Tiberio a Rimini, Turandot in diretta da Londra

Si apre la nuova stagione di Opera al Cinema del Cinema Tiberio di Rimini martedì 17 settembre (ore 20.15) con la proiezione in diretta dalla Royal Opera House di Londra di Turandot di Giacomo Puccini, diretta da Henrik Nánási per la regia di Andrei Serban, Gli interpreti principali sono Lise Lindstrom, Marco Berti, Alasdair Elliott, Raymond Aceto ed Eri Nakamura.

La stagione lirica in diretta cinematografica della Royal Opera House parte all’insegna del dramma, con il ritorno della sublime ultima opera di Puccini, la Turandot, un racconto di identità mascherate, indovinelli, esecuzioni rituali e un amore potente e trionfante. La produzione di Andrei Serban di questa oscura favola orientale è spettacolare, con la magnifica scenografia di Sally Jacobs e gli elaborati costumi e maschere ispirati al teatro tradizionale cinese. Una delle più grandi interpreti della Turandot, Lise Lindstrom, fa il suo debutto alla Royal Opera House insieme a Marco Berti, uno splendido cantante pucciniano, nel ruolo del principe Calaf.

Turandot è un’opera in 3 atti e 5 quadri, su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni, lasciata incompiuta da Giacomo Puccini (morto il 29 novembre 1924) e successivamente completata da Franco Alfano. La prima rappresentazione ebbe luogo nell’ambito della stagione lirica del Teatro alla Scala di Milano il 25 aprile 1926, sotto la direzione di Arturo Toscanini, il quale arrestò la rappresentazione a metà del terzo atto, due battute dopo il verso «Dormi, oblia, Liù, poesia!», ovvero dopo l’ultima pagina completata dall’autore, rivolgendosi al pubblico con queste parole: «Qui termina la rappresentazione perché a questo punto il Maestro è morto».

La sera seguente, l’opera fu rappresentata, sempre sotto la direzione di Toscanini, includendo anche il finale di Alfano. L’incompiutezza dell’opera è oggetto di discussione tra gli studiosi. C’è chi sostiene che Turandot rimase incompiuta non a causa dell’inesorabile progredire del male che affliggeva l’autore, bensì per l’incapacità, o piuttosto l’intima impossibilità da parte del Maestro di interpretare quel trionfo d’amore conclusivo, che pure l’aveva inizialmente acceso d’entusiasmo e spinto verso questo soggetto. Il nodo cruciale del dramma, che Puccini cercò invano di risolvere, è costituito dalla trasformazione della principessa Turandot, algida e sanguinaria, in una donna innamorata.

Il soggetto dell’opera fu tratto dall’omonima fiaba teatrale di Carlo Gozzi, già oggetto di importanti adattamenti musicali: dalle musiche di scena composte da Carl Maria von Weber nel 1809, all’opera di Ferruccio Busoni, rappresentata nel 1917 e preceduta da suite orchestrale (op. 41) eseguita per la prima volta nel 1906. Più esattamente, il libretto dell’opera di Puccini si basa, molto liberamente, sulla traduzione di Andrea Maffei dell’adattamento tedesco di Friedrich Schiller del lavoro di Gozzi. L’idea per l’opera venne al compositore in seguito a un incontro con i librettisti Giuseppe Adami e Renato Simoni, avvenuto a Milano nel marzo 1920. Nell’agosto dello stesso anno il compositore poté ascoltare, grazie al suo amico barone Fassini, un carillon con temi musicali proveniente dalla Cina. Alcuni di questi temi sono presenti nella stesura definitiva della partitura. Alla fine della sua parabola creativa Puccini si cimentò con un soggetto fiabesco, d’impronta fantastica. Non era mai accaduto, se si eccettua la scena finale della sua prima opera, Le Villi.

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Redazione Giornalistica

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