Il cantante del Banco del Mutuo Soccorso, Tony D’Alessio, ci racconta la prima parte della tournée del suo storico gruppo e da appuntamento ai fans per la seconda…
L’esperienza come cantante live a Tony D’Alessio non manca di certo. Il bravissimo interprete campano, infatti, si è fatto notare inizialmente grazie a varie collaborazioni con gruppi di metal estremo e rock progressive tra i quali Gli Scenario e i Guernica raccogliendo intorno a se un notevole seguito. Ma l’apice della sua carriera artistica Tony lo ha raggiunto di recente, diventando il cantante solista della notissima prog rock band Banco del Mutuo Soccorso, dove è entrato in sostituzione del compianto frontman storico Francesco Di Giacomo.
Secondo classificato nella settima stagione del talent X Factor, con i BMS D’Alessio sembra aver trovato l’ambiente creativo ideale per esprimere tutta la sua carica, la sua sensibilità e la sua potenza vocale. Doti che Tony ha mostrato chiaramente durante le prime tappe del tour della formazione, reduce dal successo del cd Transiberiana. Quello tra Tony e i fans del Banco durante gli scorsi live shows è stato un vero e proprio “incontro ravvicinato” che ha entusiasmato e coinvolto tantissime persone. Abbiamo intervistato Tony D’Alessio prima della ripresa della tournèe della sua band, che sarà il 31 gennaio 2020 a Roma, il 27 marzo a Avezzano (AQ), il 31 a Bologna e il 4 aprile a Martina Franca (TA). Ph. Credits: David Castelnuovo
Tony D’Alessio, bentornato su La Gazzetta dello Spettacolo. Parliamo dei recenti concerti del BMS e delle tue esibizioni con la band. Sei un tipo di cantante che si trova più a suo agio in studio o sul palcoscenico?
Questa è una bella domanda! Io mi diverto in entrambi i casi. In studio hai la possibilità di sovraincidere voci infinite quindi puoi sperimentare cose che dal vivo non puoi fare.
Non a caso in alcuni pezzi delle mie vecchie band trovi dei momenti in cui ci sono 120, 130 tracce di voce ovviamente intrecciate e che fanno tappeto. In quel caso ho utilizzato intrecci melodici che da solo non avrei mai potuto avere ma che posso avere in studio. Dal vivo, invece, il discorso è più sanguigno, viene fuori l’istinto e molti dicono che è lì che do di più ma certo dipende dai punti di vista, cosa si intende per di più…
Prima di ogni esibizione hai qualche rituale particolare o fai qualche particolare esercizio?
I miei rituali dipendono anche dai posti e dagli orari in cui mi trovo a cantare e gli scaramantici sono quelli tipici di qualunque musicista prima dei suoi concerti. Personalmente faccio molta meditazione sui suoni possibilmente con una nota mute humming. Devi metterti in posizione ma con l’esperienza puoi farlo anche in piedi l’importante è riuscire a lavorare su te stesso e sul suono. Attendi il momento giusto nella tua testa ed emetti questo suono muto, un’emissione a labbra chiusa, qualcosa di simile a quella che usano i tibetani per il loro mantra. Io lo uso per concentrarmi e per rilassarmi, questa è una pratica orientale introdotta nel canto moderno nientedimeno che da Demetrio Stratos.
Ti abbiamo visto in gran forma nei recenti concerti del Banco che sono stati anche una buona occasione per incontrare i fans. Qualcosa di inusuale rispetto alle altre band in cui hai militato…
Alcune volte a sorpresa Vittorio decide di posizionare delle sedie sul palco, quando i palchi lo consentono e mi è capitato già due volte di farlo con il pubblico, a Brescia e a Torino al Teatro Colosseo. E’ bella la sensazione di sentire tutta l’energia della gente curiosa che ti osserva mentre lavori. Per loro è qualcosa di speculare, vedono come si svolge il lavoro del cantante e del tastierista che gli piace mentre tu di solito stai dall’altra parte, in mezzo all’audience a goderti lo spettacolo. Per cui c’è un godere musicale ma è differente perché l’ascolto dal palco non è quello che si ha dall’esterno che è complessivo e mixato dal fonico. E’ una sezione del lavoro complessivo che ti fa guardare dentro il lavoro che facciamo noi da dietro i monitor.
