Maria Basile Scarpetta. Foto di Gianni Biccari.
Maria Basile Scarpetta. Foto di Gianni Biccari.

Maria Basile Scarpetta: non potrei vivere lontano da Napoli

Una donna gentile, colta, elegante, Maria Basile Scarpetta. La incontriamo, telefonicamente parlando, in una giornata felice, dopo la vittoria del David di Donatello da parte del figlio, Eduardo Scarpetta.

Si definisce appagata, soddisfatta, di Edoardo, così come lo è di Carolina, l’altra figlia, e del percorso di vita che ha scelto, non legato all’ambito dello spettacolo. Una donna che vive per i suoi figli e per il suo lavoro, spinta da una forte passione che lega il tutto.

Benvenuta su La Gazzetta dello Spettacolo, Maria Basile Scarpetta. Come procede il suo vissuto?

Sto benissimo! Oggi per me è una giornata particolare perché ieri Eduardo, mio figlio, ha vinto il David di Donatello come migliore attore non protagonista, in lizza con attori importanti come Servillo e Mastandrea. Sono particolarmente felice perché sto raccogliendo tutto ciò che ho coltivato, perché nulla ti viene regalato. Eduardo è una persona seria, amante di questo mestiere, con dei semi importanti nel suo DNA. È entrato dalla porta principale e questo mi fa piacere. Lui ha avuto un percorso importante, reale, e di questo ne sono felice. Per quanto riguarda il mio vissuto, è strettamente legato alla vita dei miei figli, Eduardo e Carolina e della mia vita, naturalmente.

Abbiamo attraversato un periodo particolare, caratterizzato da una inaspettata pandemia. Quali sensazioni le ha lasciato addosso e quali consapevolezze ha apportato al suo vissuto?

Si diceva che quel “momento” ci avrebbe resi più buoni, ma personalmente non l’ho mai creduto. Quel periodo resterà un segno nell’animo di ognuno di noi, qualcosa di tangibile, seppur non visibile. Ad essere colpite, maggiormente, tutte quelle persone che non hanno grandi possibilità, persone per cui dovremmo spenderci di più. Persone che, ancora oggi, non hanno la possibilità di poter fare un tampone, per via dei costi, ben quindici euro. Ad ogni modo, sono dell’idea che dobbiamo apprezzare l’unione, volendoci davvero bene, felici di ciò che può darci la vita, perché la pandemia è stato un vero e proprio dramma, con morti ancora presenti dinanzi ai nostri occhi.

Attrice da sempre, quando ha “deciso” che la recitazione era la giusta strada da perseguire?

Ho concretizzato il tutto a venticinque anni ma, da quando ne avevo diciassette, ero già in teatro. Mi sono laureata in lettere, senza mai accantonare il teatro. A venticinque, poi, ho dovuto affrontare la realtà, affettiva ed economica, legata alla perdita di mia madre. Mi resi presto conto, però, che la mia strada era legata al teatro, alle tavole del palcoscenico. Decisi così di parlare con la direttrice della scuola in cui lavoravo e di dedicarmi completamente a quel lavoro. I miei inizi sono legati a Mico Galdieri, Dolores Palumbo, Ida Di Benedetto, Antonio Casagrande e tanti altri. Una strada portata avanti felicemente.

Maria Basile Scarpetta. Foto di Gianni Biccari - Verticale
Maria Basile Scarpetta. Foto di Gianni Biccari – Verticale

Quali sensazioni sono legate al teatro, alle tavole del palcoscenico?

Crescendo le tavole del palcoscenico diventano sempre più “pericolose” o, se vogliamo, “consapevoli”. L’ansia, di spettacolo in spettacolo, aumenta in maniera vertiginosa, un bene e un male, per alcuni versi. Un po’ come sedersi dinanzi al professore per sostenere un primo esame. Come un lancio nel vuoto, un affaccio su di un baratro. Quando ti lanci, inevitabilmente, cominci a volare. Questo è per me il teatro.

