Luigi Di Fiore. Foto di Giuseppe D'Anna
Luigi Di Fiore. Foto di Giuseppe D'Anna

Luigi Di Fiore: dopo 22 anni torno in famiglia

Luigi Di Fiore, l’indimenticato Dottor De Santis, dopo ben ventidue anni riprende il suo posto all’interno dell’amata soap opera di Rai 3, Un Posto al Sole. Un ritorno desiderato dallo stesso Luigi e dagli stessi sostenitori della soap più longeva che esista nella nostra penisola.

Abbiamo raccolto, in questa intervista, le sue sensazioni a caldo e, felici di questo rientro, vi invogliamo a leggere le sue parole, tutta la sua emozione per questo attesissimo ritorno in famiglia.

Ben ritrovato su La Gazzetta dello Spettacolo, Luigi Di Fiore. Come procede il tuo vissuto?

Sto bene, attualmente. Dopo due anni di pandemia posso asserire che ne siamo usciti un po’ tutti con le ossa rotte, chi più chi meno. Nel nostro campo, nello specifico, è stata scompaginata ogni cosa ed abbiamo fatto tanta fatica nel ripartire. Ognuno è stato abbandonato a sé stesso e per modo di intendere lo spettacolo in Italia e per mera trasandatezza. Un momento, nella disgrazia, in cui la categoria si è però sentita unita e da lì hanno preso vita, per l’appunto, Unita e Il Registro degli Attori e Attrici, nati per dare un reale senso al nostro mestiere. Per arrivare al 2023, ti dirò che è cominciato in maniera magica, tanto da dover rinunciare ad una importantissima opportunità. Ho rinunciato al Teatro Greco di Siracusa e ad interpretare Prometeo Incatenato, di Eschilo, per la regia di Leo Muscato.

Dopo ben ventidue anni hai avuto modo di riprendere il tuo posto all’interno della soap più longeva esistente in Italia, “Un Posto al Sole”. Vestirai, ancora una volta, i panni dell’amatissimo Dottor Luca De Santis, un personaggio mai dimenticato dai telespettatori. Quali sono le tue sensazioni a riguardo e quanta emozione c’è in questo ritorno così atteso, desiderato?

Alla festa per le seimila puntate di Un Posto al Sole, questa estate, ho ricevuto la proposta di rientro, un grande regalo, ed ho voluto così prepararmi alla ricucitura di una ferita psicologica che indubbiamente vi era stata. È noto che io non sia andato via volutamente da Un Posto al Sole. Il mio personaggio, ai tempi, era ormai “consumato”, senza storie da poter tenere in vita. Ad ogni modo, tornare è per me gioia, affetti profondi, reale senso di famiglia. Sono molto legato, per motivi più che ovvi, agli attori storici come Patrizio Rispo, Marzio Honorato, Germano Bellavia, Luisa Amatucci, Alberto Rossi, Marina Tagliaferri, Maurizio Aiello e sono legato anche a Marina Giulia Cavalli che mi ha sostituito ma che, da prima di approdare ad Un Posto al Sole, era già una mia cara amica. Ti dirò, ancor prima di essere ad Un Posto al Sole, Marina Giulia mi chiamò per chiedermi informazioni sulle possibilità legate al ruolo che avrebbe preso. Con grande amicizia e affetto mi misi a totale disposizione per lei. Si trattò, per me, di un normale passaggio di testimone tra fratello e sorella, felice che fosse proprio lei a “sostituirmi” in un percorso straordinario durato ventidue anni. È stata bravissima ed oggi sono felice di poter condividere il set anche con lei, così come sono felice di ritrovare Bruno Nappi, il regista che mi scelse ai tempi ai primi provini, Stefano Amatucci, altro regista, Renata Anzano, Simona e Emanuela che sono in produzione ed anche i tecnici della RAI. Lo stesso barista mi ha accolto benissimo, urlando il mio nome e offrendomi caffè ed abbracci come solo i napoletani sanno fare. Ognuno di loro ha saputo, a suo modo, emozionarmi, rendermi nuovamente di famiglia. In tutto ciò mi è stato subito comunicato un primo rientro per poi tornare dopo qualche mese per un ritorno vero e proprio. Una notizia che mi ha reso felice perché mi ha anche permesso di potermi dedicare ad un nuovo impegno ad Atene di cui potrò parlarvi, con piacere, in futuro.

