Laura Lattuada. Foto di Danilo Piccini
Laura Lattuada. Foto di Danilo Piccini

Laura Lattuada: ricerco l’essenziale

Incontriamo Laura Lattuada, impegnata in teatro nello spettacolo, Due coppie scoppiate, per la regia di Luigi Russo, dopo lo stop legato all’emergenza da Covid19 che ha fermato, temporaneamente, la tournée.

Tra ricordi legati all’esperienza lavorativa con l’immenso Gigi Proietti, alla voglia di poter realizzare altro con i suoi attuali colleghi di palco, conosciamo i desideri di Laura, in un piacevolissimo incontro.

Benvenuta su La Gazzetta dello Spettacolo, Laura Lattuada. Come ha avuto vita il tuo amore per la recitazione?

Avrei voluto affrontare una carriera diplomatica, un qualcosa di totalmente differente da questo mestiere. Non avevo minimamente preso in considerazione l’idea di poter diventare un’attrice. Sono approdata all’Accademia di recitazione per pura curiosità, per sperimentare cose diverse, come il corso di mimo e molti altri aspetti. In seguito, a farmi capire che ero sulla strada giusta, sono stati i lavori che mi sono stati proposti, le esperienze vissute nel tempo.

Attualmente sei in teatro con “Due coppie scoppiate”, insieme a Kaspar Capparoni, Clizia Fornasier e Attilio Fontana. Parlaci di questo spettacolo e del legame che vige tra voi?

Ho un bellissimo rapporto con i miei colleghi di palco. Ognuno di noi ha il suo spazio, le sue gratificazioni e dei ruoli ben disegnati, ben definiti. Siamo davvero una bella squadra!

Laura Lattuada, Clizia Fornasier, Kaspar Capparoni ed Attilio Fontana in Due coppie scoppiate
Laura Lattuada, Clizia Fornasier, Kaspar Capparoni ed Attilio Fontana in Due coppie scoppiate

Cosa rappresenta per te questo ritorno in teatro?

Dei quattro, anche per via dell’età anagrafica, sono quella che è spesso in tournée. Prima del blocco legato alla pandemia, ero in scena con il collega Roberto Alpi. Tornare in teatro, dopo la pandemia, ha rappresentato un grande gioia, dopo essermi goduta la mia casa, situata nella campagna sabina. Fino all’ultimo, anche nel periodo legato alle prove, ho provato a vivere il tutto con leggero distacco, nella paura che potessero nuovamente fermarci. Per fortuna la ripresa c’è stata e, almeno al momento, possiamo godere di questa piccola tregua.

Hai avuto modo di lavorare con il grande Gigi Proietti. Che ricordo hai di lui?

Gigi era una bella persona, un bravissimo attore, un uomo pieno di energia ma, al contempo, aveva dei chiaroscuro importanti. Gigi non era mai del tutto contento di ciò che era in grado di realizzare. Soffriva il fatto di non essere considerato un attore a tuttotondo. Avrebbe meritato molto di più, distaccandosi dall’immagine di “A me gli occhi, please”. Ricordo che mi prendeva spesso in giro sul mio essere molto lombarda, cosa che ha continuato a fare, negli anni. Ne conservo un bellissimo ricordo.

C’è qualcosa che non sei ancora riuscita a realizzare?

C’è sempre qualcosa di non realizzato. Da alcuni anni porto in scena monologhi sul femminile. Mi piacerebbe poter avere il giusto spazio per poter concretizzare tutto ciò, senza limitazione alcuna.

Chi è Laura Lattuada nella vita di tutti i giorni?

Mi chiedo spesso cosa tende a farmi stare realmente bene. Forse l’essere isolati, per qualche tempo, ha saputo regalarci proprio questo, la possibilità di arrivare al fulcro del nostro vissuto. Cerco di coltivare le persone a cui voglio bene, che sia il mio compagno o la mia famiglia. Ricerco l’essenziale.

Progetti futuri?

Con Kaspar Capparoni, Attilio Fontana e Clizia Fornasier stiamo pensando di portare in scena un nuovo lavoro. Come dicevo, siamo un quartetto unito e saremmo felici di poter continuare un percorso insieme. Mi auguro, inoltre, di poter continuare anche questa strada legata alla drammaturgia femminile. Milano, con i suoi teatri, sembra essere fattibile, a livello di territorio, diversamente da Roma che ha subito la chiusura di molti teatri.

Su Alessia Giallonardo

Nasco a Benevento, nel 1986. testarda a più non posso, perché Toro. Amo la fotografia sin da quando ero piccola e devo questa passione a mio padre. Stesso discorso per la scrittura, per ogni singola sfumatura di un racconto, di un vissuto, di uno storico incontro.

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