Un ricordo, un aneddoto particolare che la riconduce ad un lavoro per lei importante?

Ce ne sono diversi. Al momento, tra quelli che ricordo, mi torna alla mente una commedia in cui dovetti sostituire l’attrice Nuccia Fumo, donna di talento e grande d’età. Giacomo Rizzo, pochi istanti prima, mi chiese di sostituirla. Mi sembrò una cosa impossibile, essendo molto giovane, ai tempi. Lo spettacolo, alla fine, andò molto bene tanto che, dalle poltrone, qualcuno disse “Come si porta bene i suoi anni la signora Fumo”. Di aneddoti ne avrei molti altri ma il tempo è poco, purtroppo.

Se me lo consente, posso chiederle un ricordo di suo marito, il grande Mario Scarpetta?

Ne ho tanti di ricordi di Mario. Era un uomo straordinario, che viveva per l’arte, per questo cognome voluminoso che gli apparteneva. Non ha mai tradito un testo, mai aggiunto nulla, se non dei lazzi che inventava. Mi ha regalato le risate più importanti, le più belle della mia vita. Era generoso e buono e questo, di certo, è il ricordo più bello che ho di lui.

A calcare le scene, oggi, suo figlio, Eduardo Scarpetta, vincitore di un David Di Donatello. Quanta emozione c’è nel sapere che ha scelto di intraprendere lo stesso percorso artistico seguito dalla famiglia e quali consigli ha pensato di dargli, in quel frangente?

Eduardo, da piccolo, veniva spesso richiesto per delle serie televisive, ma io e mio marito abbiamo sempre rifiutato. Eravamo dell’idea che, se Eduardo avesse voluto fare l’attore, lo avrebbe scelto in completa autonomia. Così è stato! All’inizio non ero felice di questa sua scelta, perché si tratta di un ambiente non facile e per via del cognome importante che lo contraddistingue. L’unica cosa per cui mi sono sempre battuta, era lo studio.

Mio figlio non aveva alcuna intenzione di applicarvisi. Nelle sue intenzioni vi era il calcio, ma non potevo permettergli di non studiare. Quando ha poi realizzato di voler fare l’attore, fece domanda al Centro Sperimentale a Roma, dove riuscì ad entrare, dimostrando, così, di avere gli stessi geni degli Scarpetta. Lo dimostra nei suoi lavori, ne “Le fate ignoranti”, in ogni ruolo che va ad impersonare. Ha un viso particolare, un bello che non è bello, adatto a qualsiasi ruolo. Mi ritengo fortunata, come dicevo, perché adesso ho la certezza che Eduardo porta avanti un nome che, se così non fosse stato, sarebbe finito con mio marito. Ma non vi è soltanto Eduardo nel mio vissuto, c’è anche Carolina, una ragazza in gamba, che non è stata presa dal sacro fuoco dell’arte. Mia figlia è ingegnere gestionale, laureata a Torino. Nel suo piccolo, ha anche lei una vena artistica. Ha collaborato con lo scultore napoletano Lello Esposito, ha studiato design a Londra ed anche lei oggi si occupa di arte. Sono felice ed appagata anche da parte sua.

Secondo Maria Basile Scarpetta, quanto pensa sia cambiato oggi il mestiere dell’attore?

Questo mestiere è cambiato tanto, negli anni. Il livello culturale a cui ci ha abituato la televisione si è abbassato tantissimo. Oggi si pensa che fare l’attore sia avere un piccolo posto in televisione, ma non è così. Si è attori dopo aver affrontato tanti sacrifici, realizzando dei traguardi importanti. Lo diceva in televisione Silvio Orlando. Tocca fare tanti chilometri, andare nelle sale, fare cose che abbiano risonanza. Mio figlio, ad esempio, ama il teatro e non ha alcuna intenzione di mollarlo. È nelle sue intenzioni il voler riprendere le commedie degli Scarpetta. Se si ha una reale voglia di “fare”, si può riuscire in tutto, altrimenti si cede. Il nostro mestiere è caratterizzato da un qualcosa di tortuoso e, per poterlo affrontare, bisogna avere le spalle coperte. Il teatro non ripaga molto, economicamente parlando. Lo stato, in tal senso, fa davvero poco ed è un vero peccato.

