Vanni Bramati, noto attore e regista, che avremo presto modo di vedere in “Fino all’ultimo battito”, nuovo medical drama ad opera di Cinzia Th Torrini, su Rai Uno e, ad ottobre, vestirà nuovamente i panni di un cattivo ne, “Storia di una famiglia perbene”.
Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo a Vanni Bramati. Come stai?
Sto bene, Grazie! Ho imparato ad esercitare il quotidiano essere grati alla vita, avendo la consapevolezza che nulla è scontato e ci è dovuto. Bisognerebbe ricordarselo tutti i giorni, specie nei momenti in cui sembra che tutto possa andare male. Quello che accade nell’universo, dice qualcuno, non è contro di te, ma è per te. Vivo, dunque, un buon periodo, dopo averne attraversato uno difficile.
Da Malèna a La Squadra, per poi prendere parte a molti altri film e fiction di successo. Cosa ti ha spinto ad avvicinarti al mondo della recitazione?
Mi sono avvicinato alla recitazione per pura voglia di conoscenza, perché avevo voglia di esplorare la mia stessa persona, il mio essere. La prematura scomparsa di mia mamma, quando avevo soltanto quindici anni, mi ha portato a rivedere e, conseguentemente, a rimettere in ordine la mia scala legata alle priorità. Mi ha dato modo di scoprire, in età adolescenziale, quanto sia vicina la morte, benché a quell’età si sia portati a non pensare a tali cose. È stato, dunque, quasi doveroso questo mio iniziare ad avere desiderio di avvicinarmi alla recitazione, vivendo più vite in una sola, vita.
Nel tuo percorso artistico vi è anche la passione per la regia. Hai realizzato, nel 2010, un film/documento, “U megghie paise, i quattro mesi in cui Bari impazzì”, di cui sei anche autore. Ti andrebbe di parlarcene?
Dopo anni di lunga serialità, in cui l’attore è servo di scena, ho sentito la necessità di raccontare le mie storie in prima persona, mostrando il mio reale punto di vista. Mi sono reso conto che molte persone, spesso per comodità o pigrizia, mi associavano soltanto ai lavori a cui prendevo parte, ed anche da questo è scaturita la mia voglia di portare sullo schermo le mie storie, il filtro con il quale vedo la realtà. Un’esperienza inebriante, faticosa, ma a cui sono molto grato. Un qualcosa che, dopo alcuni anni, mi ha rimesso in contatto con la realtà di un tempo, con la città in cui sono nato, per cui nutro enorme affetto.
C’è un ruolo in particolare che ti è rimasto nel cuore, tra quelli affrontati in questi anni?
Ogni rapporto che un attore instaura con un personaggio, a seconda della durata di questo ruolo, diventa una vera e propria relazione, un po’ come se si trattasse di una storia d’amore. Cerco sempre di nutrire i personaggi con cui entro in contatto, portando loro qualcosa che abbia un legame diretto con le mie esperienze, con il mio corpo, permettendo al personaggio stesso, poi, di fornire qualcosa di sé alla mia persona. Lo scambio è quindi reciproco, proprio come se si trattasse di varie storie d’amore finite bene.
“Fino all’ultimo battito”, dal 23 settembre su Rai Uno e, successivamente, “Storia di una famiglia perbene”, ad ottobre, su Canale 5. Cosa puoi dirci a riguardo, su questi due nuovi lavori a cui hai preso parte?
Mi diverte molto interpretare personaggi estremi, che hanno la capacità di insinuare una serie di dubbi nello spettatore. Rappresentano una sfida, una grande opportunità. Da poco, appunto, abbiamo terminato le riprese di, “Fino all’ultimo battito”, ad opera di Cinzia Th Torrini. “Storia di una famiglia perbene”, invece, avrete modo di guardarla ad ottobre, su canale 5. In entrambe i casi, ho un ruolo da antagonista, da cattivo. Atteggiamenti estremi, quelli insiti in questi due personaggi, e davvero forti, che mi divertono più dei soliti ruoli da buono. Mi piace l’idea di poter interpretare dei personaggi apparentemente indifendibili. La prima regola per un attore è quella di non giudicare chi si va a portare in scena perché, se così fosse, sarebbe come tradire il ruolo a cui si va a prestare voce e carne.
Progetti futuri?
Sto lavorando ad alcuni progetti personali, di cui saprò dirvi di più prossimamente. Il miglior lavoro, come si dice usualmente, è il prossimo. Staremo quindi a vedere cosa ci riserverà il futuro, senza anticipare molto.