Animato da un progetto che porta dentro di sé l’esperienza maturata in tanti anni di studio e approfondimento del proprio sentire filtrando il mondo intorno a sé e che racchiude soprattutto la composizione di canzoni inedite imbevute di tradizione e passione, Giuseppe Cucè ci racconta il suo nuovo singolo La mia Dea.
Un brano dal forte significato che descrive il legame che ciascuno di noi ha con la propria madre, quel dono prezioso, la scintilla che ci dà la vita, il tramite meraviglioso che ci permette di fare il viaggio più bello.
Di seguito l’intervista a questa nuova proposta del mondo musicale italiano.
Giuseppe Cucè, benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo. Come sei arrivato alla musica? Hai mai avuto paura di non essere all’altezza?
Arrivo io alla musica o arriva lei da me? Un po’ come dire nasce prima l’uovo o la gallina? Sincerante sento di affermare che nasco con la musica, da piccolo ne ero sommerso, la suonavo, la danzavo, l’ascoltavo attraverso la chitarra di mio padre.
La sensazione del mio modo di sentire la musica negli anni cambia, così come cambio io crescendo, l’approccio inizialmente inconsapevole ed istintivo cambia nel tempo e si affina, pian piano metto a fuoco parole e musica finché un giorno nasceranno le mie prime canzoni. Credo di non essermi mai sentito all’altezza, non della musica che producevo, bensì dello spazio e del tempo del momento.
Quale è stata la tua musica di riferimento?
La mia musica di riferimento è sempre stata il pop cantautorale, ma anche la bosa nova, le culture musicali del sud del mondo, il folk acustico per finire all’elettropop più sofisticato.
Hai uno strumento musicale al quale sei particolarmente legato?
Sicuramente direi il pianoforte, per quanto il suono degli archi in genere provocano in me uno stato di assoluta estasi.
Recentemente è uscito il tuo nuovo singolo “La mia Dea”. Ci racconti com’è nato?
La mia Dea mi ha messo al mondo, così da lei posso dire di essere nato. Mi ha accompagnato tenendomi per mano quando ancora non riuscivo a fare i miei primi passi.
Posso pertanto affermare che questa canzone è sempre esistita attraverso un figlio e una madre, qualsiasi madre e non solo chi partorisce compie il miracolo più importante della nostra esistenza, ci mostra il significato dell’amore incondizionato, ci avvia al mondo e ci indica la strada, qualsiasi strada possibile e giusta per la nostra crescita personale. Ho scritto prima le parole poi la musica insieme al mio produttore artistico Riccardo Samperi, il suo apporto è stato fondamentale, la musica non è mai solitudine, è semplicemente insieme.
Nel 2008 inizi a collaborare con la TRP MUSIC di Riccardo Samperi, ed è da questa collaborazione che nasce il cd La Mela e il Serpente che ti porterà in tour nei più importanti teatri parigini. Questa esperienza come l’hai vissuta e cosa ti ha lasciato?
L’esperienza parigina penso sia stata la tappa più importante del mio percorso artistico. Suonare in veri templi sacri ed importanti teatri a Parigi toglie il fiato, ti senti un po’ come Cenerentola che danza nel castello del Principe, per uno sconosciuto in patria trovarsi ad avere file di gente al botteghino del teatro ti lascia incredulo e pensi di sognare, poi alla fine comprendi di essere sveglio e devi affrontare un pubblico molto attento ma anche affascinato dalla musica d’autore italiana.
Emotivamente ha significato per me una grande prova, la consapevolezza di poter trasmettere le mie emozioni anche a un pubblico straniero. È stato molto forte affrontare le proprie paure ed insicurezze, soprattutto per chi era abituato a suonare in piccoli club della propria città e con gli amici che ti supportano.
Quali saranno i progetti futuri di Giuseppe Cucè?
La mia Dea è la prima tappa di una trilogia di brani con un comune denominatore, il viaggio per la comprensione di sé stessi, per poi concludere la realizzazione del mio terzo album a metà anno, quindi restate in ascolto!!!