Al via al teatro Augusteo di Napoli la seconda settimana di repliche di “Ti presento mio fratello“, la commedia diretta da Gaetano Liguori e scritta da Stefano Sarcinelli, Luciano Fruttaldo, Peppe Quintale con Gino Rivieccio che ne è anche protagonista. In scena, con Gino Rivieccio, ci sono Gianni Ferreri, Rosario Minervini e Rosalba Di Girolamo, al suo debutto in un genere di grande richiamo popolare, dopo anni di teatro ‘off’.
Una ‘contaminazione’ alla quale la Di Girolamo si è prestata volentieri. “Io credo – dice – che il teatro a Napoli sia particolarmente ricco e peculiare, proprio perché contempla generi completamente diversi tra loro. Così tanto diversi che nemmeno si legittimano tra loro. L’uno non esiste per l’altro“. Una sorta di intolleranza reciproca, quindi… “Questi generi, termine che non mi piace, non dialogano, perché l’uno non considera l’altro degno della propria attenzione.
E questa non credo sia una bella cosa. C’è una forma di snobismo che è lo specchio dello snobismo politico di questa città. Si fa finta di dialogare, ma si dialoga solo tra simili. Nello specifico del nostro settore, il comico non dialoga con lo sperimentale, che non dialoga col musical, che non dialoga con la prosa, che non dialoga con la macchietta, che non dialoga con la fiction, che non dialoga col cinema.. E’ assurdo”. Tutto questo a quali conseguenze porta? “E’ una grande perdita di possibilità, perchè abbiamo dei talenti trasversali fenomenali.
Questo mi pare un aspetto di un più vasto problema sociale. Come se ognuno sentisse di rappresentare meglio qualcosa, di essere depositario di una qualche verità che automaticamente e necessariamente esclude l’altro. Ma queste forme ci sono tutte, e alcune sono di straordinaria qualità, e volente o nolente questa è la nostra identità” Che cosa vuol dire fare sperimentazione oggi a Napoli? “Vuol dire scovarci e mischiarci. Anzi, scovarci, riconoscerci, confrontarci e mischiarci. Sarebbe una grande ricchezza, perchè sarebbe un confronto quotidiano e strutturale, altro che Teatro Festival…“.
Quale valore aggiunto sta portando questa esperienza al tuo percorso artistico? “Sto imparando tante cose. E non mi riferisco solo alla tecnica del tempo comico, che è preziosissima, ma all’approccio che fonda il gesto di salire sul palco. Gaetano Liguori, col quale ho dall’anno scorso iniziato una feconda collaborazione, mi sta insegnando sul campo come può esserci un modo completamente diverso, più paritario e viscerale, di vivere il pubblico. E tanto mi stanno insegnando l’esperienza e il talento di Gino e di Gianni“.
E’ un nuovo modello di sperimentazione? “Io credo che se negli anni ottanta-novanta fare sperimentazione significava esplorare e fondere le tecnologie, ora, con tutti i pasticci che abbiamo combinato, significa esplorare e fondere le persone”. Tornerai a fare il teatro nelle piccole strutture dopo questa esperienza? “Certo! il mio cuore batte dove sai, ma mi sto arricchendo e ne sono felice. Spero che nel mio prossimo lavoro riuscirò a rappresentare sul palco quello che ora ti sto rappresentando con parole“.