Era ormai noto che ad “Un Posto al Sole” avrebbe fatto ritorno un protagonista del passato. Quali emozioni hai avuto modo di raccogliere da parte del tuo pubblico, che sia di persona o attraverso gli ormai diffusissimi social?

Il mio Luca è stato molto amato all’epoca ed aveva anche uno spazio enorme all’interno della soap, nonostante gli fosse successo di tutto. Credo sia rimasto, da parte del pubblico, questo forte sentimento nei suoi riguardi. Speravo, inoltre, che si verificassero commenti di gioia vera da parte del pubblico e così è stato. Alcune persone mi hanno parlato di aver vissuto una forte emozione nell’apprendere del mio rientro e sono felice di tutto ciò. È ancora come se fossi di famiglia per tutti loro ed è come se ritornassero con me a vent’anni fa, una vera e propria macchina del tempo.

Luigi Di Fiore insieme a Patrizio Rispo e Marina Giulia Cavalli. Foto di Giuseppe D'Anna
Luigi Di Fiore insieme a Patrizio Rispo e Marina Giulia Cavalli. Foto di Giuseppe D’Anna

Un tempo il tuo Luca era tormentato, distrutto da alcuni sensi di colpa legati alla scomparsa della sua prima moglie, Giovanna, per poi ritrovarsi a vivere altri amori difficili, alquanto complicati, come quello con Giulia (Marina Tagliaferri) e con Jasmine (Soraya Castillo), anch’essa scomparsa subito dopo le nozze. Sul finale, Luca andò poi via sposando Sonia Campo, interpretata da Paola Rinaldi. Cosa dobbiamo aspettarci dal tuo De Santis, adesso?

In quei cinque anni il centro emotivo di De Santis era l’amore e fondamentali per lui furono tre donne: Giovanna, la prima moglie, per cui divenne tossico di alcool e poi vi fu Jasmine, prostituta sottratta dalla strada, che per lui rappresentò il grande amore. Purtroppo, proprio il giorno del matrimonio, Jasmine fu uccisa, e il tutto rappresentò un qualcosa di terrificante. Al centro, tra queste due storie, vi fu il sentimento nutrito per Giulia, impersonata da Marina Tagliaferri. Una storia che durò soltanto alcuni mesi ma che fu molto potente, di grande impatto. Lei poi tornò con Renato, suo marito, che a sua volta la tradì. La storia con Giulia, ad ogni modo, la ricordano in tanti. Io e Marina abbiamo un’alchimia particolare, una bellissima connessione, un qualcosa che ci permette di portare in scena sentimenti puri, un lavoro davvero produttivo. Ovvio che, in tali casi, lavori del genere lascino forte traccia anche a distanza di anni. Ad oggi non posso, ovviamente, anticiparvi nulla se non il fatto che Luca non è più sposato con Sonia Campo.

Nel tornare ad “Un Posto al Sole” hai notato delle diversità nel girato, nell’approccio alla camera da presa, nel gestire i tempi?

Un Posto al Sole è sempre stata una palestra formidabile, per ogni attore. Ricordo che dopo i primi due anni riuscì ad entrare nel meccanismo e la mia reattività diventò più veloce perché avevo modo di allenarmi, mentalmente, tutti i giorni. Questo perchè Un Posto al Sole è una produzione industriale in cui si hanno tempi stretti e bisogna essere immediati, efficaci, in poco tempo. Nel rientrare mi sono, appunto, reso conto che devo riprendere quei ritmi che alla fine dei conti conosco, quindi avrò di certo meno difficoltà rispetto ad altri, ma comprendo le difficoltà iniziali di chi non sa e fatica a stare al passo.

Luigi Di Fiore come sei stato accolto dai tuoi colleghi di set, quelli di un tempo ed anche i nuovi?

