Ritroviamo con piacere Giorgio Borghetti, da alcuni anni interprete del personaggio di Fabrizio Rosato in Un Posto al Sole, soap opera in onda dal lunedì al venerdì su Rai 3.
Il suo Fabrizio, negli ultimi tempi, vive un periodo complicato che lo ha portato a rapire la sua ex moglie, interpretata dall’attrice Nina Soldano. Questo e altro per un’intervista che guarda al presente ma anche al futuro di un bravo attore e doppiatore di spessore. Ringraziamo Borghetti dell’attenzione, del suo fare sempre gentile e concreto.
Ben ritrovato su La Gazzetta dello Spettacolo, Giorgio Borghetti. Come stai?
Sto davvero bene, grazie!
Andiamo subito al sodo ricollegandoci a ciò che il tuo Fabrizio sta vivendo all’interno di Un Posto al Sole. A cosa è dovuta questa inaspettata follia e come ti sei preparato ad affrontare tutto ciò?
L’inaspettata follia di Fabrizio è dovuta ad un sentimento non corrisposto. Quando ha saputo che la sua ex moglie si sarebbe sposata con il suo acerrimo nemico, Roberto Ferri, è impazzito, è andato completamente fuori di testa. Si tratta di certo di un qualcosa di malato, come spesso purtroppo accade. Il bello di Un Posto al Sole risiede proprio nel trattare tematiche forti, ma veritiere, che vengono comunque affrontate, come è normale che sia. Una soap sempre attenta, legata al sociale. Mi sono ispirato al Capitano Lorenzo Loia, interpretato ne “La figlia di Elisa – Ritorno a Rivombrosa”, uomo spietato, cattivo.
Il tuo personaggio aveva già vissuto, scavando nei suoi ricordi nelle puntate precedenti, l’uccisione del padre. A cosa può ricondursi questo aspetto che Fabrizio ancora una volta vive?
Si, Fabrizio ha già vissuto esperienze di vita molto difficili. Personalmente, però, non ricollegherei questo momento che vive oggi, nei riguardi di Marina, all’uccisione, non intenzionale, del padre. In quel momento diede soltanto una semplice spinta, per liberarsi dall’angheria, dalla violenza sia verbale che fisica che subiva dal padre. Non trovo, dunque, in quello sbattere la testa un collegamento reale tra il passato ed il presente.
Nei limiti del possibile, potresti indicarci cosa possiamo aspettarci dalle prossime puntate?
Come immaginerete non posso spoilerare nulla sul futuro di Fabrizio. Posso soltanto dire che non finirà qui.. Se ne vedranno delle belle!
A quali colleghi sei maggiormente legato e come vivi il rapporto con Napoli, un bellissimo set a cielo aperto?
Sono, ovviamente, maggiormente legato a Nina Soldano e a Riccardo Polizzy Carbonelli, che vivo nel quotidiano. Sono legato anche a Maurizio Aiello, che conosco da anni, così come a Marina Tagliaferri a cui mi lega la passione, il grande amore, per il doppiaggio. Sono molto legato anche ai giovani, a Samuele Cavallo, a Vladimir Randazzo, ad Alessandra Masi, Mariasole Di Maio e a Chiara Conti che avevo già incontrato sul set de “Le Ragazze di San Frediano”, alcuni anni fa. Se di Napoli si parla, non posso dirne che bene, sicuramente. Si tratta di un vero e proprio presepe, quando è sera, e di una meravigliosa attrazione a cielo aperto quando è giorno. Non a casa si dice, spesso, vedi Napoli e poi muori. Regala un vero e proprio senso di libertà, di gioia, quando c’è il sole e poi i napoletani sono meravigliosi.
Parliamo di doppiaggio, di nuove avventure. Cosa puoi anticiparci?
Il doppiaggio, da sempre, è il mio primo amore e, il primo amore non si scorda mai. Ho appena terminato il doppiaggio di un film che è approdato su una piattaforma. Ho doppiato Ethan Hawke in “Raymond & Ray” e ho, inoltre, ripreso la direzione del doppiaggio di “American Horror Story”, giunta alla sua undicesima stagione, e sto doppiando Luke Evans in una nuova avventura, “Echo 3”. Posso dunque dire che il doppiaggio mi sta riservando tantissime belle cose, sia come attore che come direttore.
Tra i tanti motivi per cui se noto, vi è anche l’aver prestato la voce a Brian Austin Green, nei panni di David Silver, di Beverly Hills 90210. Che ricordo hai di quel periodo, del successo che ebbe quella serie?
