Tommaso Primo. Foto di Ena Serra
Tommaso Primo. Foto di Ena Serra

Tommaso Primo: vi racconto la mia “Favola Nera”

Siamo in compagnia di Tommaso Primo, napoletano classe 1990, che inizia a scrivere canzoni all’età di tredici anni, usando soprattutto la lingua partenopea.

Tommaso Primo. Foto di Ena Serra
Tommaso Primo. Foto di Ena Serra

“Canzone a Carmela” sarà il suo primo singolo che pubblicherà nel 2011, a questo seguirà uno Street Tour che lo vedrà protagonista nelle più belle piazze italiane. Nel 2013 pubblica il suo primo EP dal titolo “Posillipo Interno 3” e si affermerà nel nel panorama della musica emergente campana grazie alla canzone “Gioia”, duettata con il cantautore e poeta senegalese Ismael. Nel 2015 esce “Fate, Sirene e Samurai” il suo primo album.

Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo a Tommaso Primo. “Favola Nera”, il tuo nuovo progetto musicale, è stato da te definito più di un disco… è la tua battaglia personale. Vuoi spiegarcelo? 

Favola Nera è figlio di una ricerca musicale, lessicale ed umana. Ispirato alla letteratura di Curzio Malaparte, al teatro canzone di Raffaele Viviani, alla poesia di Ferdinando Russo, racconta il ventre della città partenopea, attraverso i protagonisti di storie maledette. Inoltre è un album  frutto di un percorso di vita che mi ha insegnato una profonda lezione, ovvero, se si scende all’inferno, a volte, è possibile imbattersi in piccoli angoli di paradiso.

“Cavalleggeri è New York nella testa di Laura” è il secondo estratto del nuovo album, un brano attuale nel quale molti giovani posso ritrovarsi. Raccontaci come è nato il testo.

Laura è una ragazza di periferia che vive al quarto piano di una palazzina a Cavalleggeri, guarda il mare in lontananza dal balcone di casa, l’enorme colata di cemento dell’ex Italsider la divide dal rumore delle onde. Sogna di fuggire dalla monotonia di un quartiere dormitorio e da una subcultura popolare in cui non si rispecchia.  Laura esiste nella vita reale, è il “prototipo” di una generazione che spera in un futuro migliore ma ti svelo una chicca,  mi sono servito di lei, per raccontare un po’ di me….

L’emozione provata nell’avere un contatto diretto con il pubblico dopo tanti mesi di chiusura… 

Energia pura, il live è la parte più bella della musica, quella che ti sprona a non mollare e a ringraziare il cielo per la bellezza di occhi, abbracci, pianti e storie che s’intrecciano alla tua.

Come reputi lo stato di salute della musica attualmente? 

Succube del capitalismo, per l’amor di Dio, il diavolo sa partorire cose meravigliose ma è svilente il totalitarismo del suono e l’uso che si fa della musica, ormai utilizzzata per vendere scarpe e T Shirt e non per spronare le masse al cambiamento.

Tra le miriadi di canzoni che popolano il panorama musicale qual è quella che avresti voluto scrivere tu? 

Ce ne sono almeno un milione.

Cosa ti emoziona di più? Essere cantautore o cantante?

Cantautore, scrivere per me è una necessità vitale come bere, mangiare, dormire. Non lo faccio per puntare alla Hit Parade ma per mostrare pezzi di anima e pensiero.

In conclusione come si prospetta, artisticamente parlando, la tua estate 2021? 

Piena di live, sperando che l’esserino invisibile che da un po’ di tempo sta creando caos, se ne stia buono e ci faccia suonare in pace.

Su Silvana De Dominicis

Vice direttore di La Gazzetta dello Spettacolo, amante degli animali, la natura e la cucina veg. Umiltà e sensibilità sono nel contempo i miei pregi e difetti.

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