di quella che è l’immensa e meravigliosa “macchina del cinema”. Ho avuto il merito e la fortuna di lavorare con professionisti di primo livello, dalla regia alla fotografia e a tutti gli altri reparti. Inoltre, sono dovuto entrare fisicamente e psicologicamente in una realtà molto lontana dalla mia, una realtà che fino ad allora conoscevo solo attraverso i film e i giornali. Ho provato una forte responsabilità nell’interpretare Mario Cantapane, essendo la sua storia ispirata ad un fatto di cronaca realmente accaduto. È un ragazzo che appartiene al mondo della camorra e che mette a rischio la sua vita per amore. Perciò ho cercato di dargli un’umanità differente da quella degli altri personaggi solitamente raccontati in Gomorra.

Hai preso parte a Che strano chiamarsi Federico!, ultimo film di Ettore Scola. Che esperienza è stata?

Unica. Ho avuto l’onore di debuttare sul grande schermo nell’ultima opera di Scola, presentata alla 70esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Ero Agenore Incrocci, memorabile sceneggiatore, ai più noto per la coppia storica “Age & Scarpelli”. Abbiamo girato al Teatro 5 di Cinecittà, li dove Fellini ha realizzato gran parte dei suoi film, accanto a tanti professionisti “storici”.. dal direttore della fotografia Luciano Tovoli al truccatore Francesco Freda. E poi c’era il maestro, Ettore Scola, un persona piacevole che ci rapiva con i suoi ricordi. Ci raccontò di una serata in cui erano lui, Volonté e Troisi.. si parlava di un film insieme, ma poi non se ne fece più nulla. Peccato!

Che progetti ci sono nel tuo futuro?

Sto valutando un progetto per il cinema, ma non posso ancora raccontare tante cose…

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Su Francesco Russo

Francesco Russo, giornalista e direttore del quotidiano "La Gazzetta dello Spettacolo", comunicatore digitale ed ufficio stampa di eventi e VIP.

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