Pugliese, molto disponibile, coinvolgente e dettagliato nel parlare del suo lavoro e della sua terra, incontriamo Vito Mancini, che vedremo presto nella nuova fiction Mediaset, “Storia di una famiglia perbene”.
Un ruolo, il suo, intriso di un forte segreto che avremo modo di scoprire poco a poco. Ringraziamo Vito della disponibilità, del tempo che ci ha concesso.
Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo a Vito Mancini. Come stai?
Sto molto bene, grazie!
Parlaci di quello che sarà il tuo ruolo in “Storia di una famiglia perbene”, che avremo presto modo di seguire su Mediaset?
Il mio Salvo è il fratello maggiore degli Straziota, una famiglia di contrabbandieri. Un personaggio forte, un duro, con un animo sensibile, che lo porta ad avere una relazione segreta con un uomo. Mi ha intenerito e colpito il dover interpretare un ruolo del genere, intriso di una forte repressione, che sarà la chiave di tutto il suo percorso. Trovo assurdo che, ancora oggi, ci si debba nascondere. Questo personaggio mi ha arricchito e, ne sono certo, vi piacerà.
Parlaci di quella che era l’atmosfera sul set…
Si è trattato di un periodo molto bello. Abbiamo legato sin da subito, dalle prime letture del copione. Sono stato particolarmente fortunato perché, sin dagli inizi, ho stretto un rapporto molto forte con quello che è mio fratello, televisivamente parlando, Alessio Gallo. Abbiamo cavalcato l’onda di un clima solidale, che fungeva davvero da “famiglia”.
Prima della pandemia hai preso parte ad un lavoro di Giulio Base, “Bar Giuseppe”, presentato al Festival del Cinema di Roma. Cosa puoi dirci a riguardo?
La pandemia, purtroppo, ci ha portato a posticipare l’uscita nei cinema. Giulio Base è un maestro, così come lo è stato Reali, in precedenza. “Bar Giuseppe” ha rappresentato per me un ruolo differente da quello che conoscerete a breve in “Storia di una famiglia perbene”. Ho avuto l’onore di girare nella mia amata Puglia, terra di origine. Sono felicissimo di aver avuto modo di prendere parte a questo lavoro.
Come nasce il tuo corto, “Cultura, Amore e Radicazione”?
“Cultura, Amore e Radicazione” ha rappresentato, in tale periodo, una forte esigenza da presentare contro una presa di posizione politica sbagliata. La natura non può essere invasa da un depuratore, da una serie di rifiuti. L’unica “protesta” utile da attuare era legata ad un testo, ad un forte segnale comunicativo. Ho preso spunto da una canzone dei Sud Sound System, “Comu ‘na petra”, divenuto negli anni manifesto culturale per tutti i ragazzi che nel tempo vivevano l’esplosione di questo fenomeno artistico e culturale della musica salentina. Il cortometraggio ha il compito di sensibilizzare le persone alla bellezza di tali luoghi, senza distinzione alcuna, ponendo l’attenzione sulla coscienza comune di un territorio che non merita male alcuno.
Un sogno ancora da realizzare?
Ne ho più di uno, in realtà. Vorrei poter terminare la scrittura di un progetto a cui sto lavorando e mi auguro di poter firmare un lungometraggio che parla della mia terra e non solo. Sogno, inoltre, di poter continuare a far parte di un mondo artistico che, attraverso la stessa arte, possa sensibilizzare le persone al rispetto della propria terra. Non ultimo, mi auguro di diventare padre, di diventare finalmente grande, lasciando aperta la porta alla tenerezza, alla sensibilità, caratteristiche insite nei bambini, in ciò che siamo stati.
Progetti futuri?
Dopo due anni di fermo, riprendo in mano la messa in scena di uno spettacolo. Se tutto va bene, saremo in scena il prossimo anno. Saprò dirvi di più prossimamente..