Matteo Setti

Matteo Setti, Gringoire nell’opera moderna Notre-Dame di Paris

A tu per tu  con Matteo Setti uno dei protagonisti dell’Opera

La spettacolare opera moderna Notre-Dame de Paris è tornata al successo, mai assopito, dopo 4 anni di assenza dai Teatri ed è ritornata alla grande con il cast originale da sempre amato ed acclamato. Tra gli artisti più cari al pubblico c’è sicuramente Matteo Setti, ovvero Gringoire, il poeta, il cui ruolo pare gli sia stato cucito addosso e la cui voce è suadente e potente nello stesso tempo.

Matteo Setti ha concesso gentilmente un’intervista attraverso la quale è stato possibile conoscere la sua cordiale disponibilità ed ha abbattuto ogni tipo di barriera, iniziando dal chiedere di darsi del “tu”.

La passione per la musica ti è stata tramandata più grazie a tuo padre o più grazie a Freddy Mercury?

La scintilla è stata Freddy Mercury, il cullare musicale l’ho preso sicuramente da mio padre perché, fin da quando ero piccolissimo, tendevo a fare le imitazioni a mio padre più che cantare, invece mio padre amava fare dei concerti con il pianoforte o con la chitarra a suo piacere, però io non cantavo, non ero così preso, rubato e rapito dalla musica; ma poi a 21 anni Mercury mi ha acceso un lampo incredibile e ho messo insieme le due cose: mio padre e Mercury.

Ci racconteresti i punti principali del tuo percorso artistico?

Devo dirti che la “Gavetta di Mercury” mi è servita, ma dopo 4/5 anni che studiavo da solo, perché devi sapere che fino a 29 anni ho fatto il metalmeccanico e quindi per me è stata una cosa particolare entrare nel mondo della musica, è stato un caso, praticamente mi hanno visto esibire in un pub mentre cantavo per l’appunto Mercury e ci ho sperato, ho sperato tanto proprio perché appunto a 29 anni facevo ancora l’operaio. All’epoca facevo un part-time proprio per poter cantare la sera, perché tutti facevano le prove la sera e non è stato semplice, in quanto fra le altre cose ho fatto anche il venditore di pesce e mi svegliavo spesso alle 04:00 del mattino. Dopo Mercury ho passato in rassegna tutti i cantanti degli anni ’70/’80, Tina Turner, Sting, Steve Wonder … questa forse è stata la culla più importante per rendersi conto di cosa fosse più indicato per me, capire dove mi sentivo meglio. Il musical in realtà arriva proprio la sera in cui un collaboratore della produzione di Pavarotti mi sente cantare Mercury e mi ritrovo nel giro di una settimana a New York a casa proprio di Luciano Pavarotti. Un sogno praticamente, infatti non parlavo quasi e lo stesso Maestro diceva: “Ma chi è quello lì” e Nicoletta, la moglie rispondeva: “Si chiama Matteo, viene da Reggio Emilia”, in realtà non parlavo perché non sapevo cosa dovevo dire, non sapevo dove fossi, mi trovavo a New York così d’improvviso, camminavo e guardavo per terra, non guardavo neanche intorno a me, ero avvolto in un mondo nuovo, magico e da lì ho intrapreso una storia incredibile.

Matteo Setti

C’è una meta che ti eri prefisso e magari l’hai anche quasi realizzata?

Si, si ce l’ho ce l’ho. L’ho realizzata da un anno a questa parte, è una serie di canzoni registrate, circa 40, a cui ho già dato la mia interpretazione e che mi piacerebbe finalmente proporre perché questa volta mi sento nel segmento giusto. Non è musica pop, non è musica moderna, di sicuro non è musica che oggi gira per le radio, assolutamente questo no, ma è un rifacimento, è uno spaccato degli anni ’60 dove in Italia questo personaggio non c’è stato, ma lui oggi è scritto, è un personaggio che io interpreto, non è stato inventato da me ma mi è stato proposto ed io ci sono caduto dentro, mi sono innamorato, ed ho pensato “Ok,  fatemelo interpretare come intendo io” e così è andata. E’ uno spaccato degli anni ’60, con la musica che può essere sicuramente colorata ai giorni d’oggi ma non è pop, è una musica molto fedele a quel periodo, ci troviamo dentro degli ottoni piuttosto che della musica rock degli anni ’70, una sorta di fusione tra un crooner ed un cantante rock. Tu mi dirai: “Ma allora che cos’è?”… E’ una sorpresona, perché potrebbe definirsi “trait d’union” di una musica del passato e quella attuale ma con un canto… i bei canti degli anni ’60, ecco.

