Cristiana Dell’Anna, il suo augurio sotto forma di saggezza e calma
Quando penso a Cristiana Dell’Anna la immagino bambina, con gli occhi pieni di stupore, intenta ad ascoltare sua madre che le racconta una storia. Storia dopo storia, il tempo scorre e quelle storie che Cristiana ascolta e di cui si sazia, diventano inevitabilmente tasselli fondamentali da aggiungere al suo cuore. Quelle storie non possono più essere collezionate soltanto nel suo corpo e nel suo cuore, in quelle storie Cristiana ci vuole entrare.
E infatti ci entrare per davvero. Piano piano, con discrezione, con intelligenza, con passione e amore, con tatto e umanità. Oggi, più che mai, questa attrice è entrata nelle storie che si raccontano ogni giorno.
La Gazzetta dello Spettacolo incontra Cristiana Dell’Anna e ogni sua verità.
Benvenuta su La Gazzetta dello Spettacolo, Cristiana Dell’Anna. Come ci hai riproposto Patrizia nella nuova stagione di Gomorra?
Se nella seconda stagione, Patrizia si racconta nel suo passaggio sentimentale da ragazza innocente con tante responsabilità, una famiglia a carico, fino a diventare innamorata di un uomo e del male che porta in sè, imparando a conoscere quella parte oscura e se ne innamorata. Nella terza stagione, questo passo viene compiuto completamente. Rivestire i suoi panni è sempre strano e bello perchè significa ritrovare un pezzettino di me stessa. Con la serialità, ti ritrovi a fare un personaggio per mesi e mesi e quindi non ti lascia mai.
Nel momento in cui stacchi e poi ritorni nei suoi panni, in modo altrettanto intenso, ti sembra di ritrovare non solo un personaggio su carta, ti si riapre una sorta di ferita. Ogni personaggio che interpreto, mi lascia un piccolo segno. Rifarlo significa riaprire un buco all’orecchio.
Tu e Patrizia cosa vi siete regalate a vicenda?
Lei mi ha regalato una grande forza. Mi ha permesso di conoscere attraverso di lei quella sicurezza in se stessi che nel suo caso proviene anche dalla violenza, però parla della capacità di essere in controllo, di governare le cose che ci circondando. Trasportato nella mia vita, ha una connotazione meno aggressiva ma più di rispetto verso se stessi, di controllo di autostima. Mi ha regalato una consapevolezza maggiore. Conoscere lei è stato un po’ come conoscere me. Io a lei ho regalato forse quella varietà di sentimenti che la caratterizzano. Patrizia ha un percorso così complesso che la porta fino ad arrivare al male, ma in lei c’è sempre quel pizzico d’amore da cui parte tutta la sua storia.
Lei porta avanti un sentimento. Ha un sentimento che viene molto spesso represso e dimenticato, ma è sempre lì alla base. Quando penso a Patrizia, mi viene un po’ sempre da pensare alla leggenda di Castel dell’Ovo in cui si afferma che questo castello sia costruito su un uovo. Patrizia mi ricorda questa fortezza che protegge un nucleo interno nascosto che forse è troppo fragile e quindi lei lo nasconde con altro.
Quale messaggio speri che arrivi al pubblico di questa nuova stagione?
Come sempre, spero che arrivi la cruda verità. Noi drammatizziamo gli eventi, li raccontiamo con una storia e un suo arco narrativo. Io credo molto nel racconto della verità che c’è in Gomorra e di cosa porta i personaggi a comportarsi in un certo modo. Andando oltre l’aspetto dell’intrattenimento di una serie, in Gomorra si scorgono i meccanismi che permettono determinati comportamenti. Quando si fa questo passo in avanti, si capisce il valore prezioso di una serie che non solo intrattiene ma spiega. Spiega tanto.
Secondo te, i personaggi di Gomorra sopravvivono a se stessi? Sono un po’ vittime della loro stessa vita?
Io non penso che siano vittime di loro stessi. Forse, lo pensavo all’inizio. Era quasi facile pensare in questo senso. Ma d’altra parte, questo è un aspetto della vita di tutti noi. Noi esseri umani siamo un po’ vittime del nostro carattere e della nostra vita. Però, più vado avanti e più mi rendo conto che noi siamo il risultato di quello che la società fa di noi. I personaggi di Gomorra sono vittime di una società che non propone nulla, non propone soluzioni, non risolve la povertà, l’ignoranza è dilagante. Questi personaggi sono il risultato fallimentare di una società assente.Non c’è progetto sociale e politico, non c’è attenzione, non c’è valorizzazione delle nuove generazioni.
