Incontriamo oggi la regista Cinzia Th Torrini, che nel corso degli anni, ha saputo trasformare ogni storia in un successo, restando sempre con i piedi per terra, affrontando sfide sempre diverse.
Una donna forte, abilissima nel suo lavoro, legata ad ogni set che ha avuto modo di vivere, perché il set, si sa, è famiglia. Ci parla del suo ultimo lavoro, “Fino all’ultimo battito” e di quanto sia difficile coordinare mente e cuore, in una scelta difficilissima da affrontare.
Benvenuta su La Gazzetta dello Spettacolo a Cinzia Th Torrini. Come stai?
Questa serie, nel bene o nel male, mi ha tenuta impegnata ed ha fatto sì che avessi modo di pensare poco a ciò che il mondo intero stava vivendo. Al contempo, è stato faticoso dirigere troupe e cast con una mascherina, avendo anche un tono di voce basso. Al momento siamo ancora impegnati con il mixer, puntata dopo puntata.
Cosa ti ha spinto ad accettare di realizzare questa serie, “Fino all’ultimo battito”?
Quando mi hanno proposto questo progetto, Barbareschi e Rai Fiction, mi è stato subito posto un quesito: “come vedi la situazione di questo padre che, pur di salvare suo figlio, decide di rubare un cuore?”. Mi è venuto spontaneo rispondere che lo farei anch’io, seppure mi renda perplessa, questa domanda. Sono dell’idea che tanti spettatori, nel loro animo, possano pensare la stessa cosa. Ho sentito il parere di alcuni chirurghi, e molti di loro sostengono che non potrebbero fare altro che seguire il giuramento di ippocrate, altri sarebbero portati a compiere il misfatto. Questa fiction, ad ogni modo, ha avuto un grande lavoro legato alla sceneggiatura, visti i temi trattati: c’è il crime, il medical, il sentimental, la commedia. Collegamenti giusti da trovare, affinché tutto potesse funzionare alla perfezione, legato anche ad una ricerca del casting, non meno importante. Punto sempre alla qualità, specie nei dettagli, provenendo dal cinema. Mi piace, tra l’altro, dare un qualcosa in più all’ambientazione, alle immagini, portando in scena attori che abbiano tali origini.
Una fiction che porta a riflettere, a scavare nell’animo umano: “quanto siamo disposti a rischiare per il bene di qualcuno a noi caro?”
Questo, difatti, è l’imprinting editoriale delle storie che produce Barbareschi ed è anche il mio stile. Si è cercato, in ogni modo, di spingere il personaggio nella scelta da fare, e quì torna la domanda: “cosa sei disposto a fare per salvare tuo figlio?”. Una scelta da attuare, nel bene o nel male, che non spetta soltanto al protagonista, Marco Bocci, ma anche a Bianca Guaccero, mamma del bambino, che cerca in ogni modo di proteggere suo figlio. Un cordone ombelicale potentissimo, anche per un padre, in questo caso.
Cosa ti spinge ad affrontare sempre nuove sfide, nuove avventure da dirigere?
Ho detto tanti no, specie quando mi si ripropone una storia già raccontata, per cui non penso mi sia possibile dare di più. Da ragazzina, ricordo che volevo affrontare un lavoro che mi permettesse di vivere tante vite, un qualcosa di avventuroso, che per fortuna ho avuto. Questo mestiere mi permette di portare fuori la mia creatività, dandomi modo di realizzare ciò che volevo, portando fuori dagli attori tutto il potenziale possibile da riproporre poi in scena. Non voglio che la storia mi sia raccontata, preferisco che sia lo spettatore a vivere in prima persona ciò che sta accadendo. La prima puntata è stata forte, commovente, emotivamente difficile da affrontare, ma ho voluto mostrare ad ogni singolo spettatore quanto sia possibile uscire da taluni drammi.
Cinzia è sempre rimasta fedele ai sogni, alle aspirazioni, che aveva da ragazza?
Devo dire di si! Il mio carattere non è cambiato. Non provengo da una famiglia legata al cinema. Mio padre si occupava di altro, a Firenze. La mia partenza per Monaco Di Baviera, anni fa, sembrava qualcosa di innaturale, di strano. Facevo la coda, alle quattro di mattina, per rinnovare il permesso di soggiorno, insieme a Turchi e Greci. Sono felice di ciò che ho realizzato e non ho mai tradito il mio volere, seppure seguendo consigli, ma non compromessi. Per ogni compromesso accettato, arriva sempre poi il conto, ed io non volevo questo. Lavoro per pura passione, ricercando storie credibili, belle. Insieme al mio compagno, nel tempo libero, realizziamo dei documentari, sempre per puro piacere, per sana curiosità. C’è sempre un po’ di me in ciò che porto in scena, così come gli attori quando sono sul set.
C’è una storia che avresti piacere di portare in scena?
Non sono brava a vendere i miei progetti (ride). Sono timida e molto autocritica. Non reggerei un no! Sono riuscita con “Pezzi Unici”, nato nel 2013, ma portato in scena nel 2018. Vedevo quel progetto come una missione, un voler dare luce al lavoro degli artigiani. Un qualcosa di importante, di storico, per cui difficilmente sapremo porre rimedio, un domani. Ho lottato con le unghie e con i denti per realizzarlo e ne sono davvero felice.
La regia del cuore?
Cerco sempre di dare il massimo, pensando di voler rivedere un lavoro sapendo di aver fatto bene, senza aver dato meno di ciò che potevo. Tra tutti, forse, ho nel cuore proprio “Pezzi Unici”.
Chi è Cinzia quando non è impegnata con il suo lavoro?
C’è chi mi dice che prendo la vita a morsi (ride). Per fare questo lavoro ci vuole anche il fisico e cerco, quindi, di avere una disciplina, una determinata linea. Pratico yoga e, anche se solo per pochi minuti al giorno, è comunque importante poterlo esercitare. Adoro la natura e, difatti, ho riempito il mio terrazzo di piante, facendolo diventare una piccola foresta. Mi piace cibarmi di frutta e verdura sana, priva di pesticidi. Ho molti amici, ma per via del lavoro, li frequento poco. La mia famiglia diventa il set, ma è un castello costituito da carte, perché a fine lavorazione il tutto si sgretola ed ognuno riprende la sua strada. Ho un compagno, un fratello, due splendidi nipoti e loro per me sono famiglia.
Possiamo aspettarci un nuovo progetto in cantiere?
Attualmente necessito di riprendere energie, dopo quest’ultima lavorazione. Attendo il bisogno di poter tornare ad esprimermi. Mia madre, anni fa, mi disse di non far diventare la mia passione il mio lavoro, altrimenti ne sarei stata schiava quotidianamente. Cerco, nei viaggi che compio, di rendere qualcosa da portare poi sullo schermo, insieme al mio compagno Ralph. Ultimamente stiamo lavorando ad un documentario su Celestino V.