Ghiaccio, l’opera prima di Fabrizio Moro e Alessio De Leonardis al debutto in sala conquista il primo posto al box office.
Già qualche settimana fa, vi avevamo parlato del film con una intervista a Lidia Vitale ed oggi torniamo a parlarne. Il film è prodotto da La Casa Rossa e Tender Stories in collaborazione con Vision Distribution. “Ghiaccio” è un film di speranza per i tanti giovani di periferia abbandonati dallo stato.
Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo ad Alessio De Leonardis. Come nasce l’idea di “Ghiaccio” e come la collaborazione con Fabrizio Moro?
Grazie a voi! Io e Fabrizio ci conosciamo da tanti anni. Ci siamo conosciuti anni fa perché avrei dovuto dirigere un suo videoclip. Da quel momento in poi siamo diventati amici.
Abbiamo fatto altri video insieme e poi a un certo punto, dato anche l’interesse di Fabrizio per il cinema, abbiamo pensato di scrivere un film insieme. All’inizio è stata solo una frase buttata là, poi una notte Fabrizio dopo aver visto combattere Mirko Valentino e averlo poi invitato a un suo concerto, mi ha chiamato e mi ha detto “è arrivato il momento di scrivere”.
Quanto studio c’è stato per realizzare questo film? Ti sei ispirato a qualche regista del passato?
Direi piuttosto che lo studio di una vita si è canalizzato nel film. Di riferimenti cinematografici ce ne sono diversi, probabilmente alcuni anche inconsci. Credo sia normale appoggiarsi anche mentalmente a qualche regista, a qualche film che ha influenzato la tua vita.
In Ghiaccio c’è Rocky, c’è Southpaw, c’è Ultrà, c’è una Roma a tratti pasoliniana, c’è un pizzico di neorealismo. O forse nulla di tutto ciò.
Ci racconti qualche aneddoto sulla scelta degli attori per ogni ruolo?
Ti dico la verità: mentre scrivevamo avevamo già in mente alcune facce che sarebbero state perfette per la nostra storia. E c’erano, ovviamente, anche Giacomo Ferrara e Vinicio Marchioni.
Per gli altri ruoli sono stati necessari tanti provini. Ma proprio tanti. E io e Fabrizio non abbiamo mai delegato. Siamo sempre stati presenti. Sempre.
Anche per i ruoli più piccoli. Un aneddoto che mi piace ricordare riguarda la scelta di Pisciasotto.
Claudio Camilli fece un provino pazzesco ma pensavamo fosse troppo giovane.
Pisciasotto nella nostra testa era un sessantenne. Quando però era arrivato il momento di dover decidere eravamo in difficoltà. Lui era stato nettamente il migliore. Lo abbiamo richiamato e gli abbiamo chiesto di tornare cercando di sembrare più vecchio. Claudio tornò con un vestito semi elegante e se non sbaglio anche con qualcosa sui capelli che glieli rendeva bianchi. Ci ha conquistato.
Gli abbiamo fatto fare una parrucca col codino alla “Fiorello di periferia”, lo abbiamo sfregiato sul viso ed è diventato il villain di Ghiaccio.
Quando e come nasce il tuo amore per il cinema?
Ho sempre amato il cinema. Da quando ero un bambino. Ma non avevo mai pensato potesse diventare un lavoro. Ho iniziato a pensarci quando, verso i quindici anni, un mio amico a scuola, durante l’ora di religione, propose al prof di vedere un film. Sia il prof che la classe accettarono.
Solo a fine giornata Marco (il mio amico) mi rivelò che il film non esisteva e che avremmo dovuto girarlo noi. Io avevo una telecamera e, nel giro di una settimana girammo una sorta di pseudo cortometraggio che presentammo come il film in questione. Mi si aprì un mondo.
C’è un tema particolare che vorresti affrontare in futuro in un prossimo film?
Sono affascinato dai viaggi, dai cammini, metaforici e non. Dai percorsi. Dalle strade.
Che 2022 sarà quello di Alessio de Leonardis?
Sarà un anno complicato. Intanto è l’anno di Ghiaccio. E, per quello che è accaduto in sala, è iniziato come meglio non si poteva. Ghiaccio, nei suoi tre giorni di programmazione nelle sale, ha conquistato la testa del box office. Incredibile solo a pensarci.
Sarà l’anno in cui mi dedicherò allo studio e alla scrittura del nuovo film.