Oltre che per la musica, la passione è indirizzata anche ai cavalli ed alla campagna. Da dove nasce?

Io sono nato in campagna, sono nato a 5 km da Zucchero Fornaciari, stesso paese e quindi di conseguenza sono stato forgiato dalla campagna. Il pomeriggio dopo scuola si andava a cavallo. Mi recavo nelle varie stalle ed ero innamorato degli animali. Curavo le mucche, curavo i maiali, mi piacevano galline e conigli. La prima volta che ho montato un cavallo avevo 9 anni e fino a 4 anni fa ho portato avanti questa passione, poi il richiamo della musica è prevalso e per prepararmi ancor di più dal punto di vista vocale sono stato in America ed ho dovuto fare la rinunzia dei cavalli, in quanto vanno curati, vanno pensati, non possono essere lasciati semplicemente all’interno di una stalla.

Quanto si avvicina la personalità di Matteo Setti a quella del Poeta di Notre Dame?

Prima potevo dire che si avvicinava per l’80%, oggi si può dire quasi al 100%, un personaggio che ha sempre dato emozioni. Per me il primo era Bruno Pelletier, dopo il “loro” Notre Dame, siamo arrivati noi  e quando mi è stato affidato il ruolo del poeta, io guardai tantissimo Bruno Pelletier, dopo di che ho cercato di trovare il mio di personaggio. Trovo che la differenza tra me e Pelletier è che il mio è molto più dinamico come Gringoire, lui invece è “La bibbia”, il poeta con la sua eleganza, il modo di essere più distaccato dal pubblico. Io invece ho sempre amato lanciarmi tra la gente, lo vedo a volte anche nei video dove spesso mi dico che forse esagero, mi piace uscire dalle righe, tanto che i responsabili delle luci mi dicono che sono impossibile, non rispetto mai gli schemi per il mio continuo movimento, ma non riesco, non riesco in quei momenti ad avere una griglia, non ce la faccio. Quando ho realizzato che quest’anno tornavo a fare Gringoire mi sono preoccupato, ma più che altro pensavo: “Ce la farò fisicamente?” Oltre “La festa dei folli”, quasi tutte le canzoni interpretate sono dinamiche, sempre di corsa. Sono alla 50^ data, ho chiuso Napoli con ben 50 date ed ho realizzato che incontrare il “poeta” è stata una fortuna, per cui oggi posso dire che il poeta è quasi tutto mio, al 99% è tutto mio.

Matteo Setti in scena su Notre-Dame de Paris

Secondo Matteo Setti, i giovani d’oggi sognano ancora con i musical tipo Notre-Dame?

Direi di si, direi di si, io lo vedo anche attraverso Facebook, i like ed i commenti sono davvero pazzeschi. Non pensavo di arrivare addirittura a 1500/1600 risposte quando posto una foto oppure una frase. Si trova tanta passione, tanta voglia di potersi avvicinare al teatro, sia come probabile futuro di cantante-attore o appunto soltanto avvicinarsi ad un Gringoire, piuttosto che a Notre Dame e tutti i personaggi che stanno facendo sognare tantissimo. Proprio pochi giorni fa, a Milano, mi hanno chiesto di prendere parte in una scuola molto importante  per portare non tanto l’insegnante, perché non lo sono, ma la spiegazione ai giovani di che cosa sia il lavoro live, come si prepara un artista durante gli spettacoli, come si affronta questo lavoro, questa vita. Avvicinarmi ai giovani, per far vivere veramente l’emozione, il sogno. La televisione non può farti capire che cos’è, è impossibile. Ti fanno vedere tante luci, tante cose, fanno godere in quel momento, ma il sogno non è quello.

Un grazie di cuore per la grande disponibilità, una gentilezza davvero squisita che ha permesso di trasformare un’intervista che poteva apparire come fredda e formale, in una simpatica e cordiale chiacchierata. Un grande “in bocca al lupo” a Matteo Setti per i futuri progetti, un artista davvero meritevole di tutto il successo che sta raccogliendo, non solo per la sua grande bravura e talento ma anche per la grande sensibilità e cordialità che lo contraddistinguono sicuramente.

Per tutte le informazioni aggiuntive e le date del tour è possibile visitare il sito ufficiale dello spettacolo.

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