Ritroviamo l’attrice e regista Elisabetta Pellini ora su Sky in “Non ci resta che il crimine”, per la regia di Max Bruno e M. G. Federici.
Elisabetta, inoltre, è presente ne “Per sempre”, corto ad opera di Angelo Frezza. Innamorata del suo lavoro e grande viaggiatrice, la Pellini ama conoscere sempre nuove realtà, confrontarsi con l’esterno, vivere il mondo e desidera curare una nuova regia.
Ben ritrovata su La Gazzetta dello Spettacolo, Elisabetta Pellini. Come stai?
Bello ritrovarci e ne approfitto per fare a tutti un augurio di un buon 2024. Sono stati anni difficili, un po’ per tutti, che questo sia, quindi, un anno di cambiamenti positivi, con meno violenza e più solidarietà e generosità, per tutti.
“Per sempre”, il corto ad opera del regista Angelo Frezza, ti vede tra i suoi protagonisti. Cosa puoi dirci sul tuo personaggio, sulla trama?
“Per sempre” tratta un grande, ma amareggiato, amore e la necessità, da parte della moglie, di non essere solo questo, insieme all’essere madre. Questa donna mira anche a realizzarsi nel lavoro.
Viene trattato quell’inspiegabile “limbo” che alcune volte si verifica tra la vita e la morte. Sarà proprio questo il filo conduttore, che si legherà con gli altri cortometraggi girati e sceneggiati da Angelo Frezza ma, sulla trama e di ciò che sarà il lungometraggio, non posso svelare altro per ora.
“Per sempre” ha, inoltre, avuto come dop Federico Torres che è riuscito a ricreare quell’atmosfera intima di coppia ed è stata anche una bella prova attoriale..
Il 2023 ti ha anche vista nelle vesti della Regina Costanza D’Altavilla ne “Il Monaco che vinse l’Apocalisse”, di Jordan River. Cosa puoi dirci a riguardo e che esperienza ha rappresentato?
Jordan River è un bravo regista ed è stata una bellissima esperienza lavorare con lui e la sua crew. Sono tutti bravissimi. Da Gianni Mammolotti, al trucco ed effetti speciali affidati a Vittorio Sodano, così come gli abiti, fondamentali in un film in costume, seguiti da Daniele Gelsi. Buono anche il cast internazionale e una storia molto interessante, davvero bella. Poter vestire la Regina Costanza d’Altavilla è stato molto bello ed emozionante perché abbiamo rivissuto, grazie anche alla scenografia, proprio quei momenti epici.
Come è avvenuto il passo che ti ha spinta a diventare un’attrice, intraprendendo così l’ambito ingresso nel mondo dello spettacolo?
È stato casuale. In realtà ho fatto il mio primo film con Neri Parenti “Il cucciolo”, nel 1995, poi son scesa a Roma, scelta da Corrado Mantoni, per condurre con Giampiero Ingrassia uno show mattutino che si chiamava “Tira e molla”. Successivamente ho lavorato con Gigi Proietti nel “Maresciallo Rocca 3” ed ho seguito i suoi suggerimenti, ho preso lezioni private con insegnanti che conosceva e avevano lavorato nella sua scuola.
Che ricordo hai dell’Elisabetta ragazza e quanto sei riuscita a realizzare da allora?
Ogni giorno ripenso a me da piccola, ragazza e ora donna. Ho fatto un grande percorso, non facile e non sempre fortunato ma la mia grande volontà e amore per il lavoro, mi ha dato la possibilità di vivere esperienze di set, anche di viaggi (le trasferte), bellissimi. Ho avuto modo di conoscere e confrontarmi con persone diverse e avere anche nuovi rapporti di amicizia, che con il tempo si sono consolidati sempre più. Il mio lavoro è stato ed è un lavoro difficile, soprattutto a livello sociologico ed emotivo. Un lavoro ricco di aspettative e spesso anche di ansie, di prestazione e di mancanza di opportunità ma è un lavoro bellissimo, che ti permette di analizzarti e diventare ciò che il film, il regista, vuole. Spesso, in base a queste direttive, ci allontaniamo anche da chi siamo.
“Selfiemania” ti ha vista protagonista al cinema, per la prima volta, nel ruolo di regista. Che esperienza è stata, come si è sviluppata, cosa ti ha lasciato addosso?
“SelfieMania”, in particolar modo l’episodio italiano di venti minuti scritto con Giancarlo Scarchili, ha rappresentato un’esperienza bellissima. L’ho diretto come regista, con la fotografia del grande Maestro Blasco Giurato, tra la Sicilia e Santo Stefano di Camastra, paese delle ceramiche. Ho diretto Milena Vukotic, una grande attrice che si è poi rivelata un’amica speciale e lo stesso vale per Andrea Roncato. Roncato si è affidato a me in tutto e per tutto e credo di aver creato un piccolo gioiello. È molto attuale, purtroppo, la mania dei selfie che prende ogni età.
Elisabetta Pellini, cosa manca ancora al tuo vissuto, a questo tuo percorso artistico?
Mancano tante cose perché ogni volta che si fa un film si crea una magia e spero di poter realizzare altre avventure, film e commedie d’autore, con ruoli sempre differenti. Spero anche di esordire alla regia nel mio primo lungometraggio. Attendo l’uscita di “Buio come il cuore”, tra l’altro, un noir di cui sono protagonista, per la regia di Marco De Luca, sceneggiato con Claudio Masenza. Il film è stato girato in Calabria, tra Reggio e Scilla, una delle esperienze più belle che abbia mai vissuto.
Chi è Elisabetta al di là del suo lavoro, quali passioni caratterizzano il tuo quotidiano?
Amo viaggiare, non appena mi è possibile, per staccare dalla routine ma anche per confrontarmi con altre persone e società differenti. Il mondo è grande e ci sono tanti posti, vicini e lontani, da conoscere. Spesso ci concentriamo troppo su noi stessi ma, quando ti confronti con altre realtà, la tua visione cambia e lo stesso fa con la tua persona.
Cosa puoi anticiparci, nei limiti del possibile, sui prossimi progetti di Elisabetta Pellini?
Sono su Sky nella serie da poco uscita “Non ci resta che il crimine” di Max Bruno e M.G.Federici. Dovrebbe uscire anche in Italia il film di Ciprian Mega, “21 Rubini”, dove abbiamo recitato in inglese con Mickey Rourke e Anthony Delon a Oradea, in Transilvania. Vi è anche “Buio come il cuore”, di cui vi accennavo, di Marco De Luca, e una commedia che ho appena finito di girare in Toscana, nel Chianti, “La Volpe e l’uva”, per la regia di Per Maria Cecchini. Tanti altri progetti nel 2024 ma per scaramanzia ve ne parlerò poi..