Non ho mai chiuso alcun rapporto con loro. Il tutto è sempre andato avanti, con vero piacere, e ritrovarsi è stato ancora più bello. Diverso è con i nuovi protagonisti che, a loro modo, mostrano grande senso di gratitudine per via del fatto che, in parte, ho contribuito a quel solco realizzato durante i primissimi anni di vita della soap. Ritengo siano molto bravi, abili in questa gigantesca scuola chiamata “Un Posto al Sole”. Ad accogliermi benissimo, tra l’altro, Riccardo Polizzy Carbonelli a cui devo un grande grazie. Sono tornato, come amo dire, alla mia Itaca ma senza trovare Proci contro cui combattere. Ho ritrovato, bensì, una Itaca pacifica, serena, che mi ha accolto con grandi cerimoniali, stima e affetto sincero.

Permettimi di chiederti come hai vissuto, nel ritornare sul set della soap opera, la triste dipartita dei tuoi colleghi di avventura, Carmen Scivittaro e Roberto Bisacco, rispettivamente Teresa Diacono e il conte Tancredi Palladini?

Tale aspetto, per la prima volta, mi ha messo dinanzi ad un qualcosa che oserei definire immortale, per pura definizione. Il personaggio non cambia, non viene sostituito, ma resta immortale, senza cambio alcuno. Avviene un qualcosa, dunque, di non sperimentato. Premetto, non ho alcun rapporto complicato con la morte. Vivo il tutto in maniera sana, fatta eccezione per una mancanza violenta, prematura. Alla scomparsa abbastanza recente di mia madre, a cui sono ancora oggi più che legatissimo, non vi è mai stato un sentimento di smarrimento, ad esempio. Accetto l’idea di una trasformazione che fa parte della vita, senza associare alcuna connotazione negativa alla morte. Siamo, alla fine dei conti, fatti dello stesso materiale di cui sono fatte le stelle e lì torneremo. Non ho la fortuna di avere il dono della fede ma penso comunque che vi sia un disegno più alto, molto facile da intuire e ritengo di essere abbastanza spirituale per poterlo sentire. Basta guardare ad un cielo in una notte stellata per comprendere quanto di meraviglioso vi sia e che va al di là di noi. Un disegno talmente alto da rappresentare soltanto, dal basso in cui siamo, un piccolo ingranaggio infinito di questo meccanico che non è di certo a nostra misura ma comunque ne facciamo parte. Devo molto a mia mamma, a cui sono profondamente grato e che ringrazio per essere stata mia madre, nello specifico. Tra l’altro, mia mamma ha voluto essere tumulata a Napoli, motivo in più per sentirmi un tutt’uno con la città che sono tornato ad assaporare.

Luigi Di Fiore, a cosa ti sei dedicato in questi ventidue anni di distacco dalla soap?

In questi ventidue anni vi è stata tanta roba, così come prima di approdare ad Un Posto al Sole. Vi è stato anche tanto teatro: “Datemi Tre Caravelle”, “L’erba cattiva non muore mai”, “Notte di mezza estate”, “Verso Dante” e non solo. Se di televisione si parla, invece, ritengo sia spaventoso ciò che ho avuto modo di realizzare: “Distretto di Polizia”, “L’inchiesta”, “I Cesaroni 3 e 4”, “Rosso San Valentino”, “Un’altra vita”, “Rocco Schiavone”, “Rosy Abate” e tanto altro ancora. Devo molto, ad esempio, a Fabrizio Costa, regista a cui sono legato. Ho realizzato cose importanti con lui come “Scomparsa” e “Il Commissario Nardone”. Nel 2009, inoltre, ho avuto il privilegio di vincere il palmarès come miglior attore al Festival du cinema de Paris. Mi sono preso tante soddisfazioni, senza dimenticare il precedente, i ruoli impersonati prima di approdare ad Un Posto al Sole. Ricordo, ad esempio, “La Ragnatela 2”, “La Piovra 4 e 5” ed anche l’approdo al cinema come “Camera con vista”. Ho anche avuto modo, negli anni, di dedicarmi ad una prima regia, “Soap Operai”, cortometraggio/omaggio ad Un Posto al Sole e “Taxi Lovers”, senza dimenticare Geo e Geo e i documentari realizzati per loro.