Beverly Hills 90210 ha rappresentato una bellissima esperienza. Avevo sedici o diciassette anni ai tempi, o forse qualcosa di più. Brian Austin Green ha avuto una bella carriera e ancora oggi è così. Trovo sia bravissimo, emotivo, coinvolgente. Il suo dire, nella serie, “Buongiorno West Beverly” è stato un qualcosa che mi ha accompagnato per tanti anni nella vita. Certo, non vi era alcun social ai tempi, ma ricordo che ricevevo tante lettere tramite le società di doppiaggio e, i complimenti ricevuti, mi hanno reso davvero felice.
Chi è Giorgio Borghetti e cosa ti aspetti dal futuro?
Bellissima domanda! Giorgio Borghetti è un cinquantunenne, un compagno di vita, un bravo e felice papà. Mi auguro di poter continuare con la mia carriera di attore, di raccontare sempre nuove storie, di prestarmi sempre a nuovi volti per la mia voce. Mi auguro, inoltre, di poter continuare con Un Posto al Sole, che mi sta regalando grandi soddisfazioni e riconoscimenti, seppur contraddittori vista la piega che sta assumendo il mio personaggio e, se possibile, mi auguro anche di poter continuare come produttore. Ho, difatti, prodotto due corti, “Captain T – La Condanna della Consuetudine” e “Come mi avete chiamato?”, scritti e diretti da Andrea Walts, di cui sono protagonista nel primo, mentre nel secondo a far da protagonista vi è Roberto Ciufoli. Non posso che augurarmi, infine, di continuare questo mio percorso artistico, e di vita, con la grinta e passione di sempre.
Cosa ti piacerebbe poter realizzare un domani?
Vi sono due sfere a cui, ovviamente, tengo molto. Mi auguro, a livello lavorativo, di poter realizzare un lungometraggio dal corto “Captain T – La Condanna della Consuetudine”, opera prima di Walts, giusto coronamento per i premi ricevuti, le soddisfazioni raggiunte. Tema dominante del corto è proprio il doppiaggio, quindi spero di riuscire nel mio intento. Mi auguro poi, personalmente, di poter realizzare un mio concreto progetto di famiglia, dopo una precedente esperienza, a cui tengo molto. Mi auguro che questa sia davvero la volta buona. Ci metto tutto l’impegno possibile affinché questo accada.
Sei un papà, un uomo innamorato del proprio figlio. Quale futuro ti auguri per lui?
Verissimo, sono un papà e amo follemente mio figlio. Purtroppo non vive nella mia stessa città ma, come possibile, cerco di stare con lui, sperando sia sempre sereno, felice, sorridente, con un vissuto pregno di incontri piacevoli. Mi auguro, inoltre, che lui sappia che può sempre contare su di me, in qualsiasi momento, perché, come da sua stessa ammissione, sono da sempre la sua roccia. Una delle cose più belle che mi ha detto è legata alle regole, che cerco di impartirgli, lasciandolo comunque libero di vivere il suo vissuto serenamente, senza costrizione alcuna.
Quali consigli daresti a tuo figlio se ti dicesse di voler intraprendere il tuo stesso mestiere?
Non credo che mio figlio voglia intraprendere il mio stesso mestiere, benché abbia interpretato il ruolo di Charlie Wonka, completamente in inglese, ne “La fabbrica di cioccolato”, a scuola. Ricordo che è stato bravissimo. Penso debba scegliere da solo, un domani, se intraprendere o meno questa strada. Per me, ai tempi, fu diverso, perché condizionato dai miei genitori. Un condizionamento piacevole, con il senno di poi, a ripensarci, oggi. Ad ogni modo, gli consiglierei di studiare molto, supportandolo come possibile.
Puoi anticiparci qualcosa sul tuo futuro artistico Giorgio Borghetti?
Il mio futuro artistico riguarda il seguito del corto, “Come mi avete chiamato?”, che farà parte di una quadrilogia. Mi vedrete, in tal caso, sia nei panni di attore che di produttore. Andrea Walts è già all’opera per scrivere il seguito. Sempre con Walts porterò poi in scena una lettura interpretata che si intitola, “Into the dust”, storia di due uomini che hanno avuto la sfortuna di vivere in prima persona l’undici settembre 2001. Quella data sembra essere rimasta, ormai, nel dimenticatoio e credo non sia giusto. Porto, inoltre, in giro il monologo, “Un uomo ridicolo”, di Dostoevskij con la regia di Antonello De Rosa, portato questa estate a Salerno. Per altro saprò dirvi di più in futuro.