Lidia Vitale è un’attrice poliedrica, di talento, dal carattere forte e dalla voce profonda. Una donna che ha saputo tramutare ogni ruolo in un successo. La incontriamo, questo gennaio, per parlare di come ha avuto origine il suo amore per questo mestiere e dei suoi prossimi lavori in uscita, come “Ghiaccio”, opera prima di Fabrizio Moro e Alessio De Leonardis.
Benvenuta su La Gazzetta dello Spettacolo, Lidia Vitale. Come procede il tuo vissuto?
Grazie per la vostra ospitalità. Ho colto l’occasione della pandemia per riversarmi nel Pam, che in greco è “il tutto”, e cercare di manifestare un potenziale illimitato. Ho creato e fatto tanto e continuo in questa direzione, cercando di alzare sempre più l’asticella e, se non funziona, vado a vedere cosa posso correggere in me affinché accada.
Viviamo un periodo particolare, inaspettato, legato ad una pandemia non prevista. Come affronti tutto ciò e quali cambiamenti ha apportato al tuo quotidiano?
Nello specifico, cerco di incoraggiare chi si fa prendere dal panico, a reagire, riportando al centro di tutto i rapporti umani, cercando di placare una psicosi generale. Dopotutto, “ha detto il dottore che devi morire… aspetta che me lo segno”, nel frattempo, però, viviamo e cerchiamo di farlo al meglio.
Cosa ti ha spinto ad avvicinarti alla recitazione, tempo fa?
Ho vissuto il primo approccio a questo mestiere alle elementari, al doposcuola, ritrovandomi sul palco da protagonista, a soli cinque anni. A quattordici, invece, ho preso parte al primo corso di recitazione. Ad oggi, so che questa strada mi ha permesso di rivoluzionare il mio percorso, come semplice individuo, e, di questo, ne sono felice.
Sei un’artista poliedrica, abilissima nel tuo lavoro. C’è un ruolo che non hai ancora avuto modo di interpretare?
Vestire i panni di un uomo? Scherzo! Mi piacerebbe poter prendere parte ad una commedia romantica. Fortunatamente, vi sono tanti essere umani da esplorare.
Si dice di te, che tu sia la nuova Anna Magnani. Tra l’altro, hai avuto modo di portare in scena lo spettacolo, “Solo Anna”. Cosa puoi dirci a riguardo?
Quanto tempo hai? È un percorso, quello con Anna, cominciato nel 2003 con la Batson, in vista della possibilità di un film diretto da Peter Bogdanovich, a New York, che poi saltò, ma del progetto si continuava a parlare. Successivamente, nel 2011, una mia andata a Los Angeles, per una “vacanza”, mi portò ad incontrare Eva Minemar, regista dell’Actors Studio e con lei creammo “Solo Anna”, tratto da Roman Nights di Franco D’alessandro. Nel 2012, il debutto a Los Angeles e poi l’ho portato ovunque. La verità è che, finché non si chiuderà il cerchio con il film, mi toccherà mantenere in vita il personaggio. Sarà volontà di Anna, oserei dire, a ‘sto punto.
Quanto c’è di te in ogni ruolo interpretato?
C’è sempre qualcosa di me nei personaggi che porto in scena. Non puoi che attingere da una tua verità e, quello che non serve, semplicemente, lo lascio a casa e, appena individuato quello che posso mettere a disposizione del personaggio, cerco il più possibile di sparire anch’io, lasciando libera scena ad esso.
Cosa puoi anticiparci circa i tuoi prossimi film in uscita: “Esterno notte”, “Ti mangio il cuore”, “Il primo giorno della mia vita” e “Ghiaccio”, opera prima di Fabrizio Moro e Alessio De Leonardis?
Intanto parliamo di “Ghiaccio”, che è di prossima uscita e che oserei definire un set dal cuore grande. Un’opera prima di tutto rispetto. Due registi affiatati e complementari e due protagonisti preparatissimi. Una produzione che ha lasciato una sana libertà al lato artistico. A mio modo, spero di aver contribuito al meglio. Per il resto, Bellocchio è un maestro e il film di Mezzapesa sono certa che farà parlare.
Cinema, teatro e televisione. Quali sensazioni sono legate a questi tre aspetti del tuo lavoro?
Amo il cinema come macchina vista nel suo insieme. La televisione gli assomiglia, ma va tanto più veloce e allora, a mio avviso, c’è bisogno di una preparazione ancora più precisa. Il teatro è magia, per via del pubblico che, ogni sera, si emoziona insieme a te. Per il resto, preparare un personaggio, non si differenzia a seconda del mezzo, bensì va agganciata in ogni caso a una verità profonda.
Chi è Lidia Vitale oggi e quanto è rimasta fedele ai sogni che aveva da ragazza?
Oggi Lidia è sicuramente una donna più consapevole e, a suo modo, ha scandagliato, e continua a scandagliare, la propria vita per renderla sempre più fedele al suo sogno. La Lidia adulta si è presa completamente la responsabilità di Lidia bambina che così può essere più libera che mai di giocare.
Progetti futuri?
Spero davvero di poter realizzare il mio film da regista, “Amà”, scritto con Gianluca Manzetto per cui abbiamo vinto il Mibact per lo sviluppo della sceneggiatura e, in futuro, spero di partecipare a tanti altri bei film come l’ultimo appena finito di girare di Pippo Mezzapesa, “Ti Mangio il Cuore” con Elodie e Francesco Patanè.