Giorgio Lupano. Foto di Alessandro Rabboni
Giorgio Lupano. Foto di Alessandro Rabboni

Giorgio Lupano: figli e nipoti di un teatro che non c’è più

In scena con “Tre uomini e una culla”, al momento al Teatro Manzoni di Roma, ritroviamo l’attore Giorgio Lupano, alle prese con una commedia, un genere che lo accompagna da ben tre anni.

Un vero amante del teatro, Giorgio Lupano, certo che vi sia, oggi, una magia differente ad accompagnare il tutto, qualcosa in cui comunque crede e che non gli ha mai concesso di fermarsi.

Ben ritrovato su La Gazzetta dello Spettacolo, Giorgio Lupano. Attualmente sei alle prese con “Tre uomini e una culla”, una commedia, un lavoro a cui tieni molto e che riscontra ancora un grande successo di pubblico. Cosa puoi dirci a riguardo?

Si tratta di una tra le poche volte in cui mi sono cimentato nella commedia. Sono con questa compagnia da tre anni e siamo stati felici di rispolverare un successo televisivo targato anni ottanta. Conoscevo tutte le canzoni a memoria, per via del periodo da me vissuto, un effetto nostalgia molto tenero.

Al tuo fianco, in questa rinnovata avventura, i colleghi Attilio Fontana e Gabriele Pignotta. Quale legame vi è tra voi, quale alchimia?

Il teatro spesso mette insieme persone diverse tra di loro, che non si conoscono, e che hanno unito le loro differenze al servizio di ogni singolo personaggio. Dobbiamo, per forza di coseunire, appunto, la nostra formazione, ogni esperienza lavorativa, al servizio del ruolo che andiamo a ricoprire e, in tal senso, ci completiamo molto bene, proprio perché molto diversi tra noi.

Hai portato in teatro anche “La vita al contrario”, il famoso caso di Benjamin Button. Che esperienza ha rappresentato per te, Giorgio?

Mi ha dato delle grandi soddisfazioni ed è ancora così dal momento in cui lo alterno alla tournée de “Tre uomini e una culla”. Un racconto, un monologo, un qualcosa di bellissimo che sono felice di sperimentare, insieme all’altro spettacolo.

Quanta emozione c’è, di volta in volta, nel sapere di poter calcare le tavole del palcoscenico avendo dinanzi a te un pubblico pronto ad applaudirti ma, se vogliamo, anche a giudicare?

Sono più per la parte legata al giudizio, consapevole che possa essere così, perché è giusto. Chi viene a vederti in teatro ti ha scelto, affronta dei chilometri, volendo anche delle intemperie, acquista un biglietto, quindi è più che giusto che ti giudichi. Al contempo sono comunque grato di poter essere in scena tutte le sere senza dimenticare che facciamo parte di una categoria di lavoratori che, se sbaglia, viene redarguito su di un giornale, differentemente da tanti altri lavori (ride).

Giorgio, sei un attore più che rodato, ormai, e da anni. Quale ruolo pensi manchi ancora al tuo vissuto?

Manca un ruolo che non farò mai! Da spettatore mi piacciono molto i musical ma sarà difficile poterne prendere parte perché non sono in grado di poter cantare. Resterà un grande sogno nel cassetto, purtroppo.

Quanto sei cambiato negli anni da quei primi inizi legati alla recitazione?

Sicuramente era diverso il teatro, agli inizi, le tournée erano lunghe, in città di provincia, cosa che oggi accade sempre meno. Ero partito, dunque, con un’idea romantica del teatro, legata agli inizi con Lavia, Branciaroli ed ora tutto si è ridimensionato, anche le personalità che incrociamo nei meandri dei nostri teatri. Prima si veniva accolti dai sindaci, con feste organizzate ad hoc, articoli di giornali a corredare il tutto, annessa alla grande magia del teatro. Oggi tutto ha, invece, meno rilevanza e quindi magia. Continuo, però, a credere che il teatro sia un luogo in cui recarsi per ritrovare quella magia, per farsi toccare da una storia..

Sei da sempre riservato, specie nell’utilizzo dei social e, a tal proposito, volevo proprio chiederti che utilizzo preferisci farne e quali consigli senti di voler dare a chi pensa di voler intraprendere un percorso legato alla recitazione?

Ritengo si tratti di un tema delicato, quello legato ai social, specie per chi ha la mia età. Ne abbiamo fatto tutti un abuso spropositato, i primi tempi, per poi chiederci cosa stesse succedendo. Al momento sono fermo, in tal senso, parlo di promozione teatrale, certo, ma non credo sia una mezzo del tutto credibile. Bisognerebbe rivederne l’utilizzo. Il consiglio che sento, invece, di dare è quello di studiare, cosa fondamentale in questo mestiere. Non è sufficiente avere una faccia carina, bisogna esplorare a dovere questo territorio, capire bene cosa si vuol essere.

Per qualche anno sei entrato nelle nostre case tutti i giorni, grazie a “Il Paradiso delle Signore”. Ti piacerebbe poter affrontare un’esperienza simile in futuro?

È stato interessante affrontare il daily, un confronto quotidiano con le interazioni del pubblico, specie sui social, come Twitter. Non so dirti se vorrei poterlo bissare anche perché, al momento, il mio ‘daily’ è in teatro, dinanzi ad un pubblico reale.

Cosa puoi anticiparci sul tuo futuro artistico, Giorgio Lupano?

Sarò nuovamente in scena con “La vita al contrario”, da aprile e, fino a marzo, con “Tre uomini e una culla”. Vi sarà poi altro, sempre legato al teatro, e sarò felice di potervene parlare. Un testo americano, qualcosa che spero di poter portare presto in scena.

Su Alessia Giallonardo

Nasco a Benevento, nel 1986. testarda a più non posso, perché Toro. Amo la fotografia sin da quando ero piccola e devo questa passione a mio padre. Stesso discorso per la scrittura, per ogni singola sfumatura di un racconto, di un vissuto, di uno storico incontro.

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