Da napoletana, come descriveresti la nostra Campania?
Io amo la mia terra. Non posso fare a meno del mio mare, ci sono delle cose alle quali non riesco a rinunciare. La Campania è una terra stupenda. Però parto sempre dal presupposto che chi fa autocritica è perchè vuole migliorare. Quindi, definisco la mia terra in questo momento, una terra sofferente. Sofferente ma piena di potenzialità e talento. Anche a livello artistico, abbiamo grandi risorse.
Stai vivendo un bel momento lavorativo. Ma c’è stato mai un momento in cui ti sei detta: però che fatica essere una donna e fare questo mestiere?
Ho questo pensiero tutti i giorni. Bisogna combattere continuamente contro i pregiudizi sociali e culturali ormai radicati. Le polemiche degli ultimi tempi, ce lo dimostrano. Questo è il risultato di una situazione sofferta di troppi anni in cui c’è stata una discriminazione di genere molto forte che ora emerge in vari sensi, sia nella denuncia che nella critica, nel bene e nel male, e in tutti i settori. Va combattuta, è bene che se ne parli per cercare di risolverla.
Mi sono sentita ferita spesso. Noi viviamo questa condizione, sin da bambine. C’è un senso quasi subdolo di inferiorità che viviamo da come ci guardano, da come ci giudicano. Un senso così sottile che è quasi difficile da descrivere. Quasi come se fosse un messaggio subliminale. In ogni settore è difficile affermarsi, quasi tutti i settori prediligono gli uomini piuttosto che le donne. Ma stanno aumentando i riferimenti per le donne e questa è una cosa che anche Margherita Hack diceva. Sicuramente c’è un cambiamento in questo senso però i riferimenti sono ancora pochi. Ogni giorno soffriamo e combattiamo questa differenza. Dobbiamo cercare di farci forza tra di noi, io ogni giorno mi faccio la scorza per combattere ciò che ci circonda. Cerco di non soffermarmi su cose inutili, non battagliare su ciò che non serve.
Come ti descriveresti come persona?
Spero sempre che le chiacchierate stabiliscano sempre un po’ quello che uno è. Quindi, spero che alla fine della nostra chiacchierata, emerga qualcosa di me che vorrei. Non so come descrivermi, ognuno di noi mostra un aspetto di sè ad una persona. Sono una persona che ricerca la verità delle cose. Voglio sempre approfondire le cose. Forse sono una nerd! L’impressione più giusta di me, risiede nelle persone, in quello che riescono a cogliere.
In questa tua ricerca della verità, cosa rappresenta la recitazione per Cristiana Dell’Anna?
Potremmo parlarne per giorni. La recitazione rappresenta tutto per me. Tutto ciò che mi piace, tutto ciò che mi rispecchia. E’ una ricerca continua, un espandersi continuo. Se dovessi dirti cosa mi ha spinto a scegliere questo mestiere non basterebbe una vita per spiegarlo. Prima parlavo con mia madre e le dicevo: è colpa tua se sono così perchè da bambina mi raccontavi così bene le storie che adesso ci voglio stare nelle storie che mi raccontavi.
Il tempo che ho a disposizione non mi basta, poter vivere altre storie e altre vite significa espandersi.
Te lo ricordi il momento esatto in cui hai capito che volevi fare questo nella vita?
Sì, avevo tredici anni ed ero al Cinema a guardare Titanic. Sono uscita dalla sala, innamorata di quel film che ha cambiato la storia del cinema. E’ stato lì che in modo meno cosciente ho capito, poi crescendo l’ho capito realmente.
Quale è l’augurio che vuoi fare alla Cristiana Dell’Anna del futuro?
Spero di essere sempre migliore. Non so se esiste un limite, ma sicuramente spero di essere più saggia, più calma. Non voglio essere sempre la stessa persona ma voglio essere diversa da ciò che sono. Sarebbe monotono essere sempre la stessa. Voglio essere continuamente migliore di così.