Incontriamo il regista Angelo Frezza attualmente alle prese con un lavoro che parla di un argomento che lo ha toccato da vicino, “Oltre la luce”.
Un uomo pieno di grinta, di iniziative, di sani principi e voglia di realizzare tanto in questo suo amato mestiere.
Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo, Angelo Frezza. Ti andrebbe di parlarci di “Per sempre”, il tuo ultimo cortometraggio in attivo, di come si svilupperà successivamente?
“Per sempre” è uno dei tre episodi già girati, ed editati, che parla di esperienze di passaggi tra la vita e la morte. Prende spunto, insieme agli altri, da un corto, “The Hole”, che racconta del viaggio di andata e ritorno da un coma, il mio in questo caso. L’idea di realizzare un lungometraggio prende spunto da un altro artista che ha molti anni fa ha scritto un libro, che ha venduto milioni di copie, raccontando il ‘viaggio’ extra terreno di persone che sono tornare in vita dopo aver visto la ‘luce’ in fondo al tunnel. Ho così pensato di realizzare una sceneggiatura, prendendone spunto. Nel film che realizzerò, “Oltre la luce”, i tre racconti diventeranno dei flashback dei protagonisti di questo lavoro.
Angelo, in base a cosa scegli gli attori presenti nei tuoi lavori, di volta in volta?
In base al loro carattere e a quello che ho intenzione di fargli fare. Nel caso di Elisabetta Pellini, ad esempio, ho deciso di sceglierla dopo averla vista sul set di un film in cui mi sono occupato della parte produttiva. L’ho trovata molto brava e giusta nel ruolo che le ho poi affidato. Ha reso in maniera magistrale il personaggio che avevo in testa. Posso dire lo stesso di Pietro Genuardi, abile professionista.
“The Hole”, è il racconto autobiografico ‘apripista’. I protagonisti sono, in questo caso, Ninì Salerno, che somiglia molto a mio padre, e Ludovico Fremont, che ha un carattere e caratteristiche molto simili a me e Margot Sikabonyi. Per questo corto, nello specifico, ho voluto, appunto, affidarmi ad attori somiglianti per caratteristiche fisiche e caratteriali alle persone reali si cui si basa il racconto.
I protagonisti del terzo episodio dal titolo “Beatrice” sono Pino Ammendola, Angelica Cacciapaglia, Angelo Longoni, e Alessandro Onorati.
Angelo, nello specifico a cosa devi questo passaggio dall’essere direttore esecutivo alla regia?
È accaduto tutto in maniera naturale. Ad ottobre compio ben quarant’anni di cinema, un lavoro che ho da sempre nel sangue, seppure non provenga da una famiglia di artisti. Ho cominciato facendo da autista a Franco Cristaldi, quindi non uno qualsiasi, parliamo di un produttore che ha vinto tre Oscar. In questi quarant’anni di carriera ho avuto il piacere e l’onore di lavorare con registi competenti e preparati. Parliamo di Magni, Sanchez, Longoni, Frazzi, Martino, Bava, Milani e tanti altri. Artisti che hanno contribuito ad accendere la mia ‘fiamma’ artistica. Fin da ragazzo mi ha sempre intrigato raccontare ma soprattutto intrattenere e creare emozioni, iniziando come deejay in radio e discoteca per alcuni anni, negli anni ’80, per poi passare alla regia.
Quanto pensi sia cambiato il modo di fare cinema, rispetto a quelli che sono stati i tuoi inizi nello spettacolo?
Tanto! Ove possibile cerco di coniugare il vecchio stile, a mio parere il migliore, con un linguaggio artistico e tecnico più moderno. Il cinema, negli ultimi anni, è molto cambiato. Prima era molto più ‘elementare’ a livello di tecnica, oggi c’è molta più libertà di espressione proprio perché i mezzi tecnici moderni sono molto più leggeri ed agili e performanti rispetto a molti anni fa, quando era un obbligo usare la pellicola come supporto. Faccio un esempio pratico: usando la pellicola, un tempo, riuscivi si e no a realizzare 10/12 inquadrature al giorno, con il digitale si riesce a farne anche 3 volte di più in un giorno di girato, anche per la grande possibilità che ti offrono i moderni software ed hardware usati nella fase di postproduzione. Anche il racconto è più veloce, snello, asciutto, mentre in passato la ‘grammatica’ era molto più lenta e descrittiva. risultando anche noiosa, alcune volte.
A tuo avviso, in un mondo sempre più orientato verso l’errore, quali temi dovrebbero essere maggiormente affrontati?
Negli anni sono stato anche docente in quasi tutte le scuole di cinema di Roma. Rilevo che, se oggi riesci ad ‘inquadrare’ un ragazzo con una mentalità artistico/tecnica moderna ma al contempo anche rispettoso di uno stile e con basi di grammatica “old style”, hai probabilmente creato un bravissimo regista o sceneggiatore.
Il vecchio stile e/o metodo ora è anacronistico e non funziona più, ma riuscire a coniugare entrambe le cose, old e new style, secondo me oggi è vincente.
Posso chiederti cosa manca ancora oggi al tuo vissuto, Angelo Frezza?
Potrei parlarti di un sogno nel cassetto, ossia realizzare un film, “L’obiettivo”, che ho scritto qualche anno fa’. Mi piacerebbe molto realizzarlo, a breve. Un thriller tipo “Una finestra sul cortile” o “Le vite degli altri”, in chiave moderna.
Angelo Frezza ha mai pensato di portare una tua regia in teatro?
Anni fa, si. Mi piacerebbe molto. Ho molta cura degli attori e, a riguardo, credo che il teatro sia l’apoteosi di tutti ciò.