Andrea Arru

Andrea Arru: cerco di apprendere il più possibile dai colleghi adulti

Andrea Arru, è giovanissimo, ma voglioso di sempre nuove esperienze, nuovi ruoli da interpretare. Ottenuto il suo primo ruolo da protagonista in “Glassboy”, avremo presto modo di vederlo ne “Storia di una famiglia perbene”, su Mediaset.

Vi lasciamo alle sue parole, a questa bellissima intervista.

Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo, Andrea Arru. Come procede il tuo vissuto?

Grazie a voi per l’interesse dimostrato nei miei confronti. La mia vita, dallo scorso agosto e fino a dicembre, si sta svolgendo tra il Lazio e la Campania sui vari set sui quali sto girando come protagonista per una serie TV che, per contratto, purtroppo deve rimanere segreta. Sarà una grande sorpresa di carattere internazionale, di cui sono molto orgoglioso, ma che, non posso negarlo, è anche molto impegnativa, soprattutto dovendo conciliarla con lo studio per la scuola, visto che frequento il primo anno del liceo scientifico sportivo. 

Dalle passerelle al cinema. Sei stato definito un bambino prodigio. Cosa puoi dirci a riguardo?

Beh, la mia carriera come modello si è svolta quando ero decisamente molto piccolo, dai sei agli otto anni, anche se indubbiamente sono state esperienze eccitanti e divertenti, tra le sfilate a Firenze per Pitti Immagine Bimbo, il lavoro fotografico con Oliviero Toscani per due cataloghi del più diffuso marchio della moda bambino (Original Marines) e la strepitosa avventura vissuta come testimonial nel mondo per la linea Armani Junior, quando la mia faccia era davvero ovunque. Recitare però è tutta un’altra musica! Ripulire la dizione, studiare tecnica della recitazione e partecipare ai casting è decisamente più coinvolgente, difficile ma anche denso di soddisfazioni. Toglie anche molto tempo alla vita privata ma, se ti piace, ne vale sicuramente la pena. Almeno per quanto mi riguarda.

Da cosa ha origine la tua passione per la recitazione?

Avevo otto anni. I miei genitori vennero contattati dalla Scuola Civica di Cinema di Sassari perché volevano che interpretassi il ruolo del figlio di una coppia in un cortometraggio di loro produzione. Questo, ci spiegarono, perché avevano letto di me sui giornali e mi avevano visto ospite da Maurizio Costanzo in TV. Le mie caratteristiche fisiche corrispondevano a quelle che cercavano. I miei genitori mi chiesero se volevo provarci ed accettai con gioia, spinto dalla curiosità. Fu allora che scoprii un mondo nel quale, per il momento, volevo solo giocare a fare l’attore, sentendomi orgogliosissimo di farlo, anche se ovviamente non sapevo ancora nulla di cinema, visto che all’epoca divoravo solo i cartoni animati. L’amore per questo mestiere mi nacque però quando feci il bambino indemoniato in un film horror (Resurrection – The last Chapter di Alfredo Moreno), indossando lenti a contatto che mi facevano gli occhi completamente bianchi. Le mie foto finirono sul Corriere della Sera e sui settimanali. Fu allora che decisi di volerci almeno provare!

“Storia di una famiglia perbene”, è il prossimo lavoro a cui hai preso parte e che avremo presto modo di visionare. Cosa puoi anticiparci circa il tuo ruolo?

Il mio ruolo in “Storia di una famiglia perbene” è quello di Michele Straziota, adolescente figlio di una famiglia di contrabbandieri che passa addirittura poi al più redditizio traffico di droga. Il mio personaggio, però, non vuole assolutamente seguire le orme del padre e dei fratelli, ama suonare la chitarra, cantare e vorrebbe trasferirsi all’estero per vivere di musica accompagnato da Maria, che, prima semplice amica, diventa poi l’oggetto di un amore travolgente che gli darà la forza di ribellarsi alla sua famiglia. Maria, figlia di un onesto pescatore, interpretato da Giuseppe Zeno, ricambia il sentimento di Michele e i due sfidano tutto e tutti pur di non rinunciare ai loro sogni per il futuro.

Andrea Arru

Ti viene difficile far conciliare studio e lavoro?

Sicuramente è molto complicato e faticoso. Ci sto provando e spero proprio di riuscire a raggiungere l’obiettivo di fare entrambe le cose in modo soddisfacente. E’ questo l’impegno che ho preso con i miei genitori. Del resto anche molti altri ragazzi che sono attori o, ad esempio, sportivi professionisti, vivono questa mia stessa difficoltà, non sono il solo.

Con chi ti piacerebbe condividere il set?

Per me la cosa che conta veramente è che, sul set, ci sia un ambiente sereno e, possibilmente, divertente. Dagli attori adulti si cerca sempre di imparare e, se sono disponibili, si trova anche l’occasione di ridere e scherzare. Finora sono stato molto fortunato ed ho incontrato persone davvero speciali, come Alessio Boni, Marco Bocci, Barbara Bouchet, Loretta Goggi. Simona Cavallari e Giuseppe Zeno. Grandi professionisti da cui si apprende tanto, ma anche persone semplici e cordialissime. Spero solo di poter continuare così anche in futuro.

Che rapporto hai con i social e quanto pensi siano importanti nel tuo lavoro?

Non li frequento assiduamente. Ho un profilo Instagram che non seguo particolarmente. Forse dovrei, in effetti, curare di più questi importanti mezzi di comunicazione. Magari in futuro lo farò, però occorre dedicarci un tempo che, oggi come oggi, non ho.

C’è stato un momento tra tutti che ti ha portato a pensare di essere sulla strada giusta?

Forse è successo con “Glassboy”. Essere il protagonista di un film internazionale sicuramente ti responsabilizza e ti fa prendere necessariamente coscienza di ciò che stai facendo, della gente che ha investito su di te, credendo nelle tue capacità e che non vuoi assolutamente deludere. Soprattutto però, sotto lo sforzo enorme che richiede il lavoro di tutta una giornata sul set, per mesi, ti fa rendere conto se questa può davvero essere la tua scelta di vita. E per me è stato così. I risultati che vedevo scorrere sui monitor ed il sorriso di Samuele Rossi, il regista, mi ripagavano di tutti i sacrifici fatti.

Sogni nel cassetto?

Non si devono rivelare i propri sogni. Per questo lasciamoli nel cassetto. Certo fare un film negli Stati Uniti mi gaserebbe tantissimo! Ma bisogna sempre avere i piedi ben piantati per terra e lavorare a testa bassa con molta umiltà. 

Cosa ti auguri di poter realizzare in futuro?

Soprattutto me stesso. Se riuscirò a realizzarmi in questo lavoro penso di potermi considerare soddisfatto per non avere speso male gli anni della mia adolescenza e di non avere rimpianti per le rinunce ad una vita più tranquilla e tradizionale.

Cosa prevede il tuo futuro artistico?

Ho due bei lavori in cantiere dopo la serie tv che sto facendo ora. Uno in Italia ed uno all’estero. Poi dovrò sicuramente mettermi a studiare seriamente per la scuola, altrimenti saranno guai!

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