Cosa vorresti poter cambiare nella società di oggi?

Siamo un popolo che vive un grande disagio, un ritardo cognitivo troppo “sviluppato”, purtroppo. Ti mostro un esempio, i genitori della mia generazione, di cultura contadina, avevano una scolarizzazione molto limitata. Dal punto di vista della sensibilità etica, però, erano più che superiori alla borghesia che si è venuta a creare oggi. Sai, la morale con il passare degli anni cambia, si trasforma e modifica, per fortuna, ma l’etica, il saper distinguere il bene e il male, non vi è più e questo crea in me grande dispiacere. Vi è una forte maleducazione civica che pervade tutte le classi sociali, ogni tipo di età, e penso vi sia bisogno di correre ai ripari. Vi è stato un regredire, un tornare indietro che non è affatto accettabile. Siamo nell’era del web, in un mondo straordinario in cui basta cliccare su di un tasto per poter approfondire la nostra conoscenza e, invece che andare in quella direzione, stiamo andando nella direzione opposta. Mi auguro che qualcuno possa darsi da fare per cercare di recuperare un gap che ci sta portando verso una società amara. Un gap legato anche ad una guerra anomala, insensata, che lascia inebetiti, senza parole, affranti.

Luigi Di Fiore quanto ti era mancata Napoli?

Terribilmente! Napoli è primariamente la città dei miei genitori e quindi trasferirmi lì, per Un Posto al Sole, è stato come tornare alle mie radici psichiche, ai tempi. Ebbi modo di poter vivere i miei cugini, i parenti persi per via del mio vivere a Milano, il luogo in cui sono nato. Ho avuto modo di recuperare, con questo rientro, un suono che apparteneva a mia madre, che nonostante vivesse a Milano è mancata parlando il suo amato dialetto napoletano, diversamente da mio padre che si era adeguato ad una nuova città. La ferita più forte è stata questa, dal punto di vista psichico, legata proprio al riassaporare quel parlare. Napoli ha una forte caratteristica, non consona a tutti, la possibilità di guardare l’orizzonte.

Ti era mancato il tuo Luca De Santis?

Si, mi era mancato! Ho avuto la fortuna, anche nei momenti più difficili, di riuscire a salvarmi lavorando nelle produzioni internazionali, ma questo comunque mi portava a riflettere. Riflettevo sul fatto che Luca, da personaggio italiano in piena regola, mi portasse a sentire una simbiosi molto forte, tanto da diventare una parte importante di me. Sono felice di averlo ritrovato, in questo preciso momento, e di sentirlo in forma. Nel leggere le prime battute, in maniera molto spontanea, mi è venuto da esclamare: “è lui, l’ho riconosciuto. È proprio Luca!”.

Che uomo è oggi Luigi Di Fiore?

Sento di essere un uomo molto più sereno e tranquillo. Sono entrato, a cinquantotto anni, in una dimensione in cui ho molto più passato dinanzi che futuro. Sono felice di poter condividere la mia vita con la compagna che è con me da ben quattordici anni, Mirjana, e custodisco con estremo rispetto, affetto, il nostro rapporto. La pandemia, inoltre, mi ha portato la possibilità di scegliere di voler vivere in campagna e mi chiedo perché questo cambio vita non sia accaduto prima.

Cosa ti piacerebbe poter concretizzare in futuro Luigi Di Fiore?

Mi piacerebbe poter portare in scena “Macbeth”, in un bel periodo invernale, ed avere nuovamente la possibilità di portare in scena “Prometeo incatenato”, proprio nel Teatro Greco di Siracusa, in una calda estate.

Su Alessia Giallonardo

Nasco a Benevento, nel 1986. testarda a più non posso, perché Toro. Amo la fotografia sin da quando ero piccola e devo questa passione a mio padre. Stesso discorso per la scrittura, per ogni singola sfumatura di un racconto, di un vissuto, di uno storico incontro.

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