Un’esperienza unica per i vostri fans…
Credo di si’, erano tutti entusiasti, ho notato che alcuni erano emozionatissimi quando gli ho dato la mano mentre altri erano veterani del BMS. Ho percepito grandi emozioni dagli abbracci più forti del solito. C’era un ragazzo con i capelli lunghi e con la barba, come me, scuro, mi sono avvicinato a lui come ho fatto con tutti gli altri d’altronde e quando gli ho dato la mano era felicissimo e tremando mi ha detto: “non avrei mai pensato di potermi trovare sul palcoscenico ad un concerto del Banco”. Lui non è stato l’unico ma è quello che mi è venuto subito in mente perché mi sono un po’ rivisto in lui. Da fan sarebbe stato un qualcosa di magnifico e lo è stato perché ho anch’io provato questa emozione di stare sul palco con loro. Quando c’era ancora Francesco (n.d.r. Di Giacomo il compianto cantante della band) era l’ultimo concerto che il gruppo ha fatto a Salerno ed io ero sul palco con loro a fare le riprese. Altre volte, invece, ero dietro le quinte durante i momenti strumentali nei quali si chiacchierava con Francesco o con chiunque altro volesse godersi quelle chiacchiere…
Un sogno realizzato per te e un sogno che adesso stai regalando ai tuoi fans…
Spero di dare il mio contributo nella maniera migliore possibile, io cerco sempre di essere adeguato all’impegno e all’onore che mi è stato concesso.
Dicci qualcosa sui tuoi compagni in azione dal vivo a partire da Vittorio Nocenzi…
Vittorio è l’anima imprevedibile, lui è prog al cento per cento, devi sempre essere sul pezzo perché magari lui vuole cambiare qualcosa dal vivo e tu devi seguirlo e la magia avviene solitamente. E’ un conduttore folle, per intenderci, è il capobranco, tanto per dare un’immagine metaforica che secondo me lo dipinge bene.
Parliamo poi del chitarrista ritmico Nicola Di Già, del bassista Marco Capozi e del chitarrista solista Filippo Marcheggiani. Cosa ci dici di loro?
Nicola è una persona che ti regala una grande serenità, ha un bellissimo suono e la sua sensibilità arriva anche da cose semplici che impreziosiscono il lavoro del Banco. Lui con il suo contributo, i suoi sorrisi, gli sguardi persi dietro Vittorio…Io mi diverto tantissimo con Nico, come con tutti gli altri componenti del gruppo d’altronde. Marco Capozi è un’ottima spalla destra, una persona con la quale non puoi che divertirti. E’ il sangue che pompa nelle vene del BMS, ha un gran tocco, un bellissimo suono e cantare al suo fianco mi da sicurezza, tranquillità. Filippo Marcheggiani è mio fratello, ormai è dal 1998 che abbiamo iniziato a suonare insieme con gli Scenario e quindi di anni sul palco insieme ne abbiamo fatti, sia da giovani che ora che siamo un po’ meno giovani, io in particolare perché lui e più piccolo di me. E’ una persona dal talento eccezionale e credo che qualunque spazio concesso a Filippo sia uno spazio ben speso.
Ultimo ma non ultimo il batterista Fabio Moresco…
Insieme al basso di Marco, Fabio è il cuore pulsante della band ed è una persona dalla sensibilità eccezionale. Nonostante la differenza d’età non lo percepisco come una persona più grande di me ma piuttosto come un fratello più maturo di me. Di certo gli voglio veramente bene. Fabio Moresco è una persona con la quale è impossibile litigare perché seppure arriva a dirti qualcosa che non ti piace, stai sicuro che hai sbagliato tu. Tecnicamente è un grande batterista, che sia chiaro!
Adesso aspetti altri fans vecchi e nuovi per le prossime date del Banco del Mutuo Soccorso?
Certo. Spero di conoscerne sempre di più nuovi. Di recente in questo nostro tour ho avuto il piacere di vedere padri e figli allo stesso concerto, con lo stesso disco in mano. Poi al momento dell’autografo erano lì con in mano dischi nuovi e dischi vecchi. In quel modo vedi il futuro e il passato, la storia della nostra contemporaneità ed è meraviglioso riuscire ad unire generazioni su qualcosa di cosi importante come la musica. Solitamente c’è conflitto tra i gusti dei padri e quelli dei figli, si sente dire: tu non capisci niente, no, non capisci niente tu…Invece quando hai una band che mette d’accordo padri e figli pensi di avere proprio fatto quello che dovevi fare, di aver fatto la cosa giusta.
Di fronte alla grande musica, insomma, i gap generazionali vengono meno…
Si’. E’ bello sapere che hai unito qualcosa o hai contribuito a mantenerlo unito.