A consacrarla, televisivamente parlando, l’ingresso nella Soap Opera di Rai3, nel 1996, nei panni della dolce Maria Boschi. Che esperienza è stata?

Un’esperienza molto bella! Passare dalla televisione è importante, tende a consacrarti, riportando le persone a quel ruolo che interpreti. Ancora oggi mi fermano per strada riconoscendomi nel ruolo di Maria Boschi. Purtroppo, non sono riconosciuta per ciò che ho fatto precedentemente, e quindi per la mia carriera teatrale. Sono grata, ad ogni modo, ad Un Posto al Sole, a ciò che mi ha regalato, all’attualità che porta sullo schermo.

Ancora oggi c’è chi spera in un suo ritorno ad un Posto al Sole…

Se dovessero richiamarmi tornerei molto volentieri. Al momento, però, sono impegnata in uno spettacolo teatrale, nato da un’idea di mio marito, dal film “Totò Truffa 62”. Lo spettacolo si intitola, “Tutto per truffe, truffe per tutti”, all’Augusteo di Napoli. Lo riporteremo in scena a novembre prossimo. Mario teneva molto a questo testo, ed era bravissimo a scrivere, come lo era sul palcoscenico. Di certo lui lo avrebbe realizzato differenziando qualcosa, con la sua comicità. La nostra, ad ogni modo, è stata ben accettata dal pubblico e ne approfitto per invitare tutti coloro che mi leggeranno.

Lei è nata a Napoli, una bellissima realtà a cielo aperto e all’ombra del vesuvio. Quali sensazioni sono legate alla sua città?

Non potrei vivere lontano da Napoli. La amo e la odio, allo stesso tempo. Una città che potrebbe funzionare meglio, ma purtroppo questo non accade. La definirei una città pirotecnica, schioppettante, ma anche dolorosa. Al contempo, proprio per questo, come si fa a non amarla? Si parla di una città economica, colorata, con delle bellezze mozzafiato e dobbiamo solo sperare che possa migliorare. Personalmente, non andrei via mai. Ho la fortuna di abitare a Palazzo Scarpetta in cui hanno vissuto anche i De Filippo e i Viviani, che non hanno bisogno di alcuna presentazione.

Chi è Maria Basile Scarpetta nella vita di tutti i giorni?

La mia vita è la mia casa, è andare a fare la spesa, visitare i mercatini, scovare roba antica. Mi piace svegliarmi presto, andare al cinema e meno al teatro. Trovo sia difficile assistere ad un bello spettacolo. Ultimamente, però, ho visto un bellissimo spettacolo al Mercadante, “Tartufo”. Il cinema mi prende di più perché riesce a rapirti, ti fa pensare ad altro, permette di viaggiare con la mente. La mia vita, inoltre, è una pizza con gli amici e, in primis, i miei figli.

Dove potremo ammirare Maria Basile Scarpetta prossimamente?

Ho fatto una piccola parte ne “Le fate ignoranti”, di Ozpetek. Ha scritto una scena appositamente per me, nella settima puntata. Un vero e proprio omaggio all’arte, perché Ferzan ama Eduardo. A breve, tra l’altro, girerò un’ultima posa in “Mina Settembre”, con Serena Rossi che ritengo sia un’attrice straordinaria. A novembre, poi, sarò in teatro con “Tutto per truffe, truffe per tutti”.

Su Alessia Giallonardo

Nasco a Benevento, nel 1986. testarda a più non posso, perché Toro. Amo la fotografia sin da quando ero piccola e devo questa passione a mio padre. Stesso discorso per la scrittura, per ogni singola sfumatura di un racconto, di un vissuto, di uno storico incontro.

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