Marco Falaguasta

Marco Falaguasta: vi aspetto in teatro!

Incontriamo l’attore Marco Falaguasta, che recentemente ha preso parte alla fiction, Storia di una famiglia perbene, in onda su Mediaset.

Un vero successo di pubblico, quello che ha contraddistinto Marco ed i suoi colleghi di set. Lo ritroviamo, oggi, a teatro, in “Neanche il tempo di piacersi”. Una ripresa felice, doverosa, dopo lo stop legato alla pandemia.

Marco Falaguasta

Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo, Marco Falaguasta. Come procede il tuo vissuto?

Bene, davvero bene! Non ho avuto modo di fermarmi, se non durante il periodo del lockdown, ma già ad ottobre ho avuto modo di realizzare un film, “Il legionario”, e poi è stata la volta di “Storia di una famiglia perbene” e il ritorno in teatro, con una tournée di ben trentacinque date. Un ritorno alla grandissima!

Parlaci, appunto, di questo ritorno in teatro..

“Neanche il tempo di piacersi”, ha preso vita tre anni fa ed è stato realizzato insieme ad Alessandro Mancini e Tiziana Foschi. Nasce da un cambio di prospettiva dovuto all’abitudine, da parte di noi genitori cinquantenni, di giudicare nell’errore le scelte dei nostri figli. Una nostalgia, quella a cui vogliamo far riferimento, legata agli anni ottanta, alle diverse dinamiche che vivevamo noi. Questo implica un ascolto differente, una difficile comunicazione tra due diverse generazioni. Il mondo è cambiato, è intervenuta la tecnologia ed anche questo ha influito nel modificare il modo di comunicare, che non è detto che sia un modo sbagliato. Occorre tornare a comprendersi, a sostenersi, venendosi incontro. Loro sono il futuro e questo va analizzato, accettato.

Cosa puoi dirci, invece, su “Storia di una famiglia perbene”, che ha da poco terminato la sua messa in onda riscontrando un buon successo di pubblico?

Si è trattato di una prima volta su un set in cui sono protagonisti due ragazzi. Una storia di incontri, di prime esperienze, di tante prime cose belle, che riportano un po’ ai nostri innamoramenti, ai nostri primi baci, il tutto arricchito dal contesto di una bellissima Bari Vecchia. Interpreto il colonnello dei carabinieri, che si ritrova a dividere due famiglie che si odiano da sempre. Provo, come possibile, a riportare l’ordine, tenendo ben presente quali sono le caratteristiche delle famiglie da tenere a bada. Un set caratterizzato da quelli che sono stati i nostri anni novanta, arricchito da abiti di un tempo e vecchie auto. È stato bello, tra l’altro, dividere il set con due amici, Simona Cavallari e Giuseppe Zeno.

Sono molte le fiction a cui hai preso parte e che ti hanno regalato notorietà. Che ricordi hai di “Cento Vetrine”, de “Il Bene e il male”, “Il Restauratore” e non solo?

Ho dei ricordi bellissimi di tutti i lavori a cui ho preso parte, altrimenti non li avrei scelti! Ho un bel ricordo, in particolar modo, di “Cento Vetrine”, che mi ha permesso il grande passaggio dal teatro alla televisione, regalandomi l’opportunità formativa di lavorare tante ore su di un set. Una vera palestra di vita e umana, per le persone che ho avuto modo di incontrare. Ogni set ha rappresentato una crescita, un arricchimento personale e formativo. Sono legatissimo anche al personaggio interpretato ne “Il restauratore”. Un ruolo puro, determinato, caratterizzato da una grande umanità di fondo, evidenziata nei suoi atteggiamenti. Ho provato un grande dispiacere nel sapere che non ci sarebbe stata una terza serie.

Quanto sei riuscito a realizzare dei sogni che avevi da ragazzo?

Ho realizzato tanto, ma ho ancora dei sogni chiusi nel cassetto da portare alla luce. Questo lavoro, a suo modo, ti indica la strada, ti porta a capire quali ruoli sono nelle tue corde, improntando così la tua persona, le tue scelte.

Chi è Marco, oggi?

Un uomo convinto di aver impiegato la propria vita attribuendole sempre un senso. Conosco bene i miei errori, le mie scelte e so bene che posto occupo nel mondo, nel mio percorso artistico. La consapevolezza ti consente di capire da dove parti e dove sei e ciò ti porta a migliorare, a capire quanta strada ancora hai da fare. Le cose succedono, perché siamo in grado di andarle a prendere, diversamente quando non si verificano. Forse, in tali frangenti, non si era all’altezza o si era scelto un percorso sbagliato.

Quali consapevolezze ha apportato al tuo vissuto la situazione pandemica che viviamo ancora oggi?

Ho avuto l’ennesima dimostrazione che la nostra generazione, quella che oggi scende in piazza e governa, è una generazione alla quale manca un segmento di esperienza. Negli anni ottanta, ai nostri tempi, tutto era bello, tutto era progresso, ma non eravamo pronti a batterci a dovere, così come lo era, invece, la generazione prima della nostra. Proviamo, quindi, ad arrivare ad una verità, affidandoci però al complotto, a cose sbagliate, invece che batterci su cose concrete, utilizzando una buona dose di umiltà.

Cosa prevede il tuo futuro artistico?

Fino a maggio sarò in tournée e ne sono felicissimo. In cantiere vi sono anche altri progetti, di cui vi parlerò prossimamente.

Su Alessia Giallonardo

Nasco a Benevento, nel 1986. testarda a più non posso, perché Toro. Amo la fotografia sin da quando ero piccola e devo questa passione a mio padre. Stesso discorso per la scrittura, per ogni singola sfumatura di un racconto, di un vissuto, di uno